Umanità Nova, n.11 del 23 marzo 2008, anno 88

Proibizionismo sadico. Aumentare il danno: la strategia dell'ONU a Vienna


Venerdì 7 marzo le strade di Vienna sono state percorse da allegro e combattivo corteo organizzato dall'associazione internazionale antiproibizionista Encod (e a cui hanno partecipato centinaia di attivisti antipro provenienti da tutta Europa. Per l'Italia erano presenti MDMA e LiberiTutti/Canapisa Crew) ha attraversato le vie del centro ed ha raggiunto la sede delle Nazioni Unite per dire basta all'inutile, crudele e dispendiosa War On Drugs. Dal 10 al 14 marzo si sono riuniti, infatti, nella capitale austriaca i delegati di 53 governi che compongono la Cnd, - la Commissione internazionale sugli stupefacenti -, per discutere dei «progressi» fatti nella ultradecennale lotta globale alle droghe ed in particolare per "avviare la valutazione" della strategia politica mondiale approvata dall'assemblea generale Onu di New York nel 1998 quando, durante la Sessione speciale sulle droghe dell'Assemblea generale dell'Onu per valutare l'impatto delle politiche di lotta agli stupefacenti in vigore dal 1961, il governo statunitense era riuscito a imporre di prolungare la strategia di «guerra mondiale alla droga» per altri 10 anni, con l'esplicito obiettivo di «eliminare o ridurre sensibilmente produzione, commercio e traffico di sostanze psicotrope nel mondo». Il 2008 è arrivato e di riduzione o di eliminazione dell'offerta di sostanze illecite non se ne vede traccia e così il vero appuntamento di verifica dei dieci anni di azioni globali contro la droga è stato rimandato al 2009, quando, sempre a Vienna, si decideranno criteri e modalità di valutazione dei risultati raggiunti nell'ultimo decennio, oltre che la linea politica in materia di controllo internazionale del fenomeno delle droghe. Già ora, comunque, le cifre dei report annuali sulla produzione e consumo di droghe, comprese quelle dell'ultimo World drugs report 2007 confermano spietatamente il fallimento della strategia di lotta portata avanti dall'ONU. Dal 1998 la produzione globale di droghe [cannabis, cocaina, anfetaminici] è cresciuta, mentre quella di oppio ha addirittura raggiunto livelli record dopo l'invasione dell'Afganistan e la fine del potere talebano nel paese, in particolare nelle province meridionali. Allo stesso modo, la maggior parte della coltivazione globale di coca si è concentrata in Colombia, Bolivia e Perù. La strategia applicata è stata in tutti i casi quella di tentare con la forza l'eradicazione delle coltivazioni attraverso misure repressive e militari. Il progetto – costato 70 miliardi di euro l'anno di soldi pubblici – di eliminare su tutto il pianeta la produzione delle sostanze proibite avrebbe dovuto vedere nel 2008 "il mondo libero dalla droga" (secondo lo slogan coniato all'epoca dall'allora presidente USA Bill Clinton), ma qualcosa non ha funzionato. Nel '98 gli USA proprio per "liberare" il mondo dalle droghe diedero vita al famigerato Plan Colombia con lo scopo di stroncare o, quantomeno, ridurre fortemente la produzione di cocaina, soprattutto attraverso l'azione dei reparti militari appositamente addestrati nell'individuazione e distruzione dei laboratori clandestini, altrochè nella fumigazione delle piantagioni scoperte. Gli Stati Uniti, dopo aver direttamente provveduto all'addestramento dei reparti militari speciali colombiani, hanno continuato, anno dopo anno, ad elargire al governo della Colombia un'enorme quantità di denaro (in tutto circa 12.000 miliardi delle vecchie lire), nonostante il Plan Colombia stesse chiaramente andando incontro al risultato opposto a quello ufficialmente perseguito: secondo i dati dell'Onu, la produzione colombiana di cocaina è, infatti, passata dalle 326 tonnellate del 1998 a 610 tonnellate nel 2006. Se prima che il Piano intervenisse la Colombia produceva il 40% della cocaina mondiale, dopo sette anni di sviluppo del Piano è giunta a produrne circa il 70%. Intanto, l'esercito colombiano è diventato il più potente della regione: da sole le forze armate di Uribe contano un numero di effettivi maggiore di quelle di Bolivia, Ecuador e Venezuela messi insieme.
Per anni gli uffici dell'ONU hanno cercato di nascondere il fallimento del Plan Colombia: con il Report del 2005, l'Onu si era spinto oltre ogni limite di credibilità, affermando che nel 2004 su 687 tonnellate di cocaina prodotte a livello mondiale, ben 588 (cioè l'86%!) erano state sequestrate. Il 15 giugno dell'anno successivo l'associazione Libera ha denunciato pubblicamente l'assurdità di queste percentuali ed un mese e mezzo dopo il nuovo Report dell'Onu ha "corretto" da 687 a 937 tonnellate (!) la stima della produzione mondiale di cocaina e, con uno stratagemma contabile, ha "ridotto" da 588 a 356 le tonnellate di cocaina sequestrata.
