Lenta ed inesorabile continua ancora oggi l'eliminazione, fisica e
culturale, delle popolazioni native delle Americhe. Pronti a condannare
i massacri seguiti alla conquista e quelli dei pellerossa ai tempi
dell'epopea nordamericana chiudiamo gli occhi di fronte a quelli di
oggi. Chissà se nel prossimo secolo si vedranno gli eccidi che
avvengono oggi con gli stessi occhi con cui si vedono quelli del
passato.
Ma le guerre, e le tragedie che comportano, continuano ad insanguinare
l'intero globo e sono motivate, come nel passato, dall'irrefrenabile
sete di ricchezza di relativamente pochi individui, dal bisogno di
potenza degli Stati e dal loro impegno nello sfruttamento e nella
distruzione di quello che non è solo la fonte di sopravvivenza
dei nativi, ma anche di tutte le genti che abitano questo pianeta.
Contro questa continua sopraffazione si è però
manifestata da tempo una resistenza attiva, che si ricollega a quelle
del passato remoto, che viene, spesso e volentieri, occultata dai
media. Popoli come i Mapuche del Cile e gli indios del Chiapas
messicano stanno lottando per la loro sopravvivenza, fisica e
culturale, e la loro lotta si salda con quella di chi è
impegnato per impedire che il sistema ecologico dell'intero pianeta sia
definitivamente compromesso.
All'interno delle iniziative di sostegno alla lotta di questi popoli
è stato organizzato dal Collettivo Lavoratori Cileni in esilio,
in collaborazione con il gruppo dei libertari cileni di Parigi, un giro
di incontri in Europa con un nativo Mapuche, Victor, giunto
appositamente dal Cile, esponente del movimento di lotta per
l'autonomia indigena e la gestione comunitaria del territorio contro il
centralismo dello Stato cileno, il modello di sviluppo liberista e
l'usurpazione delle terre da parte delle multinazionali, per conoscere
dalla viva voce di uno dei protagonisti la realtà di una
popolazione che, dai tempi dell'invasione europea, non ha mai smesso di
lottare per la propria dignità. Un esponente che ha pagato con
cinque anni ed un giorno di prigione la sua militanza per aver avuto,
secondo l'accusa, l'intenzione di sequestrare un'autorità del
potere giudiziario, condannato in base alla legge antiterrorismo varata
dal boia Pinochet, tuttora in vigore, che colpisce con durezza ogni
forma di opposizione reale al sistema vigente. Contro di lui si sono
schierate l'impresa di legname Mininco e la multinazionale spagnola
Endesa, tra le principali responsabili del saccheggio delle risorse del
territorio Mapuche: il legno, l'acqua e il sottosuolo e che sono
ovviamente interessate a non incontrare ostacoli nella loro opera
devastatrice, approfittando della mancanza di ogni tutela giuridica
delle popolazioni native in territorio cileno. Il Cile, infatti, unico
paese sudamericano, non contempla nella sua legislazione alcun
riconoscimento dei diritti degli indigeni, che pure rappresentano un
decimo della popolazione totale.
Nell'iniziativa tenuta recentemente a Milano, organizzata dalla locale
Federazione Anarchica, questa realtà di oppressione,
sfruttamento ed emarginazione è stata delineata con dovizia di
particolari grazie alle parole di Victor e alla proiezione di un
interessantissimo filmato che ha permesso ai numerosi presenti di
ripercorrere le tappe della lotta di questo popolo in perenne lotta per
l'affermazione della propria dignità e della propria autonomia.
Dopo Milano, Victor, nel suo purtroppo breve tour italiano si è
recato ad Albenga e Vercelli raccogliendo ovunque sostegno e
solidarietà, per poi partire alla volta di Francia, Belgio,
Svezia... Lasciandoci Victor ha voluto salutare tutte quelle persone
che appoggiano la resistenza indigena, tutti i fratelli e sorelle che
hanno "coscienza sociale". Mari ci wew, Victor! Per il territorio e per
la vita degli esseri della terra!
M.V.
Sabato 5 aprile scorso, presso la sede del Centro Studi Libertari
"L. Fabbri" c'è stata la cena sociale in memoria dei due
compagni recentemente scomparsi, Cesare Tittarelli e Duilio Rosini. La
presenza è stata di circa una settantina di persone: diversi
compagni di Ancona e delle Marche, di centri sociali, sindacalisti,
militanti di sinistra e gente comune che ha voluto ricordare in un
momento collettivo e di festa l'impegno politico e la dimensione umana
dei due compagni scomparsi. Sono stati raccolti a sottoscrizione circa
800 euro a favore di Umanità Nova.
L'incaricato
Le ultime vicissitudini della lotta per la casa a Roma hanno inizio
domenica 6 aprile con l'occupazione provocatoria di 190 appartamenti di
nuovissima costruzione in un complesso dove è presente anche una
piscina, alla Bufalotta, quartiere periferico di Roma, da parte del
Blocco precario metropolitano. Il Blocco precario è
essenzialmente formato da compagni che fanno riferimento all'Asia-RdB e
ad Action e sono inseriti nel percorso della Sinistra Arcobaleno.
Dopo aver lasciato l'occupazione, nella stessa serata di domenica, i
senza casa avevano "scelto" di abitare in pieno centro e si erano
creati una tendopoli nei giardini antistanti piazza Venezia. Alle prime
luci dell'alba di martedì 8 aprile l'intervento delle forze
dell'ordine, che hanno attaccato le tende dove dormivano intere
famiglie, anche con bambini piccoli.
