Umanità Nova, n.10 del 16 marzo 2008, anno 88

8 marzo. La festa è finita


L'8 marzo in tutta Italia si sono svolte manifestazioni ed iniziative, che hanno riportato al centro un protagonismo femminista mai sopito ma poco visibile. L'offensiva sempre più forte della Chiesa e del partito trasversale dei cattolici che attraversa tutti gli schieramenti ha avuto in questa giornata una risposta forte e chiara: la libertà delle donne non si tocca.
Vi proponiamo di seguito i resoconti arrivati da Chioggia, Bologna, Udine, Roma, Palermo, Milano, Torino.

Chioggia: circondato in fucsia il comune

Per le donne venete l'appuntamento di lotta per la giornata dell'8 marzo era a Chioggia (VE), dove lo scorso 7 febbraio la giunta di destra ha approvato un ordine del giorno con cui ha aderito alla campagna sulla moratoria anti-aborto promossa da Ferrara, quale premessa per destinare 30 mila euro a favore delle attività antiabortiste, ossia per le incursioni del Movimento per la Vita dentro e fuori l'ospedale civile. D'altra parte, la giunta regionale – anch'essa di destra - si appresta a ridiscutere il Progetto di legge n. 3, bloccato da due anni, che consentirebbe sempre al potere clericale di mettere naso e mani nei consultori e nelle corsie ospedaliere.
La manifestazione, lanciata dalle Comitato Donne di Chioggia e fatta propria da varie situazioni veneziane e del Veneto, ha visto quindi la partecipazione di quasi un migliaio di persone, soprattutto donne, senza strumentalizzazioni elettorali e bandiere di partito, così come espressamente richiesto dalle organizzatrici.
Infatti le uniche bandiere che si sono viste sventolare sono state quelle No Vat e quelle giallo nere dell'UAAR.
Tale "interdizione" è diventata l'alibi per l'assenza delle donne della Cgil e del PD che hanno optato per la manifestazione nazionale indetta dalla triplice sindacale a Roma e per il comizio elettorale di Veltroni svoltosi a Mestre; ciò non ha tolto ma anzi rafforzato il senso del corteo di Chioggia, attorno a cui i giornali locali avevano persino creato una tensione preventiva.
Presenti invece, oltre alle realtà locali, varie esperienze collettive coi loro striscioni (Assemblea 194 di Mestre-Venezia, Collettivo femminista lesbico Vengoprima di Venezia, Donne in Movimento di Padova). Il corteo vivace e determinato, si è concluso sotto il comune presidiato dalla polizia, dove è apparso il lunghissimo striscione fucsia portato dal Circolo Pink di Verona con cui è stato simbolicamente circondato il palazzo.
Emblematico il commento sulla stampa del sindaco Tiozzo secondo il quale "urla e schiamazzi" non risolvono niente: segno evidente che l'opposizione alla sua morale si è fatta sentire.
RedVE

