L'8 marzo in tutta Italia si sono
svolte manifestazioni ed iniziative, che hanno riportato al centro un
protagonismo femminista mai sopito ma poco visibile. L'offensiva sempre
più forte della Chiesa e del partito trasversale dei cattolici
che attraversa tutti gli schieramenti ha avuto in questa giornata una
risposta forte e chiara: la libertà delle donne non si tocca.
Vi proponiamo di seguito i resoconti arrivati da Chioggia, Bologna, Udine, Roma, Palermo, Milano, Torino.
Per le donne venete l'appuntamento di lotta per la giornata dell'8
marzo era a Chioggia (VE), dove lo scorso 7 febbraio la giunta di
destra ha approvato un ordine del giorno con cui ha aderito alla
campagna sulla moratoria anti-aborto promossa da Ferrara, quale
premessa per destinare 30 mila euro a favore delle attività
antiabortiste, ossia per le incursioni del Movimento per la Vita dentro
e fuori l'ospedale civile. D'altra parte, la giunta regionale –
anch'essa di destra - si appresta a ridiscutere il Progetto di legge n.
3, bloccato da due anni, che consentirebbe sempre al potere clericale
di mettere naso e mani nei consultori e nelle corsie ospedaliere.
La manifestazione, lanciata dalle Comitato Donne di Chioggia e fatta
propria da varie situazioni veneziane e del Veneto, ha visto quindi la
partecipazione di quasi un migliaio di persone, soprattutto donne,
senza strumentalizzazioni elettorali e bandiere di partito, così
come espressamente richiesto dalle organizzatrici.
Infatti le uniche bandiere che si sono viste sventolare sono state quelle No Vat e quelle giallo nere dell'UAAR.
Tale "interdizione" è diventata l'alibi per l'assenza delle
donne della Cgil e del PD che hanno optato per la manifestazione
nazionale indetta dalla triplice sindacale a Roma e per il comizio
elettorale di Veltroni svoltosi a Mestre; ciò non ha tolto ma
anzi rafforzato il senso del corteo di Chioggia, attorno a cui i
giornali locali avevano persino creato una tensione preventiva.
Presenti invece, oltre alle realtà locali, varie esperienze
collettive coi loro striscioni (Assemblea 194 di Mestre-Venezia,
Collettivo femminista lesbico Vengoprima di Venezia, Donne in Movimento
di Padova). Il corteo vivace e determinato, si è concluso sotto
il comune presidiato dalla polizia, dove è apparso il
lunghissimo striscione fucsia portato dal Circolo Pink di Verona con
cui è stato simbolicamente circondato il palazzo.
Emblematico il commento sulla stampa del sindaco Tiozzo secondo il
quale "urla e schiamazzi" non risolvono niente: segno evidente che
l'opposizione alla sua morale si è fatta sentire.
RedVE
La Rete delle donne di Bologna, "un'aggregazione informale di donne
diverse, singole, donne di associazioni, di partiti e di sindacati"
(come si legge nel loro blog), ha organizzato a Bologna per l'8 marzo
una manifestazione a metà tra lotta e autorappresentazione
istituzionale. Aperto da uno striscione con lo slogan deciso a livello
nazionale ("Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la
lotta!"), il corteo si è chiuso con le bandiere e lo striscione
della CGIL. Circa settecento persone in tutto, fra cui molti uomini,
hanno preso parte al corteo. Vi erano le giovani militanti del centro
sociale TPO (a cui il Comune ha concesso di recente una splendida
sede), il collettivo universitario "Figlie femmine", le compagne e i
compagni dell'Assemblea Antifascista Permanente, un po' di femministe
cinquantenni. Nonostante la vivacità e la gioia di alcuni gruppi
di compagne, l'impostazione paraistituzionale del corteo ne ha
appiattito i contenuti e limitato la partecipazione. I temi – per
così dire "interclassisti" – dell'aborto, della contraccezione e
della violenza sessuale hanno infatti eclissato completamente i
problemi dello sfruttamento, delle discriminazioni sul lavoro, del
precariato, del sessismo e razzismo patriarcale (nel corteo non vi
erano donne migranti, né si è cercato di coinvolgerle e,
del resto, il breve tracciato della manifestazione percorreva solo una
via del centro). A fronte di queste scelte riduttive ed escludenti,
varie compagne e collettivi femministi hanno deciso di manifestare in
altre città o di restarsene a casa.