Inoltre, fino a poco tempo fa si è voluto far credere che la produzione mondiale di cocaina fosse inferiore alle 700 tonnellate poi, qualche mese fa, l'Onu ha ammesso che essa è superiore a 1.000 tonnellate (e peraltro da una recentissima ricerca dell'autorevole TransNational Institute di Amsterdam emerge una produzione di 1.500 tonnellate). La situazione non è molto diversa in Afganistan: la produzione, di fatto, come si legge anche nel recente rapporto dell'UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), diretto dall'italiano Antonio Costa, è raddoppiata negli ultimi due anni e in Afganistan si produce il 90% dell'oppio mondiale. per poi riversarsi sotto forma di eroina sui mercati internazionali. Il fallimento delle strategie applicate hanno portato l'Unodc a rivedere la terminologia, passando ora a porsi come obiettivo per i prossimi anni il «contenimento» del fenomeno droghe al posto della «significativa riduzione» immaginata nel 1998. Questo cambio di obiettivo in corso d'opera è alla base delle dichiarazioni trionfalistiche di Costa, che ha difeso l'operato dell'agenzia «vantando» una sostanziale stabilità nella produzione e nel consumo, stabilità anch'essa posta in discussione dalle conclusioni presentate da numerosi enti indipendenti. In tal senso vanno i dati contenuti nella relazione dell'Osservatorio europeo sulle Droghe, che nel Report 2007 lancia un preciso allarme: i consumi aumentano in maniera costante e le morti per overdose sono cresciute sensibilmente nell'ultimo anno.
In questa situazione le proposte delle agenzie dell'ONU presentate a Vienna si muovono tra il ridicolo e il tragico. Se Costa, ha denunciato il lassismo delle autorità di fronte alle celebrità che si drogano e che in questo modo inviano un messaggio sbagliato ai giovani ed ha invitato i giudici ad essere più severi con le star del cinema e della musica pop che consumano sostanze proibite, l'altra agenzia ONU, l'Incb (International Narcotic Control Board) ha condannato la Bolivia perché non persegue l'uso tradizionale della foglia di coca (e tace sui paesi che applicano la pena di morte) ed ha chiesto di chiudere le stanze del consumo (tacendo sulla richiesta dell'Oms di distribuire siringhe pulite in carcere). Secondo l'Incb in questo momento la strategia primaria è mettere fine ai programmi di riduzione del danno. Il direttore dell'International Narcotics Control Board ha infatti chiesto al governo canadese di chiudere Insite, l'unica stanza del consumo medicalmente controllato in Canada e di sospendere tutti quei programmi che "favoriscano il consumo delle droghe, e che non siano più distribuiti i kit per un consumo sicuro del crack".
Riduzione del danno, espressione associata principalmente alla adozione di misure di salute pubblica per i consumatori, che li aiutino a non contrarre infezioni, ma anche ad evitare overdose ed altre conseguenze sanitarie negative che possono derivare loro dal consumo di droghe, è la nuova parola proibita degli zar antidroga dell'ONU che evidentemente sono per l'aumento del danno, nella sadica convinzione che l'unico modo per arrestare la diffusione delle sostanze proibite sia quello di perseguitare i consumatori e, se possibile, di aumentare le loro sofferenze. Non per niente Costa e i suoi colleghi hanno sempre speso parole d'elogio per le violazione dei diritti umani perpetrata da molti paesi nel proclamato intento di adempiere gli obblighi previsti dalle Convenzioni. A Vienna sono state citati tra i "buoni" la Cina, il Vietnam, l'Arabia Saudita e l'Iran che applicano la pena di morte per il traffico di droghe e il futuro si preannuncia più nero che mai: basti pensare alla Cina che in vista delle Olimpiadi ha annunciato di voler rinchiudere un milione di consumatori in centri di disintossicazione coatta, mentre la Thailandia ha intenzione di riscatenare la guerra alla droga che nel 2003 portò all'uccisione senza processo di oltre tremila persone.
L'aperto sadismo dei responsabili delle agenzie Onu ha portato però molte Ong a schierarsi con decisione contro la ripetizione all'infinito delle strategie repressive proibizioniste. Addirittura il terzo Congresso Mondiale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa sulle Tossicodipendenze, ospitato a Barcellona dalla Croce Rossa Spagnola, ha approvato un documento finale che si appella all'Onu perché via sia una politica umanitaria verso "i 200 milioni di drogati che nel mondo vengono umiliati, discriminati e stigmatizzati come criminali". L'appello insiste sulla necessità di un nuovo approccio alle problematiche delle droghe, che sia basato sulla ragione e sulla compassione e su misure di salute pubblica che contribuiscono alla prevenzione del Contagio da HIV e al recupero sociale dei tossicodipendenti attraverso politiche di riduzione del danno quali la distribuzione di siringhe sterili e l'utilizzo di Terapie sostitutive

