Umanità Nova, n.13 del 13 aprile 2008, anno 88

Il generale e la beghina. Bordelli e sacra famiglia


Ultimi scampoli di campagna elettorale all'insegna delle antiche tradizioni del popolo italico: machismo becero, la bellezza della vita militare per "soli maschi", con femmine a casa da ingravidare nella famiglia legittima fondata sul matrimonio e puttane al fronte con cui placare i naturali giovani virili istinti. L'Italia del generale Del Vecchio e della Binetti, entrambi candidati di punta del Pd veltroniano, rilasciano interviste e dichiarazioni a ruota libera, parlano con il cuore, senza veli o peli sulla lingua. Ci dicono della serena ipocrisia che regna sovrana sul finto agone di queste elezioni e del futuro che ci aspetta: anzi, del presente in cui viviamo. Da un lato, pensiamo che nessuno sia adatto a fare il soldato o debba farlo: omo, etero, maschio, donna, dove starebbe la "parità"? Nel poter ammazzare legalmente? Quindi non ci interessa la "battaglia per i diritti" che sbandiera l'opportunità di fare "come tutti" per libertà. Libertà di servire in tuta mimetica gli interessi di Bush e compagnia di giro massacrando civili ai quattro capi del globo? Altrettanto rivoltante è però, dicevamo, la maschia e becera esclusione "perchè inadatti" dei gay da stellette e mostrine che vorrebbe Del Vecchio. Il quale sproloquia anche sulla bontà della missione in Iraq e sulla utilità di bordelli al fronte per le "esigenze" dei "ragazzi". Già, i bordelli. Eppure il generale è stato in Bosnia, Macedonia, Kosovo, sa bene dei giri di prostituzione messi su dalle stesse forze Onu, delle denunce di organizzazioni internazionali. Il generale sa bene che dove arrivano soldati stranieri la criminalità prende subito in mano il "business" a qualsiasi latitudine e longitudine. Ineffabile, immagina sane copule liberatrici dell'eccesso di ormoni per i giovani "al fronte". Che bello, uno che parla chiaro. Come chiaro parla la Binetti, la più nota teodem d'Italia, l'arcinemica di unioni civili, procreazione assistita, per non parlare di divorzio e aborto. Perchè si sa, il matrimonio che sancisce l'unione tra uomo e donna è la base del vivere civile e solo nel matrimonio possono, devono, nascere i figli. Tutti gli altri, i non sposati, gay e lesbiche che chiedono un riconoscimento giuridico alle loro unioni, quelli che vorrebbero avere un figlio senza impiantarsi tre ovuli a caso, chi divorzia, chi abortisce, tutta, insomma, quella "massa di dannati", fuori, nella marginalità e nell'illegalità. Così, avremo un paese dove il padrone e l'operaio gioiosi lavoreranno per il bene comune che è il profitto dell'impresa (che appartenga solo al padrone è un dettaglio); la sera l'operaio tornerà stanco ma felice a casa, dove, attorno al desco, la prole rumorosa e la moglie sorridente, consumeranno assieme a lui la cena davanti ad un programma "Raiset" di rimbecillimento (scusate: intrattenimento) popolare; forse, qualche famiglia sarà turbata, ma proprio solo turbata, dalla notizia che un fratello, un cugino, un parente, un vicino, questa sera atterrano a Ciampino in bara tricolore, "accolti dalle massime autorità dello stato". Del resto chissà quante avventure avrà vissuto negli ultimi mesi il poveretto in quei paesi esotici, quali amori di donne velate avrà conquistato con il vile metallo del dollaro o dell'euro (o magari pure gratis e non offerto...). Bah, non stiamo tanto a pensare, già si è fatto tardi, e domani si deve andare a scuola e al lavoro, felici e sorridenti, come i faccioni ancora appesi nelle strade.

W.B.

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