Bologna: le piazze dell'8 marzo

La Rete delle donne di Bologna, "un'aggregazione informale di donne diverse, singole, donne di associazioni, di partiti e di sindacati" (come si legge nel loro blog), ha organizzato a Bologna per l'8 marzo una manifestazione a metà tra lotta e autorappresentazione istituzionale. Aperto da uno striscione con lo slogan deciso a livello nazionale ("Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la lotta!"), il corteo si è chiuso con le bandiere e lo striscione della CGIL. Circa settecento persone in tutto, fra cui molti uomini, hanno preso parte al corteo. Vi erano le giovani militanti del centro sociale TPO (a cui il Comune ha concesso di recente una splendida sede), il collettivo universitario "Figlie femmine", le compagne e i compagni dell'Assemblea Antifascista Permanente, un po' di femministe cinquantenni. Nonostante la vivacità e la gioia di alcuni gruppi di compagne, l'impostazione paraistituzionale del corteo ne ha appiattito i contenuti e limitato la partecipazione. I temi – per così dire "interclassisti" – dell'aborto, della contraccezione e della violenza sessuale hanno infatti eclissato completamente i problemi dello sfruttamento, delle discriminazioni sul lavoro, del precariato, del sessismo e razzismo patriarcale (nel corteo non vi erano donne migranti, né si è cercato di coinvolgerle e, del resto, il breve tracciato della manifestazione percorreva solo una via del centro). A fronte di queste scelte riduttive ed escludenti, varie compagne e collettivi femministi hanno deciso di manifestare in altre città o di restarsene a casa.
Diversa è stata la scelta del coordinamento Quelle che non ci stanno. Senza volersi contrapporre al corteo della Rete delle donne, le compagne femministe e lesbiche del coordinamento hanno dato vita a una manifestazione separatista non autorizzata, partendo da Porta S. Stefano per poi confluire in Piazza Maggiore nell'altro corteo. L'iniziativa di Quelle che non ci stanno è stata senz'altro rumorosa ed efficace, ma scarsa è stata però la partecipazione (circa una quarantina di compagne). E ciò dimostra che, senza un dibattito approfondito e a tutto campo, non è possibile organizzare momenti significativi di lotta. Ed è quello che a Bologna si continua ad evitare, per non "creare spaccature tra donne". Intanto, nella vicina Piazza S. Stefano le donne del PD hanno organizzato un brindisi per l'8 marzo a cui hanno partecipato Romano Prodi e la moglie Flavia.
Il "sommovimento" del 24 novembre e della due giorni Flat (flat.noblogs.org) è rimasto lontano dall'8 marzo bolognese.
redb

Udine: un giorno di lotta

Anche nella nostra regione ci si è mobilitati in occasione della giornata dell'8 marzo. Sotto lo slogan "Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la lotta" circa 300 persone, in massima parte donne, si sono ritrovate in piazza Matteotti per dare vita a un presidio informativo e di denuncia. L'iniziativa era stata indetta dalla "Rete delle Donne per l'autodeterminazione" che raccoglie numerosi gruppi e associazioni di donne della regione.
Numerosi striscioni, cartelloni e un fitto volantinaggio hanno caratterizzato la giornata.
Dal sound system hanno preso la parole numerose donne che hanno denunciato l'attacco che sempre più forte viene portato avanti dalla chiesa e dai suoi servi contro l'autodeterminazione dei corpi e delle menti.
Presenti in modo caratterizzato con un proprio volantino e striscione "alle donne la scelta-aborto libero-autodeterminazione" le compagne anarchiche e libertarie delle Dumbles che hanno anche contribuito alle assemblee preparatorie. Per foto e articoli sulla giornata www.info-action.info
F. D.