Diversa è stata la scelta del coordinamento Quelle che non ci
stanno. Senza volersi contrapporre al corteo della Rete delle donne, le
compagne femministe e lesbiche del coordinamento hanno dato vita a una
manifestazione separatista non autorizzata, partendo da Porta S.
Stefano per poi confluire in Piazza Maggiore nell'altro corteo.
L'iniziativa di Quelle che non ci stanno è stata senz'altro
rumorosa ed efficace, ma scarsa è stata però la
partecipazione (circa una quarantina di compagne). E ciò
dimostra che, senza un dibattito approfondito e a tutto campo, non
è possibile organizzare momenti significativi di lotta. Ed
è quello che a Bologna si continua ad evitare, per non "creare
spaccature tra donne". Intanto, nella vicina Piazza S. Stefano le donne
del PD hanno organizzato un brindisi per l'8 marzo a cui hanno
partecipato Romano Prodi e la moglie Flavia.
Il "sommovimento" del 24 novembre e della due giorni Flat (flat.noblogs.org) è rimasto lontano dall'8 marzo bolognese.
redb
Anche nella nostra regione ci si è mobilitati in occasione
della giornata dell'8 marzo. Sotto lo slogan "Tra la festa, il rito e
il silenzio noi scegliamo la lotta" circa 300 persone, in massima parte
donne, si sono ritrovate in piazza Matteotti per dare vita a un
presidio informativo e di denuncia. L'iniziativa era stata indetta
dalla "Rete delle Donne per l'autodeterminazione" che raccoglie
numerosi gruppi e associazioni di donne della regione.
Numerosi striscioni, cartelloni e un fitto volantinaggio hanno caratterizzato la giornata.
Dal sound system hanno preso la parole numerose donne che hanno
denunciato l'attacco che sempre più forte viene portato avanti
dalla chiesa e dai suoi servi contro l'autodeterminazione dei corpi e
delle menti.
Presenti in modo caratterizzato con un proprio volantino e striscione
"alle donne la scelta-aborto libero-autodeterminazione" le compagne
anarchiche e libertarie delle Dumbles che hanno anche contribuito alle
assemblee preparatorie. Per foto e articoli sulla giornata
www.info-action.info
F. D.
7 marzo 2008, ore 19,15, il corteo romano di femministe e lesbiche si avvia.
Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la lotta! È
questo lo striscione di apertura che dichiara senza mezzi termini la
presa di distanza che ha portato ad anticipare di un giorno la
manifestazione autorganizzata delle donne, frutto di un percorso
costruito con le proprie pratiche politiche e non disposto ad accettare
strumentalizzazioni dell'ultimo minuto da lustro pre-elettorale.
È chiara la determinazione di non delegare a organizzazioni che
sostengono politiche familiste e di controllo. Inoltre è
risultato inaccettabile il tentativo da parte di Cgil Cisl Uil, di
delegittimare la decisione presa dalle donne di organizzare un 8 marzo
in ogni città, indicendo una manifestazione nazionale a Roma
proprio nello stesso giorno, che sa tanto di vuota ricorrenza.
Il corteo delle femministe e lesbiche è dedicato Marinella,
Maria Carla Cammarata, stuprata 20 anni fa, e che si lasciò
morire poco dopo il rilascio dei suoi stupratori. A piazza Belli il
corteo si ferma davanti alla lapide in memoria di Giorgiana Masi,
compagna ventenne uccisa dallo stato nel 1977. Gli slogan scanditi sono
molto vari ("lo stupratore non è un malato ma il figlio sano del
patriarcato"), a volte con tocchi di umorismo forse un po' nero ("ti
stupra tuo marito, è amore garantito; ti stupra tuo papà,
è patria potestà; ti stupra il convivente, è amore
travolgente; ti stupra tuo fratello, è amore pure quello"),
altri in memoria di Marinella. Anche la composizione delle donne
presenti è molto varia, sia dal punto di vista anagrafico che da
quello del percorso di lotta, con una presenza totale di circa 700-800
donne. Immancabile l'intervento del tipico coatto che, indispettito,
cerca di attraversare il corteo con il motorino.
