Umanità Nova, n.11 del 23 marzo 2008, anno 88

Il gioco delle poltrone. Della farsa dei valori e delle appartenenze


Manca ancora un mese alla scadenza elettorale e partono i fuochi d'artificio. Che, come dice la parola, sono artificiali e non reali. Fantasiose apparizioni celesti che fanno alzare gli occhi con stupore infantile per sollevarci dal fastidioso peso di pensare alla realtà.
Roba da non crederci! Con uno scoop clamoroso il quotidiano «La Repubblica» ci informa che Ciarrapico è tuttora un fascista, una fascista orgoglioso d'esserlo, un fascista tutto d'un pezzo con l'immancabile busto del duce nel salotto buono. Ma va, ma dai! Non è possibile! Chi avrebbe mai immaginato che il braccio destro (romanamente teso), il cinquantennale finanziatore del compagno Andreotti, l'editore di misurati pamphlet quali Il duce ha sempre ragione e La sublime natura metafisica del manganello, il limpido faccendiere da sempre al centro delle mene del sottobosco romano, fosse un fascista. Con tutta l'acqua che è passata sotto i ponti, ancora 'ste menate. Non ci si può proprio fidare di nessuno.
Più che comprensibile, di fronte a tanta rivelazione, l'indignato stupore del candido Veltroni, incapace di accettare, nella sua ingenua e postmoderna sensibilità, che nel 2008 si possa ancora essere fascisti: "Ma come, abbiamo buttato nel cesso la falce e il martello, cantiamo We shall overcome invece di Bandiera Rossa, ci commuoviamo per Kennedy e non ce ne frega più niente della cagnetta Laika, e la stanno ancora a menare con l'olio di ricino e il posto al sole? Ancora con 'sta storia di fascismo e antifascismo? Disonesti, non erano questi gli accordi per fare finalmente della nostra Italia un paese normale!".
Dall'altra parte anche Fini, che sta giocando tutta la sua futura e, temiamo, ancora lunga carriera politica, su una asettica modernità estranea alla storia del Novecento, non ha affatto gradito le esternazioni di Peppino Ciarrapico manifestando con fare sdegnato e offeso la totale contrarietà sua e di altri noti militi della lotta antifascista quali Matteoli, Gasparri, Alemanno, La Russa, per questa inaccettabile sceneggiata nostalgica. Insomma, da una parte e dall'altra, il solito coretto virginale di chi non è più disposto a riconfrontarsi su termini quali democrazia, libertà o tolleranza. Hanno già dato, e queste sono cose di cui non vale più la pena di parlare.
Per fortuna che, come al solito, a rimettere le cose a posto ci ha pensato il cavaliere. A modo suo, naturalmente, con l'eleganza e signorilità che conosciamo, comunque l'ha fatto. Innanzitutto, dopo aver rispolverato il pericolo comunista, ha denudato il re, sibilando malignamente che Fini e quadrumviri erano perfettamente informati della cosa. E che anche per loro l'alleanza con il potente editore, al di là della comune ideologia, era cosa utile e opportuna. Poi, con buona pace dello stesso Peppino, ha aggiunto che non bisogna parlarne più di tanto, perché il Ciarra è solo uno fra mille e che, come gli altri mille candidati del popolo della libertà, non conta un cazzo. Ma proprio un cazzo. In Parlamento ci andrà, così l'impunità è assicurata, ma solo per fare numero. Naturalmente Ciarrapico, che del tutto cretino non è, ha ricambiato ricordando con perfida bonomia, che anche Berlusconi è un fascista, visto che non ha mai onorato, a nessun titolo e in nessun modo, la ricorrenza della Liberazione dal nazifascismo. L'avevamo notato anche noi, ma fa piacere sentirlo dire dai suoi amici.
Come si capisce se si osserva con sguardo distaccato, si tratta della consueta sceneggiata, dove la cialtronesca compagnia di giro che calca le scene ormai da anni, torna a recitare, a beneficio del "popolo ignorante", la farsa dei valori e delle appartenenze: una accesa disputa su chi è più o meno fascista, su chi si chiama fuori e su chi ti tira dentro, su "modernisti" e "passatisti", il tutto per scaldare, ancora per un po', l'animo di chi è tuttora convinto che le differenze ci sono e ci devono essere. Con buona pace, naturalmente, della sostanziale convergenza dei due schieramenti su tutti i temi centrali, economici e sociali, sui quali ci si appresta a lavorare, e a lavorare male, sulla nostra pelle.
Anche su questo giornale se ne è già detto, e non passa giorno, più ci si avvicina alla data fatidica, che i cosiddetti programmi di governo non mostrino nuove e scontate affinità. E non solo su progetti e fini, ma anche nella scelta degli uomini e dei soggetti sociali che si vanno a candidare: tu prendi l'industriale tal dei tali? e mo' ti frego, io prendo l'industrialessa tal delle tal'altre; tu prendi il generale dei corazzieri? e io prendo il colonnello degli incursori; tu prendi il re dei cretini? e io metto in lista l'imperatore dei deficienti… in un crescendo inarrestabile e demenziale che vede diventare collega (?) di partito chi comanda e chi deve obbedire.
Nel caso dei fascisti, poi, è tutto più facile: sono talmente tanti e sparsi un po' ovunque, quelli storici come quelli caratteriali, quelli nostalgici come quelli irrisolti, che il problema non si pone neanche più. Uno in più o uno in meno, uno più in vista o uno più in camuffa, ma pensiamo davvero che possa servire a qualcosa scandalizzarsi se il Ciarra è un  fascistone coi fiocchi?

Massimo Ortalli

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