Roma: l'otto non solo a marzo

7 marzo 2008, ore 19,15, il corteo romano di femministe e lesbiche si avvia.
Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la lotta! È questo lo striscione di apertura che dichiara senza mezzi termini la presa di distanza che ha portato ad anticipare di un giorno la manifestazione autorganizzata delle donne, frutto di un percorso costruito con le proprie pratiche politiche e non disposto ad accettare strumentalizzazioni dell'ultimo minuto da lustro pre-elettorale. È chiara la determinazione di non delegare a organizzazioni che sostengono politiche familiste e di controllo. Inoltre è risultato inaccettabile il tentativo da parte di Cgil Cisl Uil, di delegittimare la decisione presa dalle donne di organizzare un 8 marzo in ogni città, indicendo una manifestazione nazionale a Roma proprio nello stesso giorno, che sa tanto di vuota ricorrenza.
Il corteo delle femministe e lesbiche è dedicato Marinella, Maria Carla Cammarata, stuprata 20 anni fa, e che si lasciò morire poco dopo il rilascio dei suoi stupratori. A piazza Belli il corteo si ferma davanti alla lapide in memoria di Giorgiana Masi, compagna ventenne uccisa dallo stato nel 1977. Gli slogan scanditi sono molto vari ("lo stupratore non è un malato ma il figlio sano del patriarcato"), a volte con tocchi di umorismo forse un po' nero ("ti stupra tuo marito, è amore garantito; ti stupra tuo papà, è patria potestà; ti stupra il convivente, è amore travolgente; ti stupra tuo fratello, è amore pure quello"), altri in memoria di Marinella. Anche la composizione delle donne presenti è molto varia, sia dal punto di vista anagrafico che da quello del percorso di lotta, con una presenza totale di circa 700-800 donne. Immancabile l'intervento del tipico coatto che, indispettito, cerca di attraversare il corteo con il motorino.
Arrivate a piazza Santa Maria in Trastevere i carabinieri si schierano a protezione della chiesa e di quasi tutti i muri della piazza. Chissà cosa potrebbero fare queste pericolose "fimmine" se lasciate sole... la risposta è semplice: ballare. Ovvero dopo qualche intervento, dalla camionetta parte la musica e a quel punto tra una tarantella, un tango femminista, un twist e musica anni 80 scatta il delirio al femminile. Con tanto di coreografie ispirate a particolari pezzi ("suffragette a noi", "lady oscar" o "maledetta primavera"). In mezzo alla piazza stanno appollaiate decine e decine di turisti che guardano questo gruppo di donne di ogni età ballare, ridere e scherzare, manco fossero marziane.
L'8 marzo invece ha visto, a piazza Farnese, l'orrido spettacolo della presentazione della lista antiabortista "di quel pallone gonfiato" (citando una femminista romana) e di un cadaverico Giovanni lindo Ferretti, ormai più "catto" che punk, leggere un lungo testo cantilenante, inno alla vita e a chi la difende "dal concepimento alla nascita" e ad intonare canti pseudo-gregoriani da fine del mondo.
indi. zav

Palermo: contro tutti i poteri

Sabato 8 marzo una bella giornata di sole ha salutato la manifestazione indetta dal Coordinamento donne 194 di Palermo in difesa della legge che regolamenta l'aborto in Italia e, più in generale, per i diritti e la libertà delle donne. Il cartello organizzatore è espressione di un'area politica riferibile al centrosinistra e infatti si è registrata una significativa presenza di partiti e creature simili (Pd, Sinistra arcobaleno, Cgil, Cobas) con conseguente passerella di politicanti a caccia di voti. Hanno partecipato al corteo anche diversi collettivi femministi, studenti e centri sociali palermitani. Alla manifestazione, che ha registrato quasi un migliaio di presenze, erano presenti e assai visibili anche gli anarchici: su uno striscione rosso e nero campeggiava la scritta "La libertà delle donne è la libertà di tutti" mentre da un megafono libertario risuonavano slogan antisessisti e anticlericali.
Come sempre, un massiccio volantinaggio del Nucleo "Gioustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana ha illustrato - invitando anche all'astensione – i contenuti rivoluzionari di chi, come noi, non vuole fermarsi alla difesa di una legge dello stato che, seppur importante, non può esaurire il necessario percorso di liberazione ed emancipazione contro tutti i poteri che pretendono di determinare le vite e le scelte degli individui.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

Milano: solidarietà e autorganizzazione

A Milano l'8 marzo ci sono stati due importanti incontri.
Davanti all'Esselunga di Via Papiniano, tristemente nota per il modo in cui le lavoratrici sono trattate (vedi articolo sul numero scorso di UN), era stato indetto da alcuni collettivi femministi e dalle compagne e compagni anarchici un presidio ed un volantinaggio.
Nel giro di poco tempo il presidio ha visto arrivare quasi 200 persone che si sono poste sia all'interno sia all'esterno del supermercato, volantinando, sensibilizzando le persone che entravano e uscivano dal supermercato, cercando di fare controinformazione, ricordando che la dignità delle donne (e di tutti) non va difesa solo l'8 marzo, ma sempre e che la violenza è presente sul luogo di lavoro così come in famiglia.
In Largo Cairoli era indetta un'altra manifestazione. Qui erano presenti migliaia di donne di tutte l'età, studentesse, atee, molti collettivi che ribadivano la necessità della libera scelta e dell'autodeterminazione.
A poca distanza alcuni leghisti tentavano di distribuire alle donne spray al peperoncino per la difesa personale. Le possibilità erano due: o prendere lo spray e donarlo a nostra volta alle mogli, fidanzate, compagne di chi lo regalava perché prima o poi a loro sarebbe servito in famiglia, oppure, come ha fatto un gruppo di giovani donne, chiudergli il gazebo.
In entrambe le manifestazioni si è potuto leggere una scelta precisa di cambiare il mondo che abitiamo, partendo da pratiche di auto-organizzazione e di solidarietà vera.
R.P.

