Umanità Nova, n.8 del 2 marzo 2008, anno 88

A volte ritornano. I nuovi crociati dell'elettroshock


"Dobbiamo smetterla una volta per tutte di descrivere gli effetti del potere in termini di negazione. Il potere 'esclude', 'reprime', 'censura', 'estrania', 'camuffa', 'occulta'. In realtà il potere produce. Produce realtà. Produce domini di oggetti e rituali di verità." (Michel Foucault)

Proprio mentre infuria l'attacco clericale e fascista (chiamiamo le cose con il loro nome) alla legge 194, ed attraverso questa alle conquiste delle donne, arrivano altri segnali, provenienti dalla parte più reazionaria della società, che potrebbero preludere a nuove campagne liberticide.
Il prossimo aprile saranno passati 70 anni da quando venne sperimentata la "terapia elettroconvulsiva", meglio nota come elettroshock, e forse non è un caso che proprio in questi giorni [1] un gruppo di psichiatri italiani ha annunciato di voler presentare una petizione nella quale viene chiesto a questo ed al prossimo ministro della Salute che "venga istituito un servizio di TEC almeno per ogni milione di abitanti" [2].
L'elettroshock nasce dal lavoro di un neuropsichiatra ungherese convinto che la schizofrenia e l'epilessia fossero malattie che si escludevano a vicenda: la sua "cura" consisteva quindi nel provocare, tramite la somministrazione di farmaci, degli attacchi epilettici nei pazienti con diagnosi di schizofrenia. Nonostante questa idea si sia rivelata completamente errata, due psichiatri italiani (Ugo Cerletti e Lucio Bini) pensarono di sostituire i farmaci con delle scosse elettriche e, nel giro di qualche anno, il loro sistema venne adottato in tutto il mondo nella cura di numerose malattie psichiatriche. Le ragioni della diffusione di questa terapia furono molteplici: era più economica di quella farmacologica, gli eventuali effetti positivi erano veloci, era facile da somministrare. Da considerare poi anche il risvolto economico, costituito dalla costruzione e vendita delle apposite attrezzature.
La maggior parte delle ricerche fatte sull'efficacia dell'elettroshock affermano che questa terapia funziona soprattutto quando viene applicata ai pazienti con diagnosi di "depressione maggiore" e produce effetti collaterali considerati "irrilevanti", se così si possono definire la perdita della memoria recente (ma a volte anche passata) o i cambiamenti di carattere. Resta però il fatto che nonostante siano passati tanti anni, ancora oggi non si conoscono con sicurezza i danni che un trattamento del genere provoca al cervello e neppure il perché a volte questa terapia funzioni. Alcuni dei suoi sostenitori tendono poi a mettere poco in evidenza il fatto che difficilmente si tratta di una cura risolutiva, vale a dire che non basta un ciclo di trattamenti. L'elettroshock deve essere somministrato per lunghi periodi (anche anni) e, tra un ciclo di scosse e il successivo, il paziente deve essere comunque trattato con psicofarmaci. Negli anni '40 l'elettroshock fu normalmente utilizzato da medici del III Reich, sia come strumento di ricerca che come un sistema rapido per sbarazzarsi in modo definitivo dei malati psichiatrici. In tempi molto più recenti tutti ricorderanno le foto che mostravano gli eroici paracadutisti italiani che, improvvisati psichiatri, si divertivano a somministrare scosse elettriche ad una persona impossibilitata a difendersi.
Le fortune dell'elettroshock iniziarono a declinare negli anni '60 e '70 quando si sviluppò un movimento di opposizione alla psichiatria ufficiale, alle sue teorie e alle sue cure, considerate giustamente funzionali al sistema di potere capitalistico. Vennero pubblicati studi nei quali si dimostrava che, secondo le statistiche ufficiali, i poveri erano più matti dei ricchi, in quanto le diagnosi avevano uno stretto rapporto con la classe sociale del paziente: i ricchi avevano "l'esaurimento nervoso" i poveri erano, più semplicemente "pazzi". Venne anche denunciato che l'elettroshock veniva usato, non solo su pazienti consenzienti, ma anche come strumento di controllo dei rinchiusi all'interno dei manicomi e delle case di cura. In altre parole serviva, insieme agli psicofarmaci, a "tener buone" le persone, oltre che a fornire materiale di studio per le ricerche accademiche. Meno conosciuti gli usi, che pure sono in parte documentati [3], da parte degli apparati di repressione statali come metodo di tortura o punizione di soggetti pericolosi per il potere. Sempre in quegli anni, vennero criticate oltre che le categorie interpretative della psichiatria ufficiale anche le istituzioni totali, come i manicomi, che ne erano una conseguenza concreta.
Anche grazie al collegamento tra questo movimento di "antipsichiatria" con quello di contestazione generale che in quegli anni sconvolgeva mezzo mondo, l'elettroshock iniziò a non godere più di una buona fama, e - sebbene non fosse esplicitamente vietata - la sua applicazione iniziò a diminuire gradualmente ma costantemente nel tempo. Fino a qualche anno fa, l'elettroshock era infatti considerata una terapia oramai "in disuso" da utilizzare, con le dovute precauzioni, solo in pochi e selezionatissimi casi.
Attualmente, in Italia, esistono comunque almeno una dozzina di centri dove viene normalmente praticata, anche se in questi ultimi anni è stata quasi completamente sostituita dalla terapia farmacologica.
Addirittura in una recente legislatura, venne presentato un progetto di legge per l'abolizione totale della terapia elettroconvulsivante [4] e sempre nello stesso periodo fu chiesto un parere alla Commissione per la Bioetica che pilatescamente rispose: si "ritiene che non vi siano motivazioni bioetiche per porre in dubbio la liceità della terapia elettroconvulsivante nelle indicazioni documentate nella letteratura scientifica." [5]. In seguito a questa, il Ministro della Sanità diffuse una circolare [6] nella quale affermava che non ci fossero le basi per una "sospensione totale e generalizzata dell'uso" dell'elettroshock.
Oggi, facendosi forti del momento storico che stiamo attraversando, che vede un generale arretramento di tutti i movimenti di opposizione allo stato di cose presenti ed un incalzare di quelle legate ad un passato oscuro, il gruppo di psichiatri citato all'inizio ha deciso che il tempo è maturo per rilanciare la pratica di massa dell'elettroshock. Una terapia che oggi si preferisce chiamare con una asettica sigla, "TEC" (Terapia Elettro Convulsivante) che la fa somigliare fin troppo ad altre tecniche (ad esempio la "TAC", Tomografia Assiale Computerizzata) sicuramente meno problematiche.
Oltre al significato politico che assume in questo momento una richiesta del genere, va sottolineato che l'elettroshock sottintende una concezione della personalità che è principalmente (se non solo) il risultato di una eredità genetica o determinata da fattori biologici, mentre viene completamente sottovalutata l'influenza ambientale e sociale sullo sviluppo del carattere di una persona. Questa concezione porta inevitabilmente ad indicazioni terapeutiche tese a privilegiare terapie "pesanti" (farmacologiche, elettroshock, psicochirurgia) piuttosto che "leggere", come la psicoterapia.
Gli studi effettuati [7] in questi 70 anni non hanno dato una risposta definitiva sull'efficacia della terapia elettroconvulsiva mostrandone di volta in volta benefici e limiti, né hanno chiarito del tutto le patologie che dovrebbe curare. Questo significa che l'elettroshock non è certamente, come vorrebbero farci credere coloro che propongono di rilanciarla, la cura migliore, se non l'unica, per alcune patologie.
È invece qualcosa di paragonabile ad una operazione molto rischiosa, alla quale sottoporsi solo volontariamente come estremo tentativo per provare ad uscire da una condizione di vita altrimenti insopportabile. Qualcosa che dovrebbe lasciare il posto a terapie meno distruttive piuttosto che diventare un campo di sperimentazione o di lucro per gli psichiatri in carriera, o un sistema di controllo del potere.

Pepsy


Riferimenti
[1] Corriere della Sera del 15/2/2008.
[2] http://www.terapiaelettroconvulsiva.it/pratica.htm
[3] http://www.mindcontrolforums.com/news/eleo-treat.htm
[4] http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/sk7500/articola/7258.htm
[5] http://www.governo.it/bioetica/testi/220995.html
[6] http://www.tmcrew.org/stopshock/bindi.htm
[7] Per un panorama scientifico degli studi sull'elettroshock si veda http://www.cochrane.org/reviews/en/ab003593.html e
http://www.cochrane.org/reviews/en/ab000076.html

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