Le strategie dell'"aumento del danno" si stanno comunque diffondendo anche in Italia. Il Comune di Milano retto dalla podestà Letizia Moratti (notissima ammiratrice e finanziatrice del torturatore Vincenzo Muccioli) è il capofila in questo settore. Alcuni mesi fa sono state eliminate le macchine scambiasiringhe che hanno l'unica colpa di aver salvato un po' di tossici dall'HIV, mentre è di questi giorni la notizia che è disponibile gratis dal 10 marzo in tutte le farmacie di Milano il kit antidroga proposto dal Comune alle famiglie con figli da 13 a 16 anni, che riceveranno via lettera un coupon anonimo per ritirare il test rivelatore. Dall'assessorato alla Salute sono partite infatti a fine febbraio 35 mila lettere con coupon allegato e consigli sugli esperti cui rivolgersi in caso di necessità. Sono state inoltre allertate 360 farmacie private e comunali, invitandole a collaborare. La distribuzione dei kit era stata preceduta da una "fase pilota" in Zona 6 che ha coinvolto 3.887 famiglie, che hanno ritirato 249 test. I genitori, fortunatamente, non vogliono trasformarsi in cani da guardia: quindi giustamente evitano di ritirare questi kit in farmacia e di sottoporre i loro figli a test antidroga fai-da-te che hanno praticamente l'unico obiettivo di creare problemi in famiglia. A Milano come a Crema il kit antidroga è stato un fallimento, ma il Comune non ha rinunciato a diffondere paura e insicurezza fra i cittadini… a spese loro! 16mila euro, infatti, è la tutt'altro che esigua spesa per iniziare la "fase due" della distribuzione di massa dei kit, mentre tra le altre misure "antidroga" adottate dalla giunta meneghina c'è un investimento di 680 mila euro per finanziare progetti di prevenzione rivolti ai giovani in scuole, oratori etc. Inoltre è stato deciso il potenziamento della "linea verde antidroga" che peraltro continua a ricevere pochissime telefonate al giorno. Il criminale fascista Riccardo De Corato (AN) vice Sindaco e assessore alla Sicurezza ha difeso le scelte del Comune citando un sondaggio apparso sul Magazine del Corriere della Sera secondo il quale il 72,8% dei votanti si dice convinto dalle iniziative della Giunta Moratti. È evidente, però, che il sondaggio on line di corriere.it sul kit antidroga non ha valenza statistica (basta che uno organizzi un bel gruppo di persone al computer per ottenere il risultato voluto), mentre le farmacie della zona 6 hanno ancora i magazzini pieni dei kit antidroga che non sono stati ritirati…

Di fatto, nonostante il lavaggio del cervello dei media di regime, trova sempre meno consenso l'infinita "guerra alla droga" che dura da decenni senza aver mai ottenuto altro risultato che quello di perseguitare decine di milioni di persone colpevoli solo di consumare sostanze proibite dalle convenzioni internazionali. Il proibizionismo amplifica le conseguenze negative delle sostanze (che vengono spesso assunte in condizioni sanitarie precarie e che vengono sempre prodotte e confezionate senza alcun controllo igienico) e tende spesso a favorire la diffusione delle droghe pesanti. Lo dimostrano in Italia gli effetti della Legge Fini, ormai in vigore da due anni, che prevede le stesse pene per le droghe leggere e di quelle pesanti. L'effetto più immediato della Legge Fini è stato un grosso aumento in tutta la Penisola del consumo di cocaina (che nei mesi immediatamente successivi all'approvazione della nuova legge ha visto diminuire i suoi prezzi della metà). Il fenomeno, probabilmente è destinato ad aumentare: secondo le fosche previsioni di un gruppo di esperti riunitisi all'Università cattolica di Milano per il convegno "L'altra faccia della coca", entro il 2010, in base ai dati dell'Osservatorio del dipartimento dipendenze patologiche dell'Asl di Milano, il consumo di cocaina registrerà un incremento pari al 40%, e il numero degli italiani consumatori sarà compreso tra gli 800 mila e il milione e 100 mila individui (circa il 3% della popolazione italiana tra i 15 e i 54 anni). Non c'è da stupirsi visto che, come è stato scritto su Fuoriluogo, "aver equiparato tutte le sostanze alla stessa maniera ha intrecciato i mercati delle droghe leggere con quelle pesanti e sta provocando soprattutto tra i più giovani la banalizzazione del consumo di droghe. Oggi gli adolescenti consumano alla stessa maniera le sostanze leggere e quelle pesanti, e il tutto avviene in totale incoscienza".
Intanto, continuano ad arrivare ogni giorno notizie di fumatori di cannabis perseguitati dalla legge. L'ultima "follia" dei giudici ha colpito un trentacinquenne catanese "sorpreso" con qualche grammo di hashish che avrà per due anni l'obbligo di dimora, di firma quotidiana, non potrà guidare, né far tardi la sera, visto che potrà uscire solo per andare a lavorare. Insomma, dovrà sottostare ad una serie di gravissime limitazioni alla libertà personale che equivalgono ad una condanna agli arresti domiciliari, inflittagli senza neanche un processo, con il kafkiano sistema delle sanzioni "amministrative".

robertino

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