Umanità Nova, n.6 del 17 febbraio 2008, anno 88

Immigrazione. Una stagione all'inferno


Nei giorni scorsi Medici Senza Frontiere ha presentato il suo nuovo rapporto sulle condizioni lavorative, di vita e – naturalmente – di salute degli immigrati impiegati nelle attività agricole nelle regioni del Sud Italia. Il dossier è frutto di una ricerca sul campo da parte degli operatori di MSF che dal luglio al novembre del 2007 hanno prestato assistenza sanitaria ai lavoratori immigrati stagionali direttamente nei luoghi in cui si consuma questa moderna schiavitù.
Come spesso accade, la credibilità per così dire istituzionale di soggetti largamente riconosciuti e apprezzati come Medici Senza Frontiere è la chiave di accesso più efficace per veicolare notizie e contenuti che, in realtà, sono noti da anni. Sulle pagine di Umanità Nova, e attraverso la concretezza delle lotte e delle mobilitazioni antirazziste degli ultimi dieci anni, chiunque ha avuto la possibilità di conoscere le drammatiche condizioni di sfruttamento in cui versano migliaia di immigrati nel nostro paese. Eppure, se a parlare di schiavitù o di leggi razziste sono – come nel nostro caso – gli anarchici, la tentazione più comune presso l'opinione pubblica (pesantemente condizionata da chi gestisce il potere politico e mediatico) è quella di considerare tali giudizi irrealistici o eccessivi. Ma se a denunciare, con analoga severità, i medesimi soprusi sono associazioni o onlus al di sopra di ogni sospetto rivoluzionario, diventa più difficile per chiunque smentire o minimizzare la gravità di ciò che accade. D'altronde, MSF ha intitolato il proprio dossier in maniera inequivocabile: Una stagione all'inferno. Vale la pena capire il perché di questo titolo leggendo le ragioni addotte dagli autori: «Abbiamo deciso di dare questo titolo al rapporto di MSF perché raccoglie l'idea di quello che ogni anno migliaia di stranieri vivono nelle campagne del Sud Italia quando si spostano da una regione all'altra per essere impiegati in agricoltura come stagionali. Pur di lavorare queste persone accettano paghe da fame e sono costrette a condizioni di povertà estrema ed esclusione. Vittime consapevoli di un sistema economico e politico perverso che li sfrutta e che allo stesso tempo li tollera e poi li criminalizza». E poi ancora: «Oggi, nel complesso fenomeno dell'immigrazione in Italia, la condizione degli stagionali resta un nervo scoperto ipocritamente nascosto. Già nel 2004, MSF aveva visitato le campagne del Sud Italia per portare assistenza sanitaria agli stranieri impiegati come stagionali e per indagare questa scomoda realtà. Allora avevamo potuto testimoniare le vergognose condizioni di vita e il preoccupante stato di salute in cui gli stranieri versavano. A distanza di tre anni MSF ha potuto constatare che nulla è cambiato (…) Migliaia di stranieri impiegati in agricoltura sono dunque costretti a condizioni di vita e di lavoro inaccettabili per uno stato di diritto e per un paese civile. Un costo umano e sociale altissimo, necessario per assecondare i meccanismi perversi di economie di mercato. Un costo umano dimenticato da una politica tesa solo a regolamentare flussi migratori senza avere il coraggio di guardare in faccia la realtà. Senza avere il giusto coraggio di andare al cuore del problema. Nell'arco di tre anni, dunque, non è stata registrata alcuna discontinuità sostanziale con le precedenti politiche sull'immigrazione. Una mancata inversione di rotta che riflette un atteggiamento ambiguo e ipocrita del sistema istituzionale italiano nei confronti dell'immigrazione irregolare. Da una parte, si registrano misure di contenimento del fenomeno migratorio con politiche dal pugno di ferro tese a combattere la clandestinità a difesa della legalità. Dall'altra, le stesse istituzioni nazionali e locali si tappano occhi, orecchie e bocche dinanzi al massiccio sfruttamento di stranieri nelle produzioni agricole del Meridione perché