Arrivate a piazza Santa Maria in Trastevere i carabinieri si schierano
a protezione della chiesa e di quasi tutti i muri della piazza.
Chissà cosa potrebbero fare queste pericolose "fimmine" se
lasciate sole... la risposta è semplice: ballare. Ovvero dopo
qualche intervento, dalla camionetta parte la musica e a quel punto tra
una tarantella, un tango femminista, un twist e musica anni 80 scatta
il delirio al femminile. Con tanto di coreografie ispirate a
particolari pezzi ("suffragette a noi", "lady oscar" o "maledetta
primavera"). In mezzo alla piazza stanno appollaiate decine e decine di
turisti che guardano questo gruppo di donne di ogni età ballare,
ridere e scherzare, manco fossero marziane.
L'8 marzo invece ha visto, a piazza Farnese, l'orrido spettacolo della
presentazione della lista antiabortista "di quel pallone gonfiato"
(citando una femminista romana) e di un cadaverico Giovanni lindo
Ferretti, ormai più "catto" che punk, leggere un lungo testo
cantilenante, inno alla vita e a chi la difende "dal concepimento alla
nascita" e ad intonare canti pseudo-gregoriani da fine del mondo.
indi. zav
Sabato 8 marzo una bella giornata di sole ha salutato la
manifestazione indetta dal Coordinamento donne 194 di Palermo in difesa
della legge che regolamenta l'aborto in Italia e, più in
generale, per i diritti e la libertà delle donne. Il cartello
organizzatore è espressione di un'area politica riferibile al
centrosinistra e infatti si è registrata una significativa
presenza di partiti e creature simili (Pd, Sinistra arcobaleno, Cgil,
Cobas) con conseguente passerella di politicanti a caccia di voti.
Hanno partecipato al corteo anche diversi collettivi femministi,
studenti e centri sociali palermitani. Alla manifestazione, che ha
registrato quasi un migliaio di presenze, erano presenti e assai
visibili anche gli anarchici: su uno striscione rosso e nero
campeggiava la scritta "La libertà delle donne è la
libertà di tutti" mentre da un megafono libertario risuonavano
slogan antisessisti e anticlericali.
Come sempre, un massiccio volantinaggio del Nucleo "Gioustizia e
Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana ha illustrato -
invitando anche all'astensione – i contenuti rivoluzionari di chi, come
noi, non vuole fermarsi alla difesa di una legge dello stato che,
seppur importante, non può esaurire il necessario percorso di
liberazione ed emancipazione contro tutti i poteri che pretendono di
determinare le vite e le scelte degli individui.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria
A Milano l'8 marzo ci sono stati due importanti incontri.
Davanti all'Esselunga di Via Papiniano, tristemente nota per il modo in
cui le lavoratrici sono trattate (vedi articolo sul numero scorso di
UN), era stato indetto da alcuni collettivi femministi e dalle compagne
e compagni anarchici un presidio ed un volantinaggio.
Nel giro di poco tempo il presidio ha visto arrivare quasi 200 persone
che si sono poste sia all'interno sia all'esterno del supermercato,
volantinando, sensibilizzando le persone che entravano e uscivano dal
supermercato, cercando di fare controinformazione, ricordando che la
dignità delle donne (e di tutti) non va difesa solo l'8 marzo,
ma sempre e che la violenza è presente sul luogo di lavoro
così come in famiglia.
In Largo Cairoli era indetta un'altra manifestazione. Qui erano
presenti migliaia di donne di tutte l'età, studentesse, atee,
molti collettivi che ribadivano la necessità della libera scelta
e dell'autodeterminazione.
