Cesare Tittarelli e Duilio Rosini
Alcuni giorni fa due gravi lutti hanno colpito i compagni anarchici di
Jesi, e la città stessa, in particolare tutto il micro-mondo
locale della politica di sinistra e del sindacalismo. Cesare Tittarelli
e Duilio Rosini se ne sono andati, a distanza di 24 ore l'uno
dall'altro, rinnovando, quasi per assurdo, nel momento più
cruciale della vita, l'amicizia che li aveva sempre legati nella comune
fede politica e nelle umili origini, figli entrambi del
sottoproletariato urbano e contadino. Duilio Rosini aveva 75 anni ed
era "l'ultimo arrotino" rimasto in città. Cresciuto come ragazzo
di bottega, aveva appreso il mestiere da un anarchico, Vittorio
Civerchia, militante storico, antifascista, confinato a Ventotene per
aver issato il 1° maggio 1930 una bandiera rossa sul campanile del
duomo della città. Per Duilio il percorso di formazione è
stato quindi doppio: il mestiere da una parte e l'anarchismo
dall'altra, crescendo in quel tessuto cittadino, molto legato al
piccolo artigianato, che nelle Marche del secolo scorso ha alimentato
le idee anarchiche, anticlericali e repubblicane. Un artigiano
anarchico quindi che nel suo quotidiano lavoro cercava di veicolare il
pensiero e l'azione libertaria. Per molto tempo, tra la fine degli anni
'70 e l'inizio degli anni '80, la sua bottega aveva rappresentato, nel
vuoto lasciato dall'assenza di un gruppo, uno dei pochi punti di
riferimento in città, sia per i giovani compagni di allora sia
per la comunità locale. Un buon punto di forza era rappresentato
dall'onestà intellettuale di Duilio, permeata da una vasta
formazione autodidatta e da quel senso pedagogico che molto spesso
caratterizza i libertari e che lo portava letteralmente a travolgere di
parole ogni suo interlocutore. Cesare e Duilio avevano partecipato
assieme al campeggio internazionale anarchico a Lione nel 1967, dove
conobbero Daniel Cohn Bendit. In seguito, durante i momenti più
bui della strategia della tensione, furono i primi, e gli unici, a
Jesi, che dopo poche ore dall'assassinio di Pinelli, a bordo di una
macchina, con gli altoparlanti caricati sopra, girarono per tutta la
città gridando che la strage era di stato e che Pinelli era
stato ammazzato. Cesare Tittarelli, diversamente da Duilio, aveva
seguito un altro percorso. Nato a Collina, frazione di Santa Maria
Nuova, nella campagna jesina, era arrivato in città dopo aver
frequentato le scuole professionali, ed era stato assunto in una della
più importanti fabbriche metalmeccaniche, la SIMA. Qui, per
circa un quarto di secolo si completerà tutta la formazione
politica e sindacale di Cesare, dove all'inizio conoscerà
Biondini, un operaio anarchico molto attivo alla SIMA, e poi
comincerà la sua militanza sindacale nella CGIL, diventando il
delegato di fabbrica più combattivo e seguito, specie nei primi
anni '80, quando inizieranno le lotte contro la chiusura della fabbrica
stessa e il licenziamento di molti operai, subendo (assieme a tutto il
Consiglio di fabbrica) anche un processo penale da cui uscirà
assolto. Condizione operaia e militanza sindacale sono gli elementi che
hanno formato Cesare Tittarelli come anarchico. Sempre aperto al
dialogo, al confronto, alla mediazione con la stessa forza con cui
rifiutava ogni forma di settarismo, faziosità ed egemonia, in
primo luogo verso i suoi compagni anarchici. Per lui l'anarchismo era
prima di tutto lotta politica e sindacale, controinformazione e
necessità dal basso di costruire, alimentare, organizzare
comitati ed iniziative per difendere, conquistare e rivendicare diritti
e libertà. Alla militanza sindacale ha sempre unito quella
politica, sin dalla partecipazione ai congressi della FAI negli anni
'60, all'esperienza "arscinovista" nell'OAM marchigiana, alla ripresa
dell'attività politica negli anni '80 con il ricostituito Centro
Studi Libertari "Luigi Fabbri", per poi scegliere di ritornare, assieme
ai compagni jesini, all'interno della FAI negli anni '90. È
stato l'ultimo componente del Comitato disoccupati ex-SIMA, mantenuto
in piedi, dopo la chiusura della fabbrica, fino a che l'ultimo
disoccupato non è riuscito a trovare un reddito sicuro. Presente
in tutti i comitati di lotta a livello locale contro le devastazioni
ambientali (Interporto, Turbogas), contro la guerra, per la ripresa di
un sindacalismo conflittuale e di base. La sua presenza in municipio
era quotidiana e sempre critica, risultando così un punto di
riferimento politico non solo per gli anarchici (almeno tre generazioni
di compagni si sono formati grazie al suo insegnamento militante), ma
anche per i militanti più critici della sinistra cittadina.
Molta gente ha partecipato ai funerali di Cesare e Duilio. Non solo i
compagni delle Marche, ma esponenti sindacali, dei partiti di sinistra,
ex-sindaci, militanti dei centri sociali e gente comune, popolo,
rappresentanti di quel tessuto sociale proletario, duro ed ingrato, ma
allo stesso tempo solidale, schietto e coerente, che molto ha fatto per
costruire una società più giusta e libera. La perdita di
Cesare e Duilio lascia un vuoto enorme che i compagni cercheranno di
colmare nell'impegno politico di sempre. A ricordo dei due, sabato 5
aprile, presso la sede del Centro Studi Libertari "Luigi Fabbri" di
Jesi, in Via Posterma 8, si terrà una cena sociale.
