Se c'è un giornale che rappresenta fedelmente le convulsioni ,
le speranze e le schizofrenie di certa sinistra politica questo
è senz'altro Il Manifesto, il quotidiano comunista considerato
da tanti come il male minore nel desolante panorama dell'informazione
stampata.
Il segreto di tale successo risiede principalmente nell'indubbia
capacità di interpretare malumori diffusi e di apparire come la
coscienza critica, persino sofisticata, dell'essere "di sinistra", ma
di non spingere mai le proprie analisi verso prassi realmente radicali
e conflittuali.
Così, da sempre, nelle sue pagine si possono leggere opinioni
anche fortemente in contrasto con le scelte moderate dei sindacati
concertativi e dei partiti della sinistra; ma mai viene consumata
un'effettiva rottura con essi e su basi coerentemente anticapitaliste.
Anzi, quelle realtà che, andando oltre le solite divergenze
più o meno lamentose, si rendono protagoniste di alternative
sindacali e politiche, sono di volta in volta sprezzantemente
minimizzate o ignorate, specie se connesse a pratiche
extraistituzionali di lotta e autorganizzazione.
Evidentemente il "buon conflitto sociale" che, a parole, piace tanto
alle poltrone de Il Manifesto dovrebbe comunque aver bisogno di una
rappresentanza partitica in parlamento.
Tale linea redazionale vale soprattutto in tempo di elezioni e, in
vista del prossimo appuntamento con le urne in aprile, stavolta affiora
in modo ancor più palese, nel tentativo di delegittimare
politicamente il serpeggiante astensionismo.
Così, nonostante che anche di recente, proprio su Il Manifesto
siano stati ospitati interventi e articoli, recanti persino le firme
illustri di Tronti e Revelli, crudamente autocritici verso il governo
di centrosinistra e la subalternità acritica che ha connotato
l'esperienza governativa della sedicente sinistra radicale, si è
subito corsi ai ripari attraverso gli "autorevoli" commenti di
redattori storici quali sono Rossana Rossanda e Valentino Parlato che,
rispettivamente, hanno definito "infantile" l'astensionismo e dato
indicazione di "voto veramente utile" per la Sinistra-Arcobaleno .
Silenzio pressoché tombale, invece, sulla circostanza che vede
presentarsi, sia a livello nazionale che locale, anche altre liste di
sinistra - con tanto di falce e martello nel simbolo - così come
riguardo il fatto che all'interno dei movimenti, da quello contro la
guerra a quello femminista, e dal sindacalismo di base la scelta dello
sciopero del voto sia largamente considerata e condivisa, forse come
non mai in precedenza.
Stavolta, infatti per i solerti redattori de Il Manifesto, il problema
non è tanto quello di eludere come di consueto la pratica
astensionista, storicamente sostenuta soltanto dall'anarchismo sociale
e da alcune tendenze del movimento comunista; ma di dover fare i conti
con una parte considerevole del cosiddetto popolo della sinistra ed
anche una buona percentuale dei propri lettori che non vogliono
più prestarsi ad un gioco perdente, sottostando alla logica
autolesionista della delega a favore di un presunto meno peggio.
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