necessari al sostentamento delle economie locali. L'utilizzo di forza lavoro a basso costo, il reclutamento in nero, la negazione di condizioni di vita decenti, il mancato accesso alle cure mediche sono aspetti ben noti e tollerati. I sindaci, le forze di Stato, gli ispettorati del lavoro, le associazioni di categoria e di tutela, i ministeri: tutti sanno e tutti tacciono». Parole durissime che fotografano una realtà che il movimento antirazzista denuncia da anni pagando spesso prezzi molto alti in termini di repressione e intimidazione. Eppure, le questioni sollevate da MSF non sono affatto dissimili da quanto anche noi più volte e su queste pagine abbiamo ribadito pur da una prospettiva radicalmente e squisitamente politica. Nei questionari e nelle interviste somministrate ai migranti incontrati da MSF in Campania, Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia «sono echeggiate storie di disperazione, di viaggi della speranza segnati da rotte tragiche, di sogni infranti nel Belpaese dove si vive in condizioni spesso peggiori di quelle lasciate alle spalle. Vessati, sfruttati, ricattati. Picchiati, scacciati, braccati. Gli immigrati stagionali vivono in case abbandonate, in fabbriche in disuso, talvolta per strada. Pur di sopravvivere offrono le proprie braccia per meno di 25 euro al giorno e per molti l'obiettivo di inviare risparmi alle loro famiglie nei paesi di origine fallisce miseramente. Sebbene arrivino in Italia in buone condizioni di salute, i lavoratori stranieri si ammalano per le durissime condizioni lavorative. Si ammalano perché quando rientrano dai campi non hanno acqua potabile da bere, né luoghi asciutti e salubri in cui stare. Queste malattie, per lo più curabili con una semplice terapia antibiotica si cronicizzano perché non si ha un medico a cui rivolgersi, né soldi sufficienti per acquistare medicine. Queste sono le persone che sostengono l'agricoltura nel Sud Italia. Queste sono le persone sfruttate da un sistema che produce profitti grondanti disperazione e malattia».
Rimandiamo i lettori a un approfondimento del dossier pubblicato da Medici Senza Frontiere per apprezzarne i dettagli contenutistici che – statistiche alla mano – offrono uno spaccato preciso (qualitativo e quantitativo) della situazione riscontrata. L'associazione trae delle conclusioni che – a dispetto del severo giudizio etico e, se vogliamo, politico che la stessa esprime nei confronti delle normative vigenti e della gestione istituzionale dei flussi migratori – offrono una sponda agli stessi soggetti che sono direttamente responsabili dello scempio che si consuma sulla pelle dei lavoratori migranti. Ovvero, MSF auspica che le istituzioni (specialmente a livello locale) garantiscano condizioni minime di accoglienza a tutti gli immigrati impiegati nelle produzioni agricole, chiamando direttamente in causa le Aziende sanitarie locali che, il più delle volte, sono del tutto inadempienti nel fornire servizi, assistenza e informazioni sui diritti all'accesso alla salute.
Da parte nostra, sappiano bene che MSF non è un soggetto politico né ci aspettiamo da loro particolari dichiarazioni o atti di radicale incompatibilità nei confronti di questo sistema. Pur apprezzando il valore di una ricerca come quella appena descritta, non possiamo esimerci dal registrare il paradosso per cui un'associazione come MSF, che si prefigge unicamente lo scopo di fornire assistenza sanitaria a popolazioni e soggetti vulnerabili e in difficoltà, si ritrova spesso a operare in sinergia con enti che, in nome dell'assistenza, gestiscono Centri di permanenza temporanea o lucrano sul business dell'immigrazione (Caritas, Misericordie, ecc.). Lasciando a ciascuno la responsabilità delle proprie azioni e dei propri giudizi, noi continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto: informare, denunciare e lottare affinché tutto questo finisca per sempre.

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