Manca ancora un mese alla scadenza elettorale e partono i fuochi
d'artificio. Che, come dice la parola, sono artificiali e non reali.
Fantasiose apparizioni celesti che fanno alzare gli occhi con stupore
infantile per sollevarci dal fastidioso peso di pensare alla
realtà.
Roba da non crederci! Con uno scoop clamoroso il quotidiano «La
Repubblica» ci informa che Ciarrapico è tuttora un
fascista, una fascista orgoglioso d'esserlo, un fascista tutto d'un
pezzo con l'immancabile busto del duce nel salotto buono. Ma va, ma
dai! Non è possibile! Chi avrebbe mai immaginato che il braccio
destro (romanamente teso), il cinquantennale finanziatore del compagno
Andreotti, l'editore di misurati pamphlet quali Il duce ha sempre
ragione e La sublime natura metafisica del manganello, il limpido
faccendiere da sempre al centro delle mene del sottobosco romano, fosse
un fascista. Con tutta l'acqua che è passata sotto i ponti,
ancora 'ste menate. Non ci si può proprio fidare di nessuno.
Più che comprensibile, di fronte a tanta rivelazione,
l'indignato stupore del candido Veltroni, incapace di accettare, nella
sua ingenua e postmoderna sensibilità, che nel 2008 si possa
ancora essere fascisti: "Ma come, abbiamo buttato nel cesso la falce e
il martello, cantiamo We shall overcome invece di Bandiera Rossa, ci
commuoviamo per Kennedy e non ce ne frega più niente della
cagnetta Laika, e la stanno ancora a menare con l'olio di ricino e il
posto al sole? Ancora con 'sta storia di fascismo e antifascismo?
Disonesti, non erano questi gli accordi per fare finalmente della
nostra Italia un paese normale!".
Dall'altra parte anche Fini, che sta giocando tutta la sua futura e,
temiamo, ancora lunga carriera politica, su una asettica
modernità estranea alla storia del Novecento, non ha affatto
gradito le esternazioni di Peppino Ciarrapico manifestando con fare
sdegnato e offeso la totale contrarietà sua e di altri noti
militi della lotta antifascista quali Matteoli, Gasparri, Alemanno, La
Russa, per questa inaccettabile sceneggiata nostalgica. Insomma, da una
parte e dall'altra, il solito coretto virginale di chi non è
più disposto a riconfrontarsi su termini quali democrazia,
libertà o tolleranza. Hanno già dato, e queste sono cose
di cui non vale più la pena di parlare.
Per fortuna che, come al solito, a rimettere le cose a posto ci ha
pensato il cavaliere. A modo suo, naturalmente, con l'eleganza e
signorilità che conosciamo, comunque l'ha fatto. Innanzitutto,
dopo aver rispolverato il pericolo comunista, ha denudato il re,
sibilando malignamente che Fini e quadrumviri erano perfettamente
informati della cosa. E che anche per loro l'alleanza con il potente
editore, al di là della comune ideologia, era cosa utile e
opportuna. Poi, con buona pace dello stesso Peppino, ha aggiunto che
non bisogna parlarne più di tanto, perché il Ciarra
è solo uno fra mille e che, come gli altri mille candidati del
popolo della libertà, non conta un cazzo. Ma proprio un cazzo.
In Parlamento ci andrà, così l'impunità è
assicurata, ma solo per fare numero. Naturalmente Ciarrapico, che del
tutto cretino non è, ha ricambiato ricordando con perfida
bonomia, che anche Berlusconi è un fascista, visto che non ha
mai onorato, a nessun titolo e in nessun modo, la ricorrenza della
Liberazione dal nazifascismo. L'avevamo notato anche noi, ma fa piacere
sentirlo dire dai suoi amici.
Come si capisce se si osserva con sguardo distaccato, si tratta della
consueta sceneggiata, dove la cialtronesca compagnia di giro che calca
le scene ormai da anni, torna a recitare, a beneficio del "popolo
ignorante", la farsa dei valori e delle appartenenze: una accesa
disputa su chi è più o meno fascista, su chi si chiama
fuori e su chi ti tira dentro, su "modernisti" e "passatisti", il tutto
per scaldare, ancora per un po', l'animo di chi è tuttora
convinto che le differenze ci sono e ci devono essere. Con buona pace,
naturalmente, della sostanziale convergenza dei due schieramenti su
tutti i temi centrali, economici e sociali, sui quali ci si appresta a
lavorare, e a lavorare male, sulla nostra pelle.
Anche su questo giornale se ne è già detto, e non passa
giorno, più ci si avvicina alla data fatidica, che i cosiddetti
programmi di governo non mostrino nuove e scontate affinità. E
non solo su progetti e fini, ma anche nella scelta degli uomini e dei
soggetti sociali che si vanno a candidare: tu prendi l'industriale tal
dei tali? e mo' ti frego, io prendo l'industrialessa tal delle
tal'altre; tu prendi il generale dei corazzieri? e io prendo il
colonnello degli incursori; tu prendi il re dei cretini? e io metto in
lista l'imperatore dei deficienti… in un crescendo inarrestabile e
demenziale che vede diventare collega (?) di partito chi comanda e chi
deve obbedire.
Nel caso dei fascisti, poi, è tutto più facile: sono
talmente tanti e sparsi un po' ovunque, quelli storici come quelli
caratteriali, quelli nostalgici come quelli irrisolti, che il problema
non si pone neanche più. Uno in più o uno in meno, uno
più in vista o uno più in camuffa, ma pensiamo davvero
che possa servire a qualcosa scandalizzarsi se il Ciarra è
un fascistone coi fiocchi?
Massimo Ortalli