Umanità Nova, n.13 del 13 aprile 2008, anno 88

Olimpiadi. La Cina è vicina


L'origine degli antichi giochi olimpici (che per l'esattezza venivano chiamati Agoni, parola che ha la stessa radice di agonia, e che significa sforzo, competizione) si è persa nei meandri del tempo, anche se esistono molte leggende circa le loro origini. Dalla prima registrazione scritta della celebrazione dei giochi ad Olimpia risalente al 776 a.C., si sa che all'inizio i Giochi erano essenzialmente una manifestazione locale, ma che divennero lentamente sempre più importanti in tutta la Grecia antica, raggiungendo l'apice nel VI e nel V secolo a.C. Il numero di gare crebbe e le celebrazioni si estendevano su più giorni, mentre i vincitori delle gare erano ammirati e immortalati in poemi e statue. I Giochi si tenevano ogni quattro anni e il periodo tra le due celebrazioni divenne noto come Olimpiade. Le Olimpiadi avevano anche un'importanza religiosa, in quanto si svolgevano in onore di Zeus, del quale una enorme statua si trovava ad Olimpia, ma soprattutto segnavano una sorta di spazio neutrale nei complicati conflitti politici e militari che opponevano tra di loro le varie città-stato dell'antica Grecia. È noto che per l'intera durata dei giochi venivano sospese le guerre in tutta la Grecia (durante la tregua chiamata Ekecheiria) ed anche la scelta stessa di Olimpia come sede dei giochi era legata al fatto che questa città era sempre stata neutrale durante le guerre tra le città elleniche. Inoltre, anche se prima delle gare venivano a volte effettuate delle selezioni nelle diverse città, non esistevano rappresentanze "ufficiali" delle varie città: la partecipazione era aperta a tutti i greci liberi che potessero vantare antenati greci (anche se naturalmente la necessità di dedicare molto tempo agli allenamenti comportava che solo i membri delle classi più facoltose potessero prendere in considerazione di partecipare), mentre le donne erano completamente escluse.
I Giochi persero comunque gradualmente importanza con l'aumentare del potere Romano in Grecia. Quando il cristianesimo divenne la religione ufficiale dell'Impero Romano, i Giochi Olimpici vennero visti come una festa "pagana", e nel 393, l'imperatore Teodosio I li vietò, ponendo fine a una storia durata 1000 anni.
Il mito delle Olimpiadi sopravvisse comunque alla scomparsa della Grecia Classica. Già nel XVII secolo un festival sportivo che prendeva il nome dalle Olimpiadi si teneva in Inghilterra, mentre nei secoli seguenti eventi simili vennero organizzati in Francia e in Grecia. L'interesse nella rinascita dei Giochi Olimpici crebbe quando le rovine dell'antica Olimpia vennero scoperte da archeologi tedeschi alla metà del XIX secolo. Contemporaneamente un aristocratico francese, il barone Pierre de Coubertin, cercava una spiegazione alla sconfitta francese nella guerra franco-prussiana (1870-1871) giungendo alla conclusione che i francesi non avevano ricevuto un'educazione fisica adeguata, mentre l'esperienza della Comune di Parigi mostrava quanto la classe lavoratrice mancasse di "spirito nazionale". De Coubertin propose così la rinascita dei Giochi Olimpici per "permettere ai giovani del mondo di confrontarsi in una competizione sportiva, piuttosto che in guerra", convinto che la diffusione delle pratiche sportive avrebbe permesso di raggiungere entrambi gli obiettivi, di diffondere tanto "l'educazione fisica" quanto "lo spirito nazionale" indispensabili per una buona preparazione militare di massa. Le idee di De Coubertin trovarono ampio eco sulla stampa quotidiana che alla fine del XIX Secolo si stava diffondendo in tutta Europa e nel NordAmerica. I quotidiani inglesi e francesi che avevano avuto il loro boom di vendite durante la Guerra di Crimea avevano infatti "in tempo di pace sostituito le corrispondenze di guerra con le cronache delle gare sportive" (come scrisse Mark Twain) che, dopo essere state per secoli appannaggio delle elite aristocratiche, erano perfette per suscitare l'interesse del pubblico dei nuovi lettori dei ceti borghesi colti. Forte dell'appoggio della stampa internazionale, De Coubertin organizzò nel giugno 1894 un congresso "mondiale" presso l'università della Sorbona a Parigi e nell'ultimo giorno del congresso, venne deciso che i primi Giochi Olimpici dell'era moderna si sarebbero svolti nel 1896 ad Atene, in Grecia, la terra dove erano nati in antichità. Fu fondato il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) per organizzare l'evento, sotto la presidenza del greco Demetrius Vikelas, mentre nei paesi che aderivano alla manifestazioni vennero istituiti dei Comitati Olimpici Nazionali col compito di selezionare le rappresentanze dei vari stati. Ammantate di retorica pacifista, ma perfettamente funzionali alle esigenze di addestramento militare di massa e di rinvigorimento dello spirito patriottico degli Stati che da lì a poco avrebbero mandato decine di milioni di loro cittadini a scannarsi nelle trincee della Prima Guerra Mondiale, nacquero così le Olimpiadi moderne. La loro popolarità crebbe con la diffusione delle tecnologie di comunicazione: i quotidiani prima, poi la radio e i cinegiornali ed infine la televisione (la prima TV nazionale fu inaugurata dalla Germania nazista proprio in occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936) trasformarono in oggetto di interesse popolare quello che fino a pochi decenni prima era stato il passatempo di giovani ricchi annoiati. L'ideologia sportiva col suo spirito di sacrificio, competizione e disciplina e con tutte le sue insulsaggini, da "vinca il migliore" a "l'importante non è vincere, ma partecipare", si è rivelata così un potente strumento di consenso per le strutture del dominio, fatta propria di volta in volta dai fascisti e dai nazisti quanto dalle dittature marxiste, dai sostenitori della meritocrazia capitalista quanto dalle religioni di tutto il pianeta. Ammainata da subito l'idea di fare come nell'antica Grecia e di proclamare un periodo di tregua bellica durante i Giochi (durante le due Guerre Mondiali, semplicemente i Giochi del 1916, del 1940 e del 1944 non sono stati disputati) e trasformate in una gara tra squadre nazionali che si svolge di volta in volta in città e paesi diversi, le Olimpiadi moderne sono state da parte loro delle piccole guerre simulate non solo sul terreno di gara (basti pensare alla sfrenata competizione tra USA ed Europa Occidentale da una parte ed Unione Sovietica e paesi satelliti dall'altra durante il periodo della Guerra Fredda), ma anche su quello diplomatico. Ogni Olimpiade è stata di fatto anche un evento politico, al di là di tutte le lacrimevoli retoriche sulla purezza dello sport ed altre cretinerie del genere, che vengono puntualmente citate quando sono i movimenti di liberazione ad utilizzare il palcoscenico olimpico per dare visibilità alle proprie lotte e alle proprie proteste (ad esempio, i giornali e le televisioni della penisola un paio d'anni fa si sono riempiti di solerti sostenitori degli "ideali" sportivi in occasione delle decine di contestazioni che hanno accompagnato il passaggio nelle città italiane della fiamma olimpica sponsorizzata dalla Coca-Cola Company diretta verso le Olimpiadi invernali di Torino).

