Umanità Nova, n.12 del 6 aprile 2008, anno 88

Ricordando…


Cesare Tittarelli e Duilio Rosini

Alcuni giorni fa due gravi lutti hanno colpito i compagni anarchici di Jesi, e la città stessa, in particolare tutto il micro-mondo locale della politica di sinistra e del sindacalismo. Cesare Tittarelli e Duilio Rosini se ne sono andati, a distanza di 24 ore l'uno dall'altro, rinnovando, quasi per assurdo, nel momento più cruciale della vita, l'amicizia che li aveva sempre legati nella comune fede politica e nelle umili origini, figli entrambi del sottoproletariato urbano e contadino. Duilio Rosini aveva 75 anni ed era "l'ultimo arrotino" rimasto in città. Cresciuto come ragazzo di bottega, aveva appreso il mestiere da un anarchico, Vittorio Civerchia, militante storico, antifascista, confinato a Ventotene per aver issato il 1° maggio 1930 una bandiera rossa sul campanile del duomo della città. Per Duilio il percorso di formazione è stato quindi doppio: il mestiere da una parte e l'anarchismo dall'altra, crescendo in quel tessuto cittadino, molto legato al piccolo artigianato, che nelle Marche del secolo scorso ha alimentato le idee anarchiche, anticlericali e repubblicane. Un artigiano anarchico quindi che nel suo quotidiano lavoro cercava di veicolare il pensiero e l'azione libertaria. Per molto tempo, tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, la sua bottega aveva rappresentato, nel vuoto lasciato dall'assenza di un gruppo, uno dei pochi punti di riferimento in città, sia per i giovani compagni di allora sia per la comunità locale. Un buon punto di forza era rappresentato dall'onestà intellettuale di Duilio, permeata da una vasta formazione autodidatta e da quel senso pedagogico che molto spesso caratterizza i libertari e che lo portava letteralmente a travolgere di parole ogni suo interlocutore. Cesare e Duilio avevano partecipato assieme al campeggio internazionale anarchico a Lione nel 1967, dove conobbero Daniel Cohn Bendit. In seguito, durante i momenti più bui della strategia della tensione, furono i primi, e gli unici, a Jesi, che dopo poche ore dall'assassinio di Pinelli, a bordo di una macchina, con gli altoparlanti caricati sopra, girarono per tutta la città gridando che la strage era di stato e che Pinelli era stato ammazzato. Cesare Tittarelli, diversamente da Duilio, aveva seguito un altro percorso. Nato a Collina, frazione di Santa Maria Nuova, nella campagna jesina, era arrivato in città dopo aver frequentato le scuole professionali, ed era stato assunto in una della più importanti fabbriche metalmeccaniche, la SIMA. Qui, per circa un quarto di secolo si completerà tutta la formazione politica e sindacale di Cesare, dove all'inizio conoscerà Biondini, un operaio anarchico molto attivo alla SIMA, e poi comincerà la sua militanza sindacale nella CGIL, diventando il delegato di fabbrica più combattivo e seguito, specie nei primi anni '80, quando inizieranno le lotte contro la chiusura della fabbrica stessa e il licenziamento di molti operai, subendo (assieme a tutto il Consiglio di fabbrica) anche un processo penale da cui uscirà assolto. Condizione operaia e militanza sindacale sono gli elementi che hanno formato Cesare Tittarelli come anarchico. Sempre aperto al dialogo, al confronto, alla mediazione con la stessa forza con cui rifiutava ogni forma di settarismo, faziosità ed egemonia, in primo luogo verso i suoi compagni anarchici. Per lui l'anarchismo era prima di tutto lotta politica e sindacale, controinformazione e necessità dal basso di costruire, alimentare, organizzare comitati ed iniziative per difendere, conquistare e rivendicare diritti e libertà. Alla militanza sindacale ha sempre unito quella politica, sin dalla partecipazione ai congressi della FAI negli anni '60, all'esperienza "arscinovista" nell'OAM marchigiana, alla ripresa dell'attività politica negli anni '80 con il ricostituito Centro Studi Libertari "Luigi Fabbri", per poi scegliere di ritornare, assieme ai compagni jesini, all'interno della FAI negli anni '90. È stato l'ultimo componente del Comitato disoccupati ex-SIMA, mantenuto in piedi, dopo la chiusura della fabbrica, fino a che l'ultimo disoccupato non è riuscito a trovare un reddito sicuro. Presente in tutti i comitati di lotta a livello locale contro le devastazioni ambientali (Interporto, Turbogas), contro la guerra, per la ripresa di un sindacalismo conflittuale e di base. La sua presenza in municipio era quotidiana e sempre critica, risultando così un punto di riferimento politico non solo per gli anarchici (almeno tre generazioni di compagni si sono formati grazie al suo insegnamento militante), ma anche per i militanti più critici della sinistra cittadina. Molta gente ha partecipato ai funerali di Cesare e Duilio. Non solo i compagni delle Marche, ma esponenti sindacali, dei partiti di sinistra, ex-sindaci, militanti dei centri sociali e gente comune, popolo, rappresentanti di quel tessuto sociale proletario, duro ed ingrato, ma allo stesso tempo solidale, schietto e coerente, che molto ha fatto per costruire una società più giusta e libera. La perdita di Cesare e Duilio lascia un vuoto enorme che i compagni cercheranno di colmare nell'impegno politico di sempre. A ricordo dei due, sabato 5 aprile, presso la sede del Centro Studi Libertari "Luigi Fabbri" di Jesi, in Via Posterma 8, si terrà una cena sociale.
Giordano Cotichelli

N.B.: nella foto di tre anni fa Cesare e Duilio, rispettivamente il terzo ed il quarto da sinistra.

