Umanità Nova, n.14 del 20 aprile 2008, anno 88

Letture. Giovanni Domaschi: Le mie prigioni e le mie evasioni


Andrea Dilemmi (a cura di), Giovanni Domaschi: Le mie prigioni e le mie evasioni. Memorie di un anarchico veronese dal carcere e dal confino fascista, Sommacampagna (vr), Cierre edizioni / Istituto veronese per la storia della resistenza e dell'età contemporanea, 2007, pp. XI-412, € 18,00 [edizioni@cierrenet.it].

"...Complessivamente ho scontato undici anni di reclusione e nove di confino. Non voglio descrivere qui tutte le mie sofferenze di questo lungo e triste periodo della mia vita. Voglio solo affermare con orgoglio che non ho mai piegato, che ho avuto sempre il coraggio di affermare dovunque le mie idee libertarie e antifasciste, e che, se realmente il regime fascista è caduto, ho diritto di essere immediatamente liberato, ridato alla mia famiglia ed all'organizzazione operaia. Grazie dell'ospitalità. Con ossequi: Giovanni Domaschi. Renicci d'Anghiari 8-9-1943"
Questa la chiusa di una lettera che, invano, un umile prigioniero inviava al potente organo d'informazione "Corriere della Sera" mentre, da antifascista, si ritrovava con altri compagni ancora rinchiuso in un campo di concentramento badogliano. Polvere di storia, si potrebbe dire, piccoli fatti che attestano per migliaia di altri e che, tutti insieme, attraversano lo spessore del tempo.
La storiografia sull'anarchismo ha in quest'ultimo fecondo decennio spostato il proprio focus dalle storie locali al genere biografico conseguendo, in tal modo, risultati davvero rimarchevoli. È il caso, principalmente, del Dizionario biografico degli anarchici italiani pubblicato pochi anni fa dalla BFS, ma anche di una messe di altri lavori che sono usciti nel frattempo; nel cui novero si inserisce questo ponderoso volume curato da Andrea Dilemmi – giovane studioso che ha al suo attivo altre importanti ricerche –, dedicato alla figura dell'operaio anarchico Giovanni Domaschi (Verona, 1891 – Dachau, 1945). Resistente irremovibile, Domaschi, che troverà la morte in un lager nazista dopo aver trascorso quasi per intero il ventennio fascista in carcere o al confino, lascia ai posteri una preziosa eredità di ideali e di lotte generose per la dignità umana e per l'emancipazione sociale. È la sua storia di vita messa nero su bianco. Il volume, ben curato e corredato da un interessante repertorio fotografico, si articola in due parti; un saggio storico introduttivo di spessore precede le memorie dell'operaio veronese: voce inaspettata dal nostro Novecento. Ma oltre le considerazioni sulla esemplarità – eroica – di questi percorsi di vita che del resto caratterizza molte fra le biografie degli anarchici militanti, che in questi ultimi anni ormai anche un pubblico più vasto sta imparando a conoscere, ci interessano le implicazioni di carattere euristico e metodologico. Il genere biografico, in particolare se concepito come storia dal basso e con approccio interdisciplinare, ci fa intravedere enormi potenzialità interpretative, da formidabile strumento di conoscenza. Prima di tutto perchè, nel caso che ci interessa, completa e amplia le vecchie visioni monotematiche, politiche e storiche tout-court, con la dimensione esistenziale. In secondo luogo perchè, come dicevano certi maestri dell'antica scuola storiografica francese, la biografia altro non è che il tentativo di risolvere "il problema dei rapporti tra l'individuo e la collettività, tra l'iniziativa personale e la necessità sociale". Ed è, inoltre, un modo significativamente sorprendente di raccordare le tre classiche velocità a cui, si dice, viaggi la storia: un tempo geografico, un tempo sociale e uno, appunto, individuale. Se il modello da storia dei partiti, inteso alla vecchia maniera, deve considerarsi comunque obsoleto, questo vale a maggior ragione per quelle vicende politiche e sociali otto-novecentesche che si sono rivelate con modalità prevalentemente "decentrate". Vale il nostro discorso per l'anarchismo come, ad esempio, per il sindacalismo rivoluzionario, ambedue vittime di condanne ideologiche aprioristiche e sbrigative (qualcuno ha preferito, anche in un recente passato, ricorrere alle scomuniche piuttosto che misurarsi pazientemente con fenomeni così complessi che richiedono, prima di tutto, di essere studiati e approfonditi). Così, più che di anarchismo è corretto (e soprattutto proficuo) parlare di storia degli anarchici: questo è stato anche l'insegnamento di Pier Carlo Masini.
Un'ultima notazione di merito riguarda l'uso articolato e plurale delle fonti che emerge dalla lettura di questa ricerca che costituisce, di per sé, uno nuovo e solido punto di partenza per futuri studi su queste tematiche. Letteratura scientifica, carte di polizia, stampa, pubblicistica e archivi di vario genere si affiancano alle "fonti soggettive", memorie e corrispondenza, costruendo un affresco di emozioni intense e di avvincente lettura.

Giorgio Sacchetti

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