Secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori inglesi, il
numero dei morti in Iraq dall'inizio dell'attuale conflitto (2003)
sarebbe arrivato a circa un milione [1], una cifra spaventosa che
supera tutte quelle diffuse fino a questo momento. Un massacro che non
sembra interessare troppo l'opinione pubblica, come invece avviene per
altri annunci riguardanti la famigerata "guerra al terrorismo". Una
battaglia combattuta, in prima fila dagli USA, con il massimo disprezzo
delle più elementari regole della cosiddetta civiltà.
La scorsa settimana, l'amministrazione statunitense ha annunciato di
voler chiedere sei condanne a morte per gli attentati dell'11 settembre
2001. Tutti e sei i destinatari di questa richiesta sono detenuti a
Guantanamo, il famigerato lager aperto nel gennaio del 2002 nella base
navale USA situata nella parte meridionale dell'isola di Cuba. Questo
carcere speciale, creato in violazione di tutte le leggi
internazionali, è arrivato ad ospitare, stando alle cifre
ufficiali, fino a 800 detenuti, un numero che oggi si sarebbe ridotto a
meno di 300.
Mentre l'esistenza di Guantanamo, che ha sollevato anche numerose ma
inutili proteste, è ben nota, meno conosciuta era l'esistenza al
suo interno di una sezione segreta, come confermato recentemente dal
comandante della base [2], il misterioso "Camp 7", del quale non si
conosce neppure l'ubicazione. In esso sarebbero rinchiusi una
quindicina di prigionieri considerati "particolarmente importanti",
molti di essi provengono dalle altre carceri segrete che la CIA ha
sparso in tutto il mondo. La Croce Rossa, che avrebbe visitato anche
questa struttura, si è rifiutata di fornire ulteriori dettagli
in proposito.
Dopo una guerra sanguinosa scatenata sulla base di un falso pericolo,
la creazione di carceri segrete e di un tribunale speciale sul quale ha
trovato da ridire persino la Suprema Corte degli USA, sei giorni prima
dell'annuncio della richiesta della pena capitale arriva da parte della
CIA l'ammissione ufficiale [3] che la confessione di uno dei sei
prigionieri è stata ottenuta con l'uso della tortura. E questo
non sarebbe l'unico caso del genere [4].
La propaganda, in USA come in Italia, ha presentato fin dall'inizio la
guerra al terrorismo internazionale anche come una sorta di difesa del
diritto e della legalità contro la barbarie dei fondamentalisti.
Abbiamo tutti ancora nelle orecchie le frottole che i giornalisti di
tutto il mondo ci raccontavano a proposito delle pericolose armi di
distruzione di massa in possesso del regime del dittatore iracheno,
della necessità di portare la democrazia in quel paese, persino
della superiorità morale della "nostra" cultura.
Oggi proprio questa superiorità morale è davanti agli
occhi di tutti, un uomo viene torturato e si vuole condannarlo per la
sua confessione. Non è necessaria una particolarmente elevata
moralità per capire che chiunque sia sottoposto ad un
trattamento del genere è pronto a confessare qualsiasi cosa. In
questo caso non si tratta esclusivamente di protestare contro la pena
di morte, ma di segnalare con forza il livello di barbarie raggiunto
dai paladini della democrazia e da tutti i loro complici, compresi
quelli nostrani.
Ma in questi tempi bui neppure i cittadini statunitensi possono dormire
sonni tranquilli, specialmente se all'orizzonte si intravedono nubi
minacciose anche per le libertà delle quali vanno tanto fieri.
Nelle prossime settimane sarà discusso dal Senato USA la "H.R.
1955: Violent Radicalization and Homegrown Terrorism Prevention Act of
2007"[5], la proposta di istituire una Commissione che svolga una
indagine sul "radicalismo" e sull'"estremismo" violento esistente
all'interno del territorio statunitense e che proponga dei
provvedimenti legislativi per combattere questi fenomeni.
Questa proposta ha già sollevato diverse critiche, a partire
dalle definizioni che vengono date nel testo del provvedimento dei
termini "radicalismo" ed "estremismo", che sono fortemente generiche ed
ambigue. Tanto da correre il rischio di comprendere, sotto una
etichetta di comodo, anche comportamenti protetti dalla libertà
di espressione ancora, almeno formalmente, in vigore in un paese che
viene sempre portato ad esempio di democrazia.
Pepsy
Riferimenti
[1] http://www.reuters.com/article/worldNews/idUSL3048857920080130
[2] http://news.yahoo.com/s/ap/20080207/ap_on_re_la_am_ca/guantanamo_secret_camp
[3] http://news.bbc.co.uk/2/hi/americas/7229169.stm
[4] http://www.alternet.org/rights/76971/?page=entire
[5] http://www.govtrack.us/congress/billtext.xpd?bill=h110-1955