Franco Salomone

Il 24 marzo, dopo una lunga e devastante malattia, è mancato, pochi giorni prima di compiere i 60 anni (era nato a Celle Ligure il 5 aprile 1948), Franco Salomone, storico militante dell'anarchismo savonese e italiano.
Si era avvicinato giovanissimo al movimento anarchico stringendo rapporti con il gruppo anarchico Pietro Gori di Savona e in particolare con Umberto Marzocchi. Aveva poi aderito alla FAGI (Federazione Anarchica Giovanile Italiana). Allo scioglimento di questa aveva costituito con altri giovani anarchici savonesi il gruppo anarchico Bakunin, spostandosi progressivamente su posizioni anarchiche di classe e piattaformiste.
Io l'ho conosciuto alla fine degli anni '60 e insieme - agli inizi degli anni '70 - siamo stati tra i promotori della costituzione dell'Organizzazione Anarchica Ligure che raccoglieva gruppi anarchici di tutta la Liguria (l'Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica di Savona - ex gruppo Bakunin -, l'Organizzazione dei Comunisti Libertari di Genova e i gruppi comunisti libertari di Sanremo e Imperia).
Da qui l'inizio di un percorso di aggregazione di gruppi e organizzazioni comuniste libertarie di tutta Italia, culminato nel primo Convegno Nazionale dei Lavoratori Anarchici a cui parteciparono oltre cento compagni provenienti da tutte le parti del paese.
Franco Salomone, grande tempra di militante e di organizzatore, è stato uno degli artefici principali di quel percorso e di quell'esperienza, che molti compagni ancora ricordano - nonostante evidenti limiti - come fondativa della propria impostazione politica.
Tuttavia la mancanza di capacità di sostanziare questo importante risultato, sia dal punto di vista politico che da quello organizzativo, provocò negli anni successivi un lento dissolvimento dell'area piattaformista e, all'interno dell'OAL una grave crisi interna.
I miei rapporti politici con Franco si sono interrotti, piuttosto duramente, allora e non sono mai più ripresi. So tuttavia che negli anni successivi ha continuato a promuovere esperienze di carattere piattaformista, tra le quali la costituzione della Federazione Comunista Libertaria Ligure, e a mantenere stretti rapporti con l'omologa area libertaria francese.
In seguito si è dedicato principalmente all'attività sindacale, sempre militando nella CGIL savonese, per la quale è stato per anni responsabile del settore sanità e dal 1997 al 2003 (al primo insorgere della malattia) Segretario Generale della Funzione Pubblica.
In seguito ha aderito alla FdCA (Federazione dei Comunisti Anarchici) e appunto in paio di scadenze pubbliche di questa organizzazione ho avuto l'occasione di reincontrarlo. L'ultima volta, mi pare, proprio alla festa nazionale della FdCA che si è tenuta al CSOA Pinelli di Genova qualche anno fa.
Negli ultimi tempi, già gravemente ammalato non aveva mai rinunciato ai suoi "vizi" (che peraltro condivido e apprezzo): bere, fumare, mangiare. Credo che la sua sia stata una scelta cosciente: rifiutarsi di vivere come un ammalato e cogliere fino all'ultimo quello che la vita poteva di piacevole offrirgli. Rispetto la sua scelta e anche se i nostri rapporti personali erano diventati piuttosto freddi, saluto la sua ribellione, la sua cocciutaggine, il suo impegno.
Ciao Franco.
Guido Barroero

Giuseppe Lusciano

A 84 anni il compagno Giuseppe Lusciano ha compiuto il suo percorso. Alto, smilzo, con occhi vispi ed orgogliosi, è stato un instancabile diffusore della pubblicistica libertaria, in tempi e luoghi in cui l'idea anarchica è stata ed è movimentata da intelligenze solitarie piuttosto che da una coscienza collettiva. Nei colloqui occorsi per strada, ricordava le sue origini da S.M. Capua Vetere, le stesse di Malatesta e la matura scelta di campo libertaria in chiave antifascista ed anticlericale, dopo un'iniziale avvicinamento al movimento repubblicano. Si è sempre raccapricciato per la mentalità servile ed accondiscendente verso ogni forma di prevaricazione autoritaria che assedia la società meridionale. Rimane un ricordo vivo della sua dignità, integrità morale e di un bel sorriso, dolce, che rallegrava sempre la sua curiosità intellettuale.
Ciao Peppe.
Castellammare di Stabia 26\03\2008
A. Rizzo

Maria Antonetti

A dieci giorni dalla scomparsa del figlio Sisco - Franco Antonetti - di Firenze se ne è andata anche Maria, la sua mamma.
Aveva 93 anni ed era una compagna  libertaria da sempre vicina alle nostre idee.
La ricordano con simpatia ed affetto i compagni a lei vicini e i tanti che l’hanno conosciuta.

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