Umanità Nova, n.13 del 13 aprile 2008, anno 88

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Almese: non passano i Re Ma(n)gi

Giovedì 3 aprile. Siamo ad Almese, in bassa val Susa, non lontano dalle pendici del Musiné, la montagna che annuncia ai visitatori la Valle No Tav. Nella via antistante l'auditorium "Magnetto" già dalle 19 comincia ad adunarsi la folla delle grandi occasioni con bandiere, fischietti, striscioni. In testa una cinquantina di attivisti No Tav in abiti stile Palestina anno zero che mettono in scena un presepe fuori stagione, un presepe decisamente laico. Davanti c'è uno striscione con la scritta "Re Ma(n)gi? Assenti! Presepe? Presente!": un vento teso che spira da giorni tende le bandiere – quasi tutte no Tav – tranne quelle rosse e nere degli anarchici.
Il comitato di accoglienza così predisposto attendeva l'arrivo di Bresso, Saitta e Chiamparino, rispettivamente a capo di Regione Piemonte, Provincia e Comune di Torino. Ufficialmente venivano per una serata elettorale del PD: in realtà si trattava di una sfida, una sfida al movimento No Tav. I tre Re Ma(n)gi provavano ad entrare in un territorio dove da anni – in veste ufficiale – non avevano osato mettere piede. Volevano vendere le meraviglie di una Valle Susa attraversata dal Tav, raccontare la solita favola del progresso, condire la minestra con la promessa di compensi miliardari ed il miraggio del lavoro. Soprattutto volevano dimostrare che la lunga opera di mediazione del centro sinistra aveva dato i suoi frutti, rompendo il fronte che aveva obbligato le truppe mandate da Berlusconi a fare dietrofront nel dicembre del 2005.
I fatti sono noti. I tre Re Ma(n)gi si sono fermati a Rivoli, dove hanno improvvisato (?) una conferenza stampa nella quale hanno denunciato il clima di intimidazione e violenza creato in Valle da una minoranza di irriducibili che terrebbero in scacco la maggioranza della popolazione. I pochi funzionari PD arrivati ad Almese sono entrati e usciti dalla sala tra i fischi e gli sberleffi che ne hanno accompagnato il tragitto attraverso un muro umano di No Tav, migliaia di persone.
Ad Almese c'era il solito popolo No Tav: uomini e donne di tutte le età, moltissimi bambini e la ferma determinazione a ribadire la propria opposizione alla realizzazione di un'opera devastante ed inutile, destinata ad assorbire ingenti risorse pubbliche per fini privatissimi.
Lo scacco subito ad Almese dai rappresentanti delle principali istituzioni locali piemontesi è il segno inequivocabile che la strategia della carota messa in piedi dal governo Prodi per vincere la resistenza della popolazione coinvolta dal progetto della nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità tra Torino e Lyon, continua ad incontrare notevoli difficoltà. Il movimento, messo di fronte alla pretesa arrogante di fare messe elettorale del lungo lavorio ai fianchi intrapreso dai si tav del centro sinistra, ha reagito con forza e con orgoglio, rispedendo al mittente la provocazione dei Tre Re Ma(n)gi. Le reazioni scomposte del giorno successivo, giunte a tacciare di fascismo i contestatori della Torino Lyon, il riproporre ossessivamente il clichè usurato del pericolo anarchico, sono il segnale inequivocabile delle gravi difficoltà di una compagine di centro sinistra ormai alle corde.
Onan

