Nei giorni scorsi Medici Senza Frontiere ha presentato il suo nuovo
rapporto sulle condizioni lavorative, di vita e – naturalmente – di
salute degli immigrati impiegati nelle attività agricole nelle
regioni del Sud Italia. Il dossier è frutto di una ricerca sul
campo da parte degli operatori di MSF che dal luglio al novembre del
2007 hanno prestato assistenza sanitaria ai lavoratori immigrati
stagionali direttamente nei luoghi in cui si consuma questa moderna
schiavitù.
Come spesso accade, la credibilità per così dire
istituzionale di soggetti largamente riconosciuti e apprezzati come
Medici Senza Frontiere è la chiave di accesso più
efficace per veicolare notizie e contenuti che, in realtà, sono
noti da anni. Sulle pagine di Umanità Nova, e attraverso la
concretezza delle lotte e delle mobilitazioni antirazziste degli ultimi
dieci anni, chiunque ha avuto la possibilità di conoscere le
drammatiche condizioni di sfruttamento in cui versano migliaia di
immigrati nel nostro paese. Eppure, se a parlare di schiavitù o
di leggi razziste sono – come nel nostro caso – gli anarchici, la
tentazione più comune presso l'opinione pubblica (pesantemente
condizionata da chi gestisce il potere politico e mediatico) è
quella di considerare tali giudizi irrealistici o eccessivi. Ma se a
denunciare, con analoga severità, i medesimi soprusi sono
associazioni o onlus al di sopra di ogni sospetto rivoluzionario,
diventa più difficile per chiunque smentire o minimizzare la
gravità di ciò che accade. D'altronde, MSF ha intitolato
il proprio dossier in maniera inequivocabile: Una stagione all'inferno.
Vale la pena capire il perché di questo titolo leggendo le
ragioni addotte dagli autori: «Abbiamo deciso di dare questo
titolo al rapporto di MSF perché raccoglie l'idea di quello che
ogni anno migliaia di stranieri vivono nelle campagne del Sud Italia
quando si spostano da una regione all'altra per essere impiegati in
agricoltura come stagionali. Pur di lavorare queste persone accettano
paghe da fame e sono costrette a condizioni di povertà estrema
ed esclusione. Vittime consapevoli di un sistema economico e politico
perverso che li sfrutta e che allo stesso tempo li tollera e poi li
criminalizza». E poi ancora: «Oggi, nel complesso fenomeno
dell'immigrazione in Italia, la condizione degli stagionali resta un
nervo scoperto ipocritamente nascosto. Già nel 2004, MSF aveva
visitato le campagne del Sud Italia per portare assistenza sanitaria
agli stranieri impiegati come stagionali e per indagare questa scomoda
realtà. Allora avevamo potuto testimoniare le vergognose
condizioni di vita e il preoccupante stato di salute in cui gli
stranieri versavano. A distanza di tre anni MSF ha potuto constatare
che nulla è cambiato (…) Migliaia di stranieri impiegati in
agricoltura sono dunque costretti a condizioni di vita e di lavoro
inaccettabili per uno stato di diritto e per un paese civile. Un costo
umano e sociale altissimo, necessario per assecondare i meccanismi
perversi di economie di mercato. Un costo umano dimenticato da una
politica tesa solo a regolamentare flussi migratori senza avere il
coraggio di guardare in faccia la realtà. Senza avere il giusto
coraggio di andare al cuore del problema. Nell'arco di tre anni,
dunque, non è stata registrata alcuna discontinuità
sostanziale con le precedenti politiche sull'immigrazione. Una mancata
inversione di rotta che riflette un atteggiamento ambiguo e ipocrita
del sistema istituzionale italiano nei confronti dell'immigrazione
irregolare. Da una parte, si registrano misure di contenimento del
fenomeno migratorio con politiche dal pugno di ferro tese a combattere
la clandestinità a difesa della legalità. Dall'altra, le
stesse istituzioni nazionali e locali si tappano occhi, orecchie e
bocche dinanzi al massiccio sfruttamento di stranieri nelle produzioni
agricole del Meridione perché necessari al sostentamento delle