A poca distanza alcuni leghisti tentavano di distribuire alle donne
spray al peperoncino per la difesa personale. Le possibilità
erano due: o prendere lo spray e donarlo a nostra volta alle mogli,
fidanzate, compagne di chi lo regalava perché prima o poi a loro
sarebbe servito in famiglia, oppure, come ha fatto un gruppo di giovani
donne, chiudergli il gazebo.
In entrambe le manifestazioni si è potuto leggere una scelta
precisa di cambiare il mondo che abitiamo, partendo da pratiche di
auto-organizzazione e di solidarietà vera.
R.P.
Un fine settimana molto vivace all'ombra della Mole in occasione di
un 8 marzo finalmente fuori dai tristi riti che lo avevano segnato
negli ultimi anni, facendone un curioso ibrido tra san valentino, la
festa della mamma e la befana, tra cene di tutte donne, mimose
d'ordinanza e uomini nudi in discoteca.
Il tocco d'avvio lo hanno dato un gruppo di anarchici e anarchiche
anticlericali che la sera del sette marzo hanno sigillato l'ingresso
del gabbiotto del Movimento per la Vita all'interno dell'ospedale
Mauriziano. Come si legge nel comunicato diffuso in rete "Sui vetri del
gabbiotto, oltre ad una grande A cerchiata, sono stati appesi cartelli
dal senso inequivocabile: 'la libertà delle donne non si tocca';
'chiudere i covi clericali'; 'preti fatevi i cazzi vostri!'; 'Movimento
per la vita = aborto clandestino'; 'fuori i preti dagli ospedali';
'senza dio né legge, libere di scegliere'.
Quel gabbiotto è una vergogna che andrebbe cancellata da ogni
ospedale. Una vergogna pagata con soldi pubblici al servizio di
un'associazione di integralisti che si apposta nei pressi dei reparti
di ginecologia ed ostetricia con i depliant pieni di menzogne per
mettere all'indice le donne che consapevolmente decidono sulla loro
vita e sul loro futuro. Quella di non avere un figlio non desiderato o
al quale non sarebbero in grado di garantire una vita degna di essere
vissuta è una scelta adulta, consapevole, che merita rispetto,
quel rispetto per la vita delle donne e dei bambini che la chiesa non
ha. Dove va l'amore per la vita quando l'aids fa strage dove i preti
predicano di non usare i preservativi? Dov'è l'amore per la vita
quando milioni di bambini muoiono perché non hanno denaro per
cibo e medicine?
Quelli del movimento per la vita – come l'intera Chiesa Cattolica -
trattano le donne come assassine, negano la loro libertà e le
considerano eterne minorenni da tutelare o intimidire. La chiesa – ieri
con i roghi – oggi con una morale che altro non è che lo
strumento della perpetuazione del potere arrogante di una casta di
uomini celibi le donne le ha assassinate e vuole continuare a farle
morire, riaprendo il baratro dell'aborto clandestino, delle mammane,
del silenzio e della vergogna.
È da ormai molto tempo che la paura sta cambiando di campo, che
i preti e i loro accoliti hanno smesso di intimorire, perché le
donne hanno alzato la testa e non la piegheranno.
Siamo alla vigilia dell'8 marzo, non rito, non festa, ma giorno di lotta.
Con questo piccolo gesto di ribellione all'invadenza clericale vogliamo
ricordare le tante donne che sono morte d'aborto clandestino e le tante
che si sono ribellate ed hanno lottato perché tutto questo
avesse fine."
La mattinata del giorno successivo, un 8 ma rzo
decisamente umido, al Balon gli anarchici della FAI torinese hanno dato
vita ad un presidio anticlericale molto visibile. Oltre allo striscione
"senza dio né legge, libere di scegliere", alla distro ed al
volantinaggio è stato allestito un punto info gestito da un
prete in tonaca che faceva propaganda all'aborto clandestino, una
pratica della quale la Chiesa Cattolica è sponsor ufficiale.
Molti passanti hanno mostrato apprezzamento per un'iniziativa di
denuncia del ruolo della Chiesa.
