"Dobbiamo smetterla una volta per
tutte di descrivere gli effetti del potere in termini di negazione. Il
potere 'esclude', 'reprime', 'censura', 'estrania', 'camuffa',
'occulta'. In realtà il potere produce. Produce realtà.
Produce domini di oggetti e rituali di verità." (Michel Foucault)
Proprio mentre infuria l'attacco clericale e fascista (chiamiamo le
cose con il loro nome) alla legge 194, ed attraverso questa alle
conquiste delle donne, arrivano altri segnali, provenienti dalla parte
più reazionaria della società, che potrebbero preludere a
nuove campagne liberticide.
Il prossimo aprile saranno passati 70 anni da quando venne sperimentata
la "terapia elettroconvulsiva", meglio nota come elettroshock, e forse
non è un caso che proprio in questi giorni [1] un gruppo di
psichiatri italiani ha annunciato di voler presentare una petizione
nella quale viene chiesto a questo ed al prossimo ministro della Salute
che "venga istituito un servizio di TEC almeno per ogni milione di
abitanti" [2].
L'elettroshock nasce dal lavoro di un neuropsichiatra ungherese
convinto che la schizofrenia e l'epilessia fossero malattie che si
escludevano a vicenda: la sua "cura" consisteva quindi nel provocare,
tramite la somministrazione di farmaci, degli attacchi epilettici nei
pazienti con diagnosi di schizofrenia. Nonostante questa idea si sia
rivelata completamente errata, due psichiatri italiani (Ugo Cerletti e
Lucio Bini) pensarono di sostituire i farmaci con delle scosse
elettriche e, nel giro di qualche anno, il loro sistema venne adottato
in tutto il mondo nella cura di numerose malattie psichiatriche. Le
ragioni della diffusione di questa terapia furono molteplici: era
più economica di quella farmacologica, gli eventuali effetti
positivi erano veloci, era facile da somministrare. Da considerare poi
anche il risvolto economico, costituito dalla costruzione e vendita
delle apposite attrezzature.
La maggior parte delle ricerche fatte sull'efficacia dell'elettroshock
affermano che questa terapia funziona soprattutto quando viene
applicata ai pazienti con diagnosi di "depressione maggiore" e produce
effetti collaterali considerati "irrilevanti", se così si
possono definire la perdita della memoria recente (ma a volte anche
passata) o i cambiamenti di carattere. Resta però il fatto che
nonostante siano passati tanti anni, ancora oggi non si conoscono con
sicurezza i danni che un trattamento del genere provoca al cervello e
neppure il perché a volte questa terapia funzioni. Alcuni dei
suoi sostenitori tendono poi a mettere poco in evidenza il fatto che
difficilmente si tratta di una cura risolutiva, vale a dire che non
basta un ciclo di trattamenti. L'elettroshock deve essere somministrato
per lunghi periodi (anche anni) e, tra un ciclo di scosse e il
successivo, il paziente deve essere comunque trattato con psicofarmaci.
Negli anni '40 l'elettroshock fu normalmente utilizzato da medici del
III Reich, sia come strumento di ricerca che come un sistema rapido per
sbarazzarsi in modo definitivo dei malati psichiatrici. In tempi molto
più recenti tutti ricorderanno le foto che mostravano gli eroici
paracadutisti italiani che, improvvisati psichiatri, si divertivano a
somministrare scosse elettriche ad una persona impossibilitata a
difendersi.
Le fortune dell'elettroshock iniziarono a declinare negli anni '60 e
'70 quando si sviluppò un movimento di opposizione alla
psichiatria ufficiale, alle sue teorie e alle sue cure, considerate
giustamente funzionali al sistema di potere capitalistico. Vennero
pubblicati studi nei quali si dimostrava che, secondo le statistiche
ufficiali, i poveri erano più matti dei ricchi, in quanto le
diagnosi avevano uno stretto rapporto con la classe sociale del
paziente: i ricchi avevano "l'esaurimento nervoso" i poveri erano,
più semplicemente "pazzi". Venne anche denunciato che
l'elettroshock veniva usato, non solo su pazienti consenzienti, ma
anche come strumento di controllo dei rinchiusi all'interno dei
manicomi e delle case di cura. In altre parole serviva, insieme agli
psicofarmaci, a "tener buone" le persone, oltre che a fornire materiale
di studio per le ricerche accademiche. Meno conosciuti gli usi, che
pure sono in parte documentati [3], da parte degli apparati di
repressione statali come metodo di tortura o punizione di soggetti
pericolosi per il potere. Sempre in quegli anni, vennero criticate
oltre che le categorie interpretative della psichiatria ufficiale anche
le istituzioni totali, come i manicomi, che ne erano una conseguenza
concreta.
