Andrea Dilemmi (a cura di), Giovanni Domaschi: Le mie prigioni e le mie evasioni. Memorie di un anarchico veronese dal carcere e dal confino fascista,
Sommacampagna (vr), Cierre edizioni / Istituto veronese per la storia
della resistenza e dell'età contemporanea, 2007, pp. XI-412, €
18,00 [edizioni@cierrenet.it].
"...Complessivamente ho scontato undici anni di reclusione e nove di
confino. Non voglio descrivere qui tutte le mie sofferenze di questo
lungo e triste periodo della mia vita. Voglio solo affermare con
orgoglio che non ho mai piegato, che ho avuto sempre il coraggio di
affermare dovunque le mie idee libertarie e antifasciste, e che, se
realmente il regime fascista è caduto, ho diritto di essere
immediatamente liberato, ridato alla mia famiglia ed all'organizzazione
operaia. Grazie dell'ospitalità. Con ossequi: Giovanni Domaschi.
Renicci d'Anghiari 8-9-1943"
Questa la chiusa di una lettera che, invano, un umile prigioniero
inviava al potente organo d'informazione "Corriere della Sera" mentre,
da antifascista, si ritrovava con altri compagni ancora rinchiuso in un
campo di concentramento badogliano. Polvere di storia, si potrebbe
dire, piccoli fatti che attestano per migliaia di altri e che, tutti
insieme, attraversano lo spessore del tempo.
La storiografia sull'anarchismo ha in quest'ultimo fecondo decennio
spostato il proprio focus dalle storie locali al genere biografico
conseguendo, in tal modo, risultati davvero rimarchevoli. È il
caso, principalmente, del Dizionario biografico degli anarchici
italiani pubblicato pochi anni fa dalla BFS, ma anche di una messe di
altri lavori che sono usciti nel frattempo; nel cui novero si inserisce
questo ponderoso volume curato da Andrea Dilemmi – giovane studioso che
ha al suo attivo altre importanti ricerche –, dedicato alla figura
dell'operaio anarchico Giovanni Domaschi (Verona, 1891 – Dachau, 1945).
Resistente irremovibile, Domaschi, che troverà la morte in un
lager nazista dopo aver trascorso quasi per intero il ventennio
fascista in carcere o al confino, lascia ai posteri una preziosa
eredità di ideali e di lotte generose per la dignità
umana e per l'emancipazione sociale. È la sua storia di vita
messa nero su bianco. Il volume, ben curato e corredato da un
interessante repertorio fotografico, si articola in due parti; un
saggio storico introduttivo di spessore precede le memorie dell'operaio
veronese: voce inaspettata dal nostro Novecento. Ma oltre le
considerazioni sulla esemplarità – eroica – di questi percorsi
di vita che del resto caratterizza molte fra le biografie degli
anarchici militanti, che in questi ultimi anni ormai anche un pubblico
più vasto sta imparando a conoscere, ci interessano le
implicazioni di carattere euristico e metodologico. Il genere
biografico, in particolare se concepito come storia dal basso e con
approccio interdisciplinare, ci fa intravedere enormi
potenzialità interpretative, da formidabile strumento di
conoscenza. Prima di tutto perchè, nel caso che ci interessa,
completa e amplia le vecchie visioni monotematiche, politiche e
storiche tout-court, con la dimensione esistenziale. In secondo luogo
perchè, come dicevano certi maestri dell'antica scuola
storiografica francese, la biografia altro non è che il
tentativo di risolvere "il problema dei rapporti tra l'individuo e la
collettività, tra l'iniziativa personale e la necessità
sociale". Ed è, inoltre, un modo significativamente sorprendente
di raccordare le tre classiche velocità a cui, si dice, viaggi
la storia: un tempo geografico, un tempo sociale e uno, appunto,
individuale. Se il modello da storia dei partiti, inteso alla vecchia
maniera, deve considerarsi comunque obsoleto, questo vale a maggior
ragione per quelle vicende politiche e sociali otto-novecentesche che
si sono rivelate con modalità prevalentemente "decentrate". Vale
il nostro discorso per l'anarchismo come, ad esempio, per il
sindacalismo rivoluzionario, ambedue vittime di condanne ideologiche
aprioristiche e sbrigative (qualcuno ha preferito, anche in un recente
passato, ricorrere alle scomuniche piuttosto che misurarsi
pazientemente con fenomeni così complessi che richiedono, prima
di tutto, di essere studiati e approfonditi). Così, più
che di anarchismo è corretto (e soprattutto proficuo) parlare di
storia degli anarchici: questo è stato anche l'insegnamento di
Pier Carlo Masini.
Un'ultima notazione di merito riguarda l'uso articolato e plurale delle
fonti che emerge dalla lettura di questa ricerca che costituisce, di
per sé, uno nuovo e solido punto di partenza per futuri studi su
queste tematiche. Letteratura scientifica, carte di polizia, stampa,
pubblicistica e archivi di vario genere si affiancano alle "fonti
soggettive", memorie e corrispondenza, costruendo un affresco di
emozioni intense e di avvincente lettura.
Giorgio Sacchetti