Torino: senza dio né legge, libere di scegliere

Un fine settimana molto vivace all'ombra della Mole in occasione di un 8 marzo finalmente fuori dai tristi riti che lo avevano segnato negli ultimi anni, facendone un curioso ibrido tra san valentino, la festa della mamma e la befana, tra cene di tutte donne, mimose d'ordinanza e uomini nudi in discoteca.
Il tocco d'avvio lo hanno dato un gruppo di anarchici e anarchiche anticlericali che la sera del sette marzo hanno sigillato l'ingresso del gabbiotto del Movimento per la Vita all'interno dell'ospedale Mauriziano. Come si legge nel comunicato diffuso in rete "Sui vetri del gabbiotto, oltre ad una grande A cerchiata, sono stati appesi cartelli dal senso inequivocabile: 'la libertà delle donne non si tocca'; 'chiudere i covi clericali'; 'preti fatevi i cazzi vostri!'; 'Movimento per la vita = aborto clandestino'; 'fuori i preti dagli ospedali'; 'senza dio né legge, libere di scegliere'.
Quel gabbiotto è una vergogna che andrebbe cancellata da ogni ospedale. Una vergogna pagata con soldi pubblici al servizio di un'associazione di integralisti che si apposta nei pressi dei reparti di ginecologia ed ostetricia con i depliant pieni di menzogne per mettere all'indice le donne che consapevolmente decidono sulla loro vita e sul loro futuro. Quella di non avere un figlio non desiderato o al quale non sarebbero in grado di garantire una vita degna di essere vissuta è una scelta adulta, consapevole, che merita rispetto, quel rispetto per la vita delle donne e dei bambini che la chiesa non ha. Dove va l'amore per la vita quando l'aids fa strage dove i preti predicano di non usare i preservativi? Dov'è l'amore per la vita quando milioni di bambini muoiono perché non hanno denaro per cibo e medicine?
Quelli del movimento per la vita – come l'intera Chiesa Cattolica - trattano le donne come assassine, negano la loro libertà e le considerano eterne minorenni da tutelare o intimidire. La chiesa – ieri con i roghi – oggi con una morale che altro non è che lo strumento della perpetuazione del potere arrogante di una casta di uomini celibi le donne le ha assassinate e vuole continuare a farle morire, riaprendo il baratro dell'aborto clandestino, delle mammane, del silenzio e della vergogna.
È da ormai molto tempo che la paura sta cambiando di campo, che i preti e i loro accoliti hanno smesso di intimorire, perché le donne hanno alzato la testa e non la piegheranno.
Siamo alla vigilia dell'8 marzo, non rito, non festa, ma giorno di lotta.
Con questo piccolo gesto di ribellione all'invadenza clericale vogliamo ricordare le tante donne che sono morte d'aborto clandestino e le tante che si sono ribellate ed hanno lottato perché tutto questo avesse fine."
La mattinata del giorno successivo, un 8 ma    rzo decisamente umido, al Balon gli anarchici della FAI torinese hanno dato vita ad un presidio anticlericale molto visibile. Oltre allo striscione "senza dio né legge, libere di scegliere", alla distro ed al volantinaggio è stato allestito un punto info gestito da un prete in tonaca che faceva propaganda all'aborto clandestino, una pratica della quale la Chiesa Cattolica è sponsor ufficiale. Molti passanti hanno mostrato apprezzamento per un'iniziativa di denuncia del ruolo della Chiesa.
Nel volantino distribuito durante la giornata si criticavano le posizioni di mera difesa dall'offensiva clericale che caratterizzano le posizioni di molti gruppi e collettivi, asserendo che "Sono ormai molte a pensare che sia venuto il momento di passare dalla resistenza all'attacco, respingendo le interessate tutele di partiti e sindacati che, dopo essersi – tutti – inginocchiati al trono di Ratzinger - ora le corteggiano perché vogliono il loro voto.