economie locali. L'utilizzo di forza lavoro a basso costo, il
reclutamento in nero, la negazione di condizioni di vita decenti, il
mancato accesso alle cure mediche sono aspetti ben noti e tollerati. I
sindaci, le forze di Stato, gli ispettorati del lavoro, le associazioni
di categoria e di tutela, i ministeri: tutti sanno e tutti
tacciono». Parole durissime che fotografano una realtà che
il movimento antirazzista denuncia da anni pagando spesso prezzi molto
alti in termini di repressione e intimidazione. Eppure, le questioni
sollevate da MSF non sono affatto dissimili da quanto anche noi
più volte e su queste pagine abbiamo ribadito pur da una
prospettiva radicalmente e squisitamente politica. Nei questionari e
nelle interviste somministrate ai migranti incontrati da MSF in
Campania, Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia «sono
echeggiate storie di disperazione, di viaggi della speranza segnati da
rotte tragiche, di sogni infranti nel Belpaese dove si vive in
condizioni spesso peggiori di quelle lasciate alle spalle. Vessati,
sfruttati, ricattati. Picchiati, scacciati, braccati. Gli immigrati
stagionali vivono in case abbandonate, in fabbriche in disuso, talvolta
per strada. Pur di sopravvivere offrono le proprie braccia per meno di
25 euro al giorno e per molti l'obiettivo di inviare risparmi alle loro
famiglie nei paesi di origine fallisce miseramente. Sebbene arrivino in
Italia in buone condizioni di salute, i lavoratori stranieri si
ammalano per le durissime condizioni lavorative. Si ammalano
perché quando rientrano dai campi non hanno acqua potabile da
bere, né luoghi asciutti e salubri in cui stare. Queste
malattie, per lo più curabili con una semplice terapia
antibiotica si cronicizzano perché non si ha un medico a cui
rivolgersi, né soldi sufficienti per acquistare medicine. Queste
sono le persone che sostengono l'agricoltura nel Sud Italia. Queste
sono le persone sfruttate da un sistema che produce profitti grondanti
disperazione e malattia».
Rimandiamo i lettori a un approfondimento del dossier pubblicato da
Medici Senza Frontiere per apprezzarne i dettagli contenutistici che –
statistiche alla mano – offrono uno spaccato preciso (qualitativo e
quantitativo) della situazione riscontrata. L'associazione trae delle
conclusioni che – a dispetto del severo giudizio etico e, se vogliamo,
politico che la stessa esprime nei confronti delle normative vigenti e
della gestione istituzionale dei flussi migratori – offrono una sponda
agli stessi soggetti che sono direttamente responsabili dello scempio
che si consuma sulla pelle dei lavoratori migranti. Ovvero, MSF auspica
che le istituzioni (specialmente a livello locale) garantiscano
condizioni minime di accoglienza a tutti gli immigrati impiegati nelle
produzioni agricole, chiamando direttamente in causa le Aziende
sanitarie locali che, il più delle volte, sono del tutto
inadempienti nel fornire servizi, assistenza e informazioni sui diritti
all'accesso alla salute.
Da parte nostra, sappiano bene che MSF non è un soggetto
politico né ci aspettiamo da loro particolari dichiarazioni o
atti di radicale incompatibilità nei confronti di questo
sistema. Pur apprezzando il valore di una ricerca come quella appena
descritta, non possiamo esimerci dal registrare il paradosso per cui
un'associazione come MSF, che si prefigge unicamente lo scopo di
fornire assistenza sanitaria a popolazioni e soggetti vulnerabili e in
difficoltà, si ritrova spesso a operare in sinergia con enti
che, in nome dell'assistenza, gestiscono Centri di permanenza
temporanea o lucrano sul business dell'immigrazione (Caritas,
Misericordie, ecc.). Lasciando a ciascuno la responsabilità
delle proprie azioni e dei propri giudizi, noi continueremo a fare
quello che abbiamo sempre fatto: informare, denunciare e lottare
affinché tutto questo finisca per sempre.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria