Umanità Nova, n.10 del 16 marzo 2008, anno 88

Elezioni. Acque torbide al Manifesto


Se c'è un giornale che rappresenta fedelmente le convulsioni , le speranze e le schizofrenie di certa sinistra politica questo è senz'altro Il Manifesto, il quotidiano comunista considerato da tanti come il male minore nel desolante panorama dell'informazione stampata.
Il segreto di tale successo risiede principalmente nell'indubbia capacità di interpretare malumori diffusi e di apparire come la coscienza critica, persino sofisticata, dell'essere "di sinistra", ma di non spingere mai le proprie analisi verso prassi realmente radicali e conflittuali.
Così, da sempre, nelle sue pagine si possono leggere opinioni anche fortemente in contrasto con le scelte moderate dei sindacati concertativi e dei partiti della sinistra; ma mai viene consumata un'effettiva rottura con essi e su basi coerentemente anticapitaliste.
Anzi, quelle realtà che, andando oltre le solite divergenze più o meno lamentose, si rendono protagoniste di alternative sindacali e politiche, sono di volta in volta sprezzantemente minimizzate o ignorate, specie se connesse a pratiche extraistituzionali di lotta e autorganizzazione.
Evidentemente il "buon conflitto sociale" che, a parole, piace tanto alle poltrone de Il Manifesto dovrebbe comunque aver bisogno di una rappresentanza partitica in parlamento.
Tale linea redazionale vale soprattutto in tempo di elezioni e, in vista del prossimo appuntamento con le urne in aprile, stavolta affiora in modo ancor più palese, nel tentativo di delegittimare politicamente il serpeggiante astensionismo.
Così, nonostante che anche di recente, proprio su Il Manifesto siano stati ospitati interventi e articoli, recanti persino le firme illustri di Tronti e Revelli, crudamente autocritici verso il governo di centrosinistra e la subalternità acritica che ha connotato l'esperienza governativa della sedicente sinistra radicale, si è subito corsi ai ripari attraverso gli "autorevoli" commenti di redattori storici quali sono Rossana Rossanda e Valentino Parlato che, rispettivamente, hanno definito "infantile" l'astensionismo e dato indicazione di "voto veramente utile" per la Sinistra-Arcobaleno .
Silenzio pressoché tombale, invece, sulla circostanza che vede presentarsi, sia a livello nazionale che locale, anche altre liste di sinistra - con tanto di falce e martello nel simbolo - così come riguardo il fatto che all'interno dei movimenti, da quello contro la guerra a quello femminista, e dal sindacalismo di base la scelta dello sciopero del voto sia largamente considerata e condivisa, forse come non mai in precedenza.
Stavolta, infatti per i solerti redattori de Il Manifesto, il problema non è tanto quello di eludere come di consueto la pratica astensionista, storicamente sostenuta soltanto dall'anarchismo sociale e da alcune tendenze del movimento comunista; ma di dover fare i conti con una parte considerevole del cosiddetto popolo della sinistra ed anche una buona percentuale dei propri lettori che non vogliono più prestarsi ad un gioco perdente, sottostando alla logica autolesionista della delega a favore di un presunto meno peggio.

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