Il fatto che salari e sicurezza sul lavoro occupino le prime pagine dei
giornali nel momento in cui l'esistenza della questione sociale, seppur
declinata come conflitto di classe, viene revocata in dubbio nella sua
stessa legittimità ed esistenza, è uno dei segni
all'apparenza contraddittori che delineano il presente. In
realtà, l'esistenza enfatizzata a livello mediatico dice proprio
dell'impotenza ad imporre la propria presenza in carne ed ossa nelle
lotte per ciò che ognuno ha di più caro: la vita, la
salute, l'offerta di una esistenza dignitosa a sé e ai propri
figli; in una parola: la libertà. Il servo, lo schiavo, che ha
introiettato il proprio ruolo, non può più pensare una
vita altra. E gli accidenti di questa vita da servo e schiavo, la
possibilità ogni giorno di morire, vengono esorcizzati dal
fatalismo dell'impensabilità di un'altro orizzonte, dove il
lavoro non esiste con il suo giogo, la sua violenza, la sua
costrizione. I lavoratori "tirano" sui giornali ed in televisione
perchè muoiono nel modo più orrendo e la pornografia e lo
splatter sono i generi più visitati dai telegiornali e dai
"programmi verità". Neanche in un film si era mai visto
l'impatto dell'aereo sulle torri gemelle o sette torce umane nella
notte italiana e torinese di acquisti natalizi. E già Hollywood
si è impadronita dell'11 settembre; e già il "nuovo
cinema italiano" si è buttato sulle sette stelle della
Thyssenkrupp per farne un film che uscirà nel primo anniversario
di quella notte horror. Già, forse era meglio che se ne
occupasse Dario Argento di quegli uomini avvolti dalle fiamme, non
diversi che se fossero stati colpiti da un lanciafiamme in Vietnam, sul
fronte russo o in Iraq; non diversi dai ciechi barcollanti sulla Somme
o a Bhopal, morti viventi. Questa stiamo vivendo: una notte dei morti
viventi; e solo un Romero od un Corman, un Raimi, sarebbero i degni
registi di questo spettacolo. L'orrore quotidiano ci spinge a deliri
come quelli di Kurtz là dove il fiume nasce e muore: e restar
vivi è davvero impresa eroica, giacché richiede doti non
comuni di spietata lucidità e il sorriso ozioso del vagabondo
urbano. Il pastone quotidiano versa nei piatti la minestra collosa e
colorata di padroni ed operai uniti nella lotta, mentre occhieggiano
americanismi e romanismi dal "si può fare" al "perchè
no". Davvero non ci meritiamo di più? Suvvia, il "primo senatore
nero" o una donna; almeno uno Zapatero che fa incazzare i preti (sic) o
qualche ex comunista della DDR molto "Linke". Esterofili di facciata,
sappiamo bene che un nero, una donna, un normale laico molto moderato,
qui avrebbero vita molto più che dura: proprio non si
metterebbero neanche in corsa. Ed infatti. In campagna elettorale un
governo che non c'è più fa finta di approvare un testo
unico sulla sicurezza che non si sa chi approverà
definitivamente (deve passare a camera e Senato più conferenza
Stato-regioni in 40 giorni: ma vi pare?! Sapete quanto manca al 13-14-
aprile?). Intanto monsignor Bagnasco detta il suo neutrale decalogo da
campagna elettorale e pure lui spruzza un po' di salari su famiglia e
matrimonio: perché altro si dovrebbe lavorare?... Tutto torna,
tutto si tiene, tutto fa brodo. Buon appetito, in sala mensa si
proietta un vecchio film sulla classe operaia che va in paradiso!
W.B.