Purtroppo ancora molte parlano di diritti, di necessità di difendere qualche legge. In particolare la 194, quella che regolamenta e limita la libertà di scegliere o meno la maternità.
Questa legge – tutte le leggi – non garantisce ma ingabbia. Quando venne promulgata sancì che la libertà delle donne non poteva più essere repressa e allora andava regolamentata. Prima della 194, abortire era vietato: chi lo faceva, rischiava la vita perché abortire era un lusso e i ferri da calza costano poco. Chi lo faceva rischiava la galera, perché abortire era un reato. Le femministe sfidarono apertamente la proibizione al punto che i legislatori non poterono che prenderne atto e cambiare le regole. Ma le nuove regole, seppur migliori delle precedenti, sono piene di limiti e trappole. Chi oggi attacca la libertà femminile, lo fa proprio partendo dalle possibilità che questa legge gli offre.
Per questo è tempo di affermare una libertà senza legge, senza tutele, senza limiti che non siano quelli posti dalla scelta di vita di ciascuna.".
L'otto marzo torinese è proseguito nel pomeriggio con un grande corteo che ha attraversato le vie del centro, un corteo autorganizzato senza partiti e sindacati, che ha segnato un importante momento di lotta nella nostra città. Quasi diecimila donne di tutte le età e numerosi uomini vi hanno preso parte riportando nell'agone politico il rifiuto delle politiche familiste, la difesa degli attacchi alla libertà femminile, la necessità di riprendere l'iniziativa sul lavoro, i servizi, la libertà personale.
Il giorno successivo si è scatenata la canea mediatica contro l'azione degli anarchici al Mauriziano e contro il corteo femminista. Tra i consiglieri comunali del PD la componente cattolica, non paga di prendere le distanze dagli anticlericali, ha denunciato il corteo come mandante morale, gli ex DS, tra cui Rossomando sulla Stampa, si sono invece limitati ad "esprimere solidarietà al movimento per la vita per un atto di 'violenza' del tutto estraneo alla cultura delle donne". Il giorno successivo il Consiglio Comunale ha espresso la propria condanna dell'azione degli anarchici, bollata ancora una volta come 'violenta'. Questa classe politica che definisce violenza il sigillare una serratura è la stessa che sostiene la guerra e l'occupazione in Afganistan, la stessa che dimentica la violenza infinita di quell'associazione omicida che è la Chiesa Cattolica. Nel loro volantino gli anarchici della FAI descrivono così la Chiesa "Una casta di uomini celibi - sebbene certo non casti - nel segno del padre ha torturato ed ucciso milioni di donne (e di uomini). Chi dice che è storia di ieri chiude gli occhi di fronte all'arroganza di un'istituzione che si è piegata alla modernità per non soccombere ma, oggi, che il vento soffia in senso contrario, rialza la testa con prepotenza.
In paesi ultracattolici come la Polonia, l'Irlanda, il Brasile, dove abortire legalmente è vietato, gli aborti clandestini mietono vittime su vittime." E poi ancora "Ridisegnare le relazioni sociali nel senso voluto dalla Chiesa Cattolica significa imporre un ordine del mondo che nell'oppressione femminile ha un cardine robusto, perchè la libertà di scelta delle donne ha rappresentato e rappresenta la rottura di un ordine simbolico e reale che non può prescindere dal controllo dei corpi femminili."
Quest'otto marzo è stata una giornata importante per la libertà delle donne, di quella libertà che, se guardi a fondo, è anche la libertà di tutti.

Rassegna stampa sul sito:
http://piemonte.indymedia.org/article/1406

Pippa&Iole

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