Subito dopo si sono verificati gli incontri di rito con esponenti
politici, il Prefetto, e giovedì un'occupazione del comitato
elettorale del candidato Rutelli. Tutto finito bene, secondo una
dichiarazione di un portavoce del blocco precario che spiega "Una
riapertura positiva del dialogo. Ci sembra che ci sia la
disponibilità a dare vita ad un nuovo inizio".
Alla fine, venerdì 11, i cinque arrestati del Blocco precario
sono stati scarcerati, il Gip, pur convalidando gli arresti di
martedì, non ha accolto le richieste di misure cautelari. I
cinque erano stati arrestati per resistenza ed oltraggio nel corso
dello sgombero della tendopoli allestita dai senza casa in piazza San
Marco (piazza Venezia).
Inoltre sempre venerdì si è anche tenuto un corteo
cittadino a cui hanno partecipato tutti gli organismi di lotta per la
casa romani (non solo Action ma anche il Coordinamento cittadino di
lotta per la casa, Comitato popolare lotta per casa, ecc.).
Aldilà dell'azione preelettorale di questa componente romana che
si batte per il diritto alla casa, c'è da dire che a Roma la
situazione è molto grave, nel 2007 sono stati chiesti oltre
diciottomila sfratti, il 78% dei 3.606 eseguiti sono per
morosità: questo significa che in questa città sempre
più famiglie non riescono a trovare i soldi per pagare 900-1000
euro al mese per un affitto.
Una città dove non sono costruiti alloggi popolari da anni,
basta guardare l'ultimo piano regolatore, dove non c'è un vero
piano d'edilizia popolare, approvato da Veltroni pochi giorni prima di
dimettersi da sindaco, dove invece si regalano migliaia di ettari
edificabili ai palazzinari romani, Caltagirone, Ligresti, Santarelli,
per costruire nuovi quartieri residenziali dove gli appartamenti
costano dai 350mila euro in su.
Aldilà delle belle parole, la futura giunta Rutelli ha
già fatto sapere che dopo la tornata elettorale prepara nuovi
sgomberi, prima fra tutti quello dell' ex Regina Elena, dove vivono da
mesi altri senza casa.
Umbi
Si è appena concluso a Galatina, piccolo centro in provincia
di Lecce, il "Security Expo" una fiera dedicata alla guerra e alla
sicurezza, una sorta di vetrina per le forze armate e la polizia, nel
loro ruolo di agenti di pace, nonché un'occasione di incontro
tra aziende ed enti pubblici. All'Expo hanno partecipato ditte del
settore bellico e della sicurezza come produttori di armi o di
telecamere, associazioni "umanitarie" quali la Croce Rossa ed i
laboratori di ricerca delle università.
Alcuni compagni hanno dato vita ad iniziative di informazione e
opposizione a alla Security Expo, che era stata sponsorizzata persino
nelle scuole, dove una circolare ministeriale invitava gli studenti a
visitare la fiera, dopo aver scritto sul tema "Le forze armate
strumento di pace". Vi sono stati volantinaggi, proiezioni di film,
affissione di manifesti, presidi per far sentire una voce contraria
alle menzogne della vetrina. Non sono mancate le scritte murali e la
colorazione in rosso della fontana del paese come simbolo del "sangue
che gli eserciti fanno scorrere in giro per il mondo".
Queste iniziative scaturite dall'indignazione di fronte alla violenza
della guerra ed allo stupro del linguaggio, ormai una neolingua
quotidiana con la quale viene celata la terrificante banalità
dell'orrore, hanno dato molto fastidio. Tanto fastidio che alcuni dei
contestatori sono stati per ben due volte fermati e trattenuti nel
locale commissariato dove sono stati loro contestati una prima volta
l'affissione abusiva e la seconda addirittura "volantinaggio abusivo",
poiché pare che a Galatina il sindaco abbia deciso di sospendere
la libertà di espressione, emanando un'ordinanza contro la
pubblica distribuzione di volantini. Era comunque chiaro che quello che
disturbava le forze del disordine statale non era il volantinaggio in
sé, ma i contenuti dello scritto.
Il 6 aprile nella principale piazza di Galatina, in occasione di un
ulteriore presidio, i poliziotti hanno intimato di rimuovere una foto
della mostra preparata per l'occasione. La foto, una delle tante
circolate liberamente sulla stampa ed in televisione, era stata
scattata nel carcere di Abu Graib a prigionieri sottoposti a tortura. I
poliziotti, dopo il rifiuto dei compagni a toglierla spontaneamente ed
il parapiglia che ne è seguito, hanno strappato la foto
perché secondo loro la nudità della persona torturata
poteva offendere i bambini presenti. Secondo i giornali alcune mamme si
sarebbero sdegnate di fronte all'esposizione delle foto, come se la
vergogna fosse mostrare le torture non il praticarle.
L'8 aprile la polizia ha notificato il sequestro della foto a tre
manifestanti e pare sia in corso un'indagine volta ad identificare
quelli che si sono opposti alla rimozione della foto e che potrebbero
essere denunciati per resistenza.
Nel verbale di sequestro hanno scritto che «il manifesto
raffigura immagini di nudi umani in pose offensive del comune senso del
pudore… e oltre a riprodurre in modo prevalente le immagini citate
riproduceva le scritte "Violenze e torture di prigionieri di guerra
nella prigione di Abu Ghraib"».
Sulla guerra, sugli uccisi, sui torturati, sugