In questa campagna elettorale si sente parlare più che in altre
occasioni di "astensionismo di sinistra", per indicare la scelta di una
parte dell'elettorato di non partecipare al voto come forma di
"protesta nei confronti dei partiti della cosiddetta "sinistra
radicale" che hanno partecipato all'ultimo governo Prodi: Rifondazione
comunista, Comunisti Italiani, Verdi. Questa forma di astensione
è accompagnata, di solito, all'invito ad impegnarsi nei
"movimenti sociali" che a livello territoriale e globale si battono
contro il dilagare dell'ultima ideologia in circolazione, quella del
liberismo e del liberalismo come "seconda natura" umana, come
"naturale" forma di produzione dei beni e di governo della
società. Questa forma di astensionismo resta dentro la logica
della rappresentanza, anche se dice di non voler partecipare alle
elezioni. La critica, infatti, non è mossa alle forme attraverso
cui fantasmaticamente viene raccolto il consenso da parte della classe
dirigente trasversale "né di destra né di sinistra". Si
dice di non voler partecipare a queste elezioni perchè il gioco
è truccato da una legge elettorale qualificata dal suo stesso
estensore, il leghista Calderoli, "una porcata". Si dice che in altre
condizioni, con una "sinistra" più presentabile, unita e "al
passo con i tempi", si voterebbe, eccome. Si dice, come ricordato
sopra, che si vuole, in qualche modo, "mandare un segnale"
perchè le cose cambino, perchè si torni ad una
"democrazia" degna di questo nome e si superi l'ipocrita mascherata che
ci viene presentata come "voto popolare" dove tutto è già
stato deciso dalle segreterie dei partiti che hanno formato le liste.
L'astensionismo anarchico è un'altra cosa e mai come oggi si
caratterizza come gesto politico in senso pieno. Davanti ai nostri
occhi, infatti, si è compiuta la parabola della democrazia
rappresentativa, del liberalismo e della socialdemocrazia. Infatti,
potremmo parafrasare che "il governo non è di destra né
di sinistra", come la "sicurezza", non casualmente il perno della vita
associata e istituzionale negli ultimi anni. Finita l'era dei conflitti
sociali, in particolare del "conflitto di classe", resta il governo
dell'esistente che non necessita di qualificazione. In questo senso non
solo è possibile una indolore alternanza tra "destra" e
"sinistra", ma pure "grandi alleanze" bipartisan gravitanti sul perno
della citata "sicurezza", richiesta a gran voce da una società
minacciata da violenza, guerra, terrorismo, precarietà sociale
ed economica, spesso esaltate ad arte, spesso reali perchè il
prodotto della precedente "stretta" economica o "antirepressiva". Il
capitalismo avanza producendo macerie, è un capitalismo della
rovina e della distruzione, si alimenta delle devastazioni sociali,
ambientali, economiche, che provoca. Ciò che esso detesta
maggiormente è la politica intesa come assunzione del conflitto
quale sale del vivere sociale e della trasformazione dell'esistente. Se
l'esistente va "solo" governato, ogni tentativo di rompere con esso
attraverso l'assunzione positiva dei conflitti che attraversano la
società va represso e negato come il massimo dei pericoli. La
politica è allora il nemico del governo, il massimo dei pericoli
per esso e la non partecipazione al voto come rifiuto radicale della
macchina del governo è il massimo dei gesti politici.
W.B.