Lo scorso 27 marzo, in una intervista su Il Manifesto, Veltroni
dichiarava le sue intenzioni riguardo il Dal Molin a Vicenza: "Credo
che dovremo, insieme all'amministrazione comunale di quella
città, trovare il modo di limitare al massimo ogni impatto
negativo di quella base, anche consultando i cittadini. Sapendo
però che gli impegni presi a livello internazionale da un
governo - di cui faceva parte anche la Sinistra - vanno rispettati".
Nelle prime ore della stessa mattina in cui, Il Manifesto pubblicava
tale dichiarazione, tre giovani attivisti contro il Da Molin subivano
altrettante perquisizioni da parte della Digos alla ricerca di prove in
relazione ad un attentato poco più che dimostrativo compiuto il
4 luglio 2007 contro l'oleodotto della Nato che collega le diverse
strutture militari Usa, Nato e italiane (si veda l'art. "Inform@zione -
Vicenza: disastro militare colposo" pubblicato su UN 11 del 16 marzo
scorso) presenti nel nord-Italia.
Che tale operazione poliziesca sia una montatura finalizzata alla
criminalizzazione è alquanto evidente, soprattutto perché
serve perfettamente a rivolgere contro l'opposizione al Dal Molin
l'accusa di devastazione ambientale pubblicamente sollevata contro gli
apparati militari Usa e italiani in seguito alla rottura avvenuta lo
scorso 10 marzo, pare per un incidente o per cattiva manutenzione,
della stessa tubazione interrata che ha determinato gravissime
conseguenze inquinanti per le quantità imprecisate di kerosene
disperse nei corsi d'acqua e nelle falde idriche della zona.
Ancora un giorno dopo giungeva la notizia della prevista assegnazione
delle gare d'appalto Usa per la costruzione della contestata base ad
alcune cooperative legate alla (ex) sinistra di governo, oggi PD. Tra
esse la famigerata CMC (Cooperativa Muratori e Cementieri) di Ravenna,
coop rossa con le mani in pasta in molte delle grandi opere distruttive
volute ed imposte alle popolazioni locali dai governi che si sono
succeduti in questi anni.
La montatura repressiva s'inserisce peraltro in un clima particolare
determinato a Vicenza dal clima elettorale riguardante anche le
elezioni amministrative, in cui risultano coinvolti pure settori della
stesso movimento anti-base che, illusoriamente e imprudentemente, hanno
scelto di partecipare alla competizione politica istituzionale
sostenendo di voler rappresentare le istanze di quanti hanno lottato in
questi anni contro tale progetto.
Tale scelta rischia di fare un favore alle forze politiche e allo
stesso sindaco uscente Hullweck che hanno sempre accusato gli
oppositori di essere soltanto una minoranza; infatti è
prevedibile che il voto dei vicentini contrari alla base si
dividerà tra le diverse liste che sostengono di rappresentare
tale lotta: la Sinistra-Arcobaleno; la lista Vicenza Libera, espressa
dal Presidio permanente; la lista Riscossa Democratica che raccoglie i
leghisti dissidenti di Franca Equizi; il Partito di Alternativa
Comunista, vicino al Comitato Vicenza Est. Inoltre, prevedibilmente,
non saranno pochi coloro che sceglieranno l'astensione dato che in vari
ambiti pacifisti, antimilitaristi e antimperialisti da tempo è
stata annunciata tale intenzione, coerente con l'idea che tale lotta
non può essere delegata né imprigionata in logiche di
partito, per quanto queste appaiano dissimulate o presentate come
alternative.
Come si diceva una volta: il voto divide, la lotta decide.
I prossimi mesi lo dimostreranno, qualunque sia il governo che uscirà dalle urne.
Kas