Le Olimpiadi di Pechino che inizieranno ufficialmente con la cerimonia d'apertura dell'8 agosto sono il suggello e l'apoteosi del regime postmaoista che grazie al suo mix di controllo poliziesco in puro stile marxista-leninista e selvaggio sfruttamento dei lavoratori in puro stile neoliberista sta diventando una delle principali potenze economiche planetarie. La Cina, però, è un paese tutt'altro che pacificato a livello sociale e proprio per questo la potente macchina repressiva del Partito Comunista è sempre all'opera. Solo nel 2006, secondo Human Rights Watch, tra le 50mila e le 70mila persone sono state imprigionate per aver partecipato a campagne di boicottaggio, scioperi illegali ed azioni di resistenza contro gli sgomberi forzati, mentre tra le 150 e le 250 persone sarebbero state uccise in scontri con l'esercito e la polizia. Per dare un'idea del livello di repressione, basti pensare a quello che è successo nella città di Guangzhou solo poche settimane fa. Al termine del capodanno cinese i 700 dipendenti del calzaturificio Panyu Li Chang Footwear Co. Ltd hanno fatto ritorno in fabbrica per riprendere il lavoro e incassare gli arretrati dello stipendio, ma hanno trovato una brutta sorpresa: i cancelli chiusi e il proprietario scomparso insieme a tutti i macchinari e a dieci anni di trattenute assicurative mai versate. Rimasti anche senza alloggio (la maggior parte di loro viveva in dormitori accanto alla fabbrica), in 400 si sono incamminati pacificamente verso gli uffici governativi della città, ma lungo il tragitto sono stati bloccati dalla polizia che ha effettuato una cinquantina di fermi e cinque arresti con l'accusa di assembramento e manifestazione illegali. Secondo il quotidiano Panyu Daily, cinque lavoratori sono stati costretti a salire su un palco mentre veniva pubblicamente dichiarato il loro arresto. Fatti come questi sono cronaca quotidiana in tutta la Cina, ma vengono sistematicamente ignorati dai media e dai governi occidentali, che certo non hanno nessuna voglia di rimproverare ai cinesi di fare quello che vorrebbero fare loro. In occasione dell'approssimarsi delle Olimpiadi, anzi, l'11 marzo il Dipartimento di Stato USA ha ufficialmente depennato la Repubblica Popolare Cinese dalla lista nera delle nazioni dove si commettono le più gravi violazioni dei diritti umani. Solo la disperata rivolta tibetana (dove la repressione cinese ha provocato tra le 20 e le 150 vittime, a seconda delle fonti) ha riproposto la questione della violazione dei diritti umani in Cina, ma ancora una volta i governanti occidentali se la sono cavata con salomoniche dichiarazioni di condanna accompagnate da disponibilità ed "apertura"(???). Solo il presidente francese Sarkozy s'è spinto a dichiarare che parteciperà alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi prevista per il prossimo 8 agosto, se "termineranno le violenze contro la popolazione tibetana e saranno liberati i prigionieri" e che deciderà se partecipare o meno all'inaugurazione dei giochi solo dopo aver verificato "l'evoluzione degli avvenimenti" e dopo essersi consultato con i leader europei. Nessuno, comunque, parla di boicottare i Giochi Olimpici. Dopotutto, le televisioni di tutto il mondo hanno già sborsato montagne di quattrini per poter trasmettere in diretta le Olimpiadi, che sono sponsorizzate d'altra parte dalle più potenti multinazionali europee e nordamericane (a partire dall'immancabile Coca-Cola Company). E poi è per conto delle multinazionali europee e nordamericane che lavorano le fabbriche cinesi dove si consumano i peggiori sorprusi...

robertino

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