Giordano Cotichelli
N.B.: nella foto di tre anni fa Cesare e Duilio, rispettivamente il terzo ed il quarto da sinistra.
Franco Salomone
Il 24 marzo, dopo una lunga e devastante malattia, è mancato,
pochi giorni prima di compiere i 60 anni (era nato a Celle Ligure il 5
aprile 1948), Franco Salomone, storico militante dell'anarchismo
savonese e italiano.
Si era avvicinato giovanissimo al movimento anarchico stringendo
rapporti con il gruppo anarchico Pietro Gori di Savona e in particolare
con Umberto Marzocchi. Aveva poi aderito alla FAGI (Federazione
Anarchica Giovanile Italiana). Allo scioglimento di questa aveva
costituito con altri giovani anarchici savonesi il gruppo anarchico
Bakunin, spostandosi progressivamente su posizioni anarchiche di classe
e piattaformiste.
Io l'ho conosciuto alla fine degli anni '60 e insieme - agli inizi
degli anni '70 - siamo stati tra i promotori della costituzione
dell'Organizzazione Anarchica Ligure che raccoglieva gruppi anarchici
di tutta la Liguria (l'Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica di
Savona - ex gruppo Bakunin -, l'Organizzazione dei Comunisti Libertari
di Genova e i gruppi comunisti libertari di Sanremo e Imperia).
Da qui l'inizio di un percorso di aggregazione di gruppi e
organizzazioni comuniste libertarie di tutta Italia, culminato nel
primo Convegno Nazionale dei Lavoratori Anarchici a cui parteciparono
oltre cento compagni provenienti da tutte le parti del paese.
Franco Salomone, grande tempra di militante e di organizzatore,
è stato uno degli artefici principali di quel percorso e di
quell'esperienza, che molti compagni ancora ricordano - nonostante
evidenti limiti - come fondativa della propria impostazione politica.
Tuttavia la mancanza di capacità di sostanziare questo
importante risultato, sia dal punto di vista politico che da quello
organizzativo, provocò negli anni successivi un lento
dissolvimento dell'area piattaformista e, all'interno dell'OAL una
grave crisi interna.
I miei rapporti politici con Franco si sono interrotti, piuttosto
duramente, allora e non sono mai più ripresi. So tuttavia che
negli anni successivi ha continuato a promuovere esperienze di
carattere piattaformista, tra le quali la costituzione della
Federazione Comunista Libertaria Ligure, e a mantenere stretti rapporti
con l'omologa area libertaria francese.
In seguito si è dedicato principalmente all'attività
sindacale, sempre militando nella CGIL savonese, per la quale è
stato per anni responsabile del settore sanità e dal 1997 al
2003 (al primo insorgere della malattia) Segretario Generale della
Funzione Pubblica.
In seguito ha aderito alla FdCA (Federazione dei Comunisti Anarchici) e
appunto in paio di scadenze pubbliche di questa organizzazione ho avuto
l'occasione di reincontrarlo. L'ultima volta, mi pare, proprio alla
festa nazionale della FdCA che si è tenuta al CSOA Pinelli di
Genova qualche anno fa.
Negli ultimi tempi, già gravemente ammalato non aveva mai
rinunciato ai suoi "vizi" (che peraltro condivido e apprezzo): bere,
fumare, mangiare. Credo che la sua sia stata una scelta cosciente:
rifiutarsi di vivere come un ammalato e cogliere fino all'ultimo quello
che la vita poteva di piacevole offrirgli. Rispetto la sua scelta e
anche se i nostri rapporti personali erano diventati piuttosto freddi,
saluto la sua ribellione, la sua cocciutaggine, il suo impegno.
Ciao Franco.
Guido Barroero
Giuseppe Lusciano
A 84 anni il compagno Giuseppe Lusciano ha compiuto il suo percorso.
Alto, smilzo, con occhi vispi ed orgogliosi, è stato un
instancabile diffusore della pubblicistica libertaria, in tempi e
luoghi in cui l'idea anarchica è stata ed è movimentata
da intelligenze solitarie piuttosto che da una coscienza collettiva.
Nei colloqui occorsi per strada, ricordava le sue origini da S.M. Capua
Vetere, le stesse di Malatesta e la matura scelta di campo libertaria
in chiave antifascista ed anticlericale, dopo un'iniziale avvicinamento
al movimento repubblicano. Si è sempre raccapricciato per la
mentalità servile ed accondiscendente verso ogni forma di
prevaricazione autoritaria che assedia la società meridionale.
Rimane un ricordo vivo della sua dignità, integrità
morale e di un bel sorriso, dolce, che rallegrava sempre la sua
curiosità intellettuale.
Ciao Peppe.
Castellammare di Stabia 26\03\2008
A. Rizzo
Maria Antonetti
A dieci giorni dalla scomparsa del figlio Sisco - Franco Antonetti - di
Firenze se ne è andata anche Maria, la sua mamma.
Aveva 93 anni ed era una compagna libertaria da sempre vicina alle nostre idee.
La ricordano con simpatia ed affetto i compagni a lei vicini e i tanti che l’hanno conosciuta.