Bologna: in piazza contro sessisti e fascisti

2 aprile
Duemila persone in piazza Maggiore hanno contestato la presenza intollerante e violenta di Giuliano Ferrara che presentava la sua lista "Aborto? No, grazie". Già un'ora prima dell'arrivo di Ferrara e Salizzoni (candidato alla Camera per la Regione Emilia Romagna) un gruppo di donne si posiziona sotto il palco preparandosi alla contestazione. La neonata Rete per l'autodeterminazione (che comprende le varie realtà dei centri sociali bolognesi) si era data appuntamento alle 18 in piazza del Nettuno, che già da ore blindata dalle forze dell'ordine. La Rete delle Donne e i collettivi femministi non sono presenti in piazza. Salizzoni nei giorni precedenti aveva invitato le realtà di donne, affermando di volere essere difeso dalle femministe. Si preferisce quindi il silenzio, evitando di fare pubblicità e dare visibilità a questi personaggi, non cogliendo provocazioni elettorali. Piazza Maggiore si riempie comunque pian piano di uomini e donne, che con fischi, striscioni, urla, coprono le parole vergognose di questi personaggi. Ferrara invita le persone a entrare in piazza, ma per farsi sentire è costretto a urlare. Il comizio si trasforma in botta e risposta tra Ferrara e le prime file di contestazione, lancio e rilancio di uova, pomodori,monetine e quant'altro. Cominciano le cariche da parte della polizia, che causano una decina di feriti . Sette i denunciati con accuse che vanno da danneggiamento a resistenza a pubblico ufficiale. Ancora tensione quando Ferrara è costretto a lasciare la piazza e la polizia cerca di disperdere i manifestanti. Un gruppo riesce infine a conquistare il palco, strappando le bandiere e ribadendo che nessuno può decidere sui nostri corpi, nessuno può scegliere per noi ciò che è giusto o sbagliato e che la difesa della vita a tutti i costi si sta tramutando in un controllo continuo dei nostri corpi.

4 aprile
Nel tardo pomeriggio era previsto in Piazza Maggiore il comizio del fascista Stefano Morselli (La Destra-Fiamma Tricolore), un senatore ed ex-picchiatore bolognese che recentemente ha aggredito pure i commessi parlamentari, un partito che accoglie tra le sue file neonazisti come Maurizio Boccacci e Piero Puschiavo. Dopo i volantinaggi della mattina, alle 16 l'Assemblea Antifascista Permanente ha organizzato un presidio comunicando con i passanti che dopo poche ore ci sarebbero stati dei fascisti in Piazza Maggiore, gli stessi che durante la notte picchiano militanti dei centri sociali, migranti, gay, lesbiche e che di giorno vengono autorizzati a blaterare nelle piazza italiane, inneggiando a valori quali la famiglia tradizionale, la patria, la difesa della vita, l'odio per la diversità. I fasci aprono il loro comizio con l'inno d'Italia, sparando in aria palloncini bianchi rossi e verdi. Con un corteo vivace e musicale si è raggiunta piazza del Nettuno dove a poche centinaia di metri dal palco, oltre un migliaio di persone hanno partecipato al rumorosissimo presidio promosso dai centri sociali: slogan, urla, fischi, cori di canzoni di lotta hanno sovrastato le parole di Morselli. Pochissimi invece i partecipanti al comizio, tanto che Morselli ha rimproverato le forze dell'ordine per la scelta di chiudere ogni accesso a Piazza Maggiore. Il presidio si è poi spostato in corteo da Piazza Nettuno alla vicina Piazza San Francesco: apriva il camion e lo striscione di Crash ("Contro fascismo razzismo e sessismo").

In entrambe le occasioni la risposta della città è stata forte e in modalità diverse, ma tutte legate da un filo: l'opposizione a chi fa dell'attacco alle libertà individuali, il proprio cavallo di battaglia. Ragazze e ragazzi delle superiori, delle università, dei centri sociali, ma soprattutto le persone che vivono Bologna, donne e uomini in una variegata e popolata piazza, che non hanno potuto tacere davanti alla provocazione di lanciare due comizi carichi di intolleranza, come quelli di Ferrara e de La Destra. Una risposta radicale che ha ribadito le tensioni che attraversano la città e che ha visto una buona interazione tra la città e il movimento, dando nuove forze per rilanciare le lotte che, dall'antisessismo all'autodeterminazione, dall'antifascismo all'autogestione, all'occupazione, sono presenti a Bologna. Un bilancio positivo quindi quello dei due momenti vissuti in città, che incitano a continuare le lotte tentando di allargarle ulteriormente nel tentativo di dare risposte unitarie e forti, ad attacchi da parte del potere, sempre più aggressivi e capillari.
RedB

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