Anche grazie al collegamento tra questo movimento di "antipsichiatria"
con quello di contestazione generale che in quegli anni sconvolgeva
mezzo mondo, l'elettroshock iniziò a non godere più di
una buona fama, e - sebbene non fosse esplicitamente vietata - la sua
applicazione iniziò a diminuire gradualmente ma costantemente
nel tempo. Fino a qualche anno fa, l'elettroshock era infatti
considerata una terapia oramai "in disuso" da utilizzare, con le dovute
precauzioni, solo in pochi e selezionatissimi casi.
Attualmente, in Italia, esistono comunque almeno una dozzina di centri
dove viene normalmente praticata, anche se in questi ultimi anni
è stata quasi completamente sostituita dalla terapia
farmacologica.
Addirittura in una recente legislatura, venne presentato un progetto di
legge per l'abolizione totale della terapia elettroconvulsivante [4] e
sempre nello stesso periodo fu chiesto un parere alla Commissione per
la Bioetica che pilatescamente rispose: si "ritiene che non vi siano
motivazioni bioetiche per porre in dubbio la liceità della
terapia elettroconvulsivante nelle indicazioni documentate nella
letteratura scientifica." [5]. In seguito a questa, il Ministro della
Sanità diffuse una circolare [6] nella quale affermava che non
ci fossero le basi per una "sospensione totale e generalizzata
dell'uso" dell'elettroshock.
Oggi, facendosi forti del momento storico che stiamo attraversando, che
vede un generale arretramento di tutti i movimenti di opposizione allo
stato di cose presenti ed un incalzare di quelle legate ad un passato
oscuro, il gruppo di psichiatri citato all'inizio ha deciso che il
tempo è maturo per rilanciare la pratica di massa
dell'elettroshock. Una terapia che oggi si preferisce chiamare con una
asettica sigla, "TEC" (Terapia Elettro Convulsivante) che la fa
somigliare fin troppo ad altre tecniche (ad esempio la "TAC",
Tomografia Assiale Computerizzata) sicuramente meno problematiche.
Oltre al significato politico che assume in questo momento una
richiesta del genere, va sottolineato che l'elettroshock sottintende
una concezione della personalità che è principalmente (se
non solo) il risultato di una eredità genetica o determinata da
fattori biologici, mentre viene completamente sottovalutata l'influenza
ambientale e sociale sullo sviluppo del carattere di una persona.
Questa concezione porta inevitabilmente ad indicazioni terapeutiche
tese a privilegiare terapie "pesanti" (farmacologiche, elettroshock,
psicochirurgia) piuttosto che "leggere", come la psicoterapia.
Gli studi effettuati [7] in questi 70 anni non hanno dato una risposta
definitiva sull'efficacia della terapia elettroconvulsiva mostrandone
di volta in volta benefici e limiti, né hanno chiarito del tutto
le patologie che dovrebbe curare. Questo significa che l'elettroshock
non è certamente, come vorrebbero farci credere coloro che
propongono di rilanciarla, la cura migliore, se non l'unica, per alcune
patologie.
È invece qualcosa di paragonabile ad una operazione molto
rischiosa, alla quale sottoporsi solo volontariamente come estremo
tentativo per provare ad uscire da una condizione di vita altrimenti
insopportabile. Qualcosa che dovrebbe lasciare il posto a terapie meno
distruttive piuttosto che diventare un campo di sperimentazione o di
lucro per gli psichiatri in carriera, o un sistema di controllo del
potere.
Pepsy
Riferimenti
[1] Corriere della Sera del 15/2/2008.
[2] http://www.terapiaelettroconvulsiva.it/pratica.htm
[3] http://www.mindcontrolforums.com/news/eleo-treat.htm
[4] http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk7500/articola/7258.htm
[5] http://www.governo.it/bioetica/testi/220995.html
[6] http://www.tmcrew.org/stopshock/bindi.htm
[7] Per un panorama scientifico degli studi sull'elettroshock si veda http://www.cochrane.org/reviews/en/ab003593.html e
http://www.cochrane.org/reviews/en/ab000076.html