Nel volantino distribuito durante la giornata si criticavano le
posizioni di mera difesa dall'offensiva clericale che caratterizzano le
posizioni di molti gruppi e collettivi, asserendo che "Sono ormai molte
a pensare che sia venuto il momento di passare dalla resistenza
all'attacco, respingendo le interessate tutele di partiti e sindacati
che, dopo essersi – tutti – inginocchiati al trono di Ratzinger - ora
le corteggiano perché vogliono il loro voto.
Purtroppo ancora molte parlano di diritti, di necessità di
difendere qualche legge. In particolare la 194, quella che regolamenta
e limita la libertà di scegliere o meno la maternità.
Questa legge – tutte le leggi – non garantisce ma ingabbia. Quando
venne promulgata sancì che la libertà delle donne non
poteva più essere repressa e allora andava regolamentata. Prima
della 194, abortire era vietato: chi lo faceva, rischiava la vita
perché abortire era un lusso e i ferri da calza costano poco.
Chi lo faceva rischiava la galera, perché abortire era un reato.
Le femministe sfidarono apertamente la proibizione al punto che i
legislatori non poterono che prenderne atto e cambiare le regole. Ma le
nuove regole, seppur migliori delle precedenti, sono piene di limiti e
trappole. Chi oggi attacca la libertà femminile, lo fa proprio
partendo dalle possibilità che questa legge gli offre.
Per questo è tempo di affermare una libertà senza legge,
senza tutele, senza limiti che non siano quelli posti dalla scelta di
vita di ciascuna.".
L'otto marzo torinese è proseguito nel pomeriggio con un grande
corteo che ha attraversato le vie del centro, un corteo autorganizzato
senza partiti e sindacati, che ha segnato un importante momento di
lotta nella nostra città. Quasi diecimila donne di tutte le
età e numerosi uomini vi hanno preso parte riportando nell'agone
politico il rifiuto delle politiche familiste, la difesa degli attacchi
alla libertà femminile, la necessità di riprendere
l'iniziativa sul lavoro, i servizi, la libertà personale.
Il giorno successivo si è scatenata la canea mediatica contro
l'azione degli anarchici al Mauriziano e contro il corteo femminista.
Tra i consiglieri comunali del PD la componente cattolica, non paga di
prendere le distanze dagli anticlericali, ha denunciato il corteo come
mandante morale, gli ex DS, tra cui Rossomando sulla Stampa, si sono
invece limitati ad "esprimere solidarietà al movimento per la
vita per un atto di 'violenza' del tutto estraneo alla cultura delle
donne". Il giorno successivo il Consiglio Comunale ha espresso la
propria condanna dell'azione degli anarchici, bollata ancora una volta
come 'violenta'. Questa classe politica che definisce violenza il
sigillare una serratura è la stessa che sostiene la guerra e
l'occupazione in Afganistan, la stessa che dimentica la violenza
infinita di quell'associazione omicida che è la Chiesa
Cattolica. Nel loro volantino gli anarchici della FAI descrivono
così la Chiesa "Una casta di uomini celibi - sebbene certo non
casti - nel segno del padre ha torturato ed ucciso milioni di donne (e
di uomini). Chi dice che è storia di ieri chiude gli occhi di
fronte all'arroganza di un'istituzione che si è piegata alla
modernità per non soccombere ma, oggi, che il vento soffia in
senso contrario, rialza la testa con prepotenza.
In paesi ultracattolici come la Polonia, l'Irlanda, il Brasile, dove
abortire legalmente è vietato, gli aborti clandestini mietono
vittime su vittime." E poi ancora "Ridisegnare le relazioni sociali nel
senso voluto dalla Chiesa Cattolica significa imporre un ordine del
mondo che nell'oppressione femminile ha un cardine robusto,
perchè la libertà di scelta delle donne ha rappresentato
e rappresenta la rottura di un ordine simbolico e reale che non
può prescindere dal controllo dei corpi femminili."
Quest'otto marzo è stata una giornata importante per la
libertà delle donne, di quella libertà che, se guardi a
fondo, è anche la libertà di tutti.
Rassegna stampa sul sito:
http://piemonte.indymedia.org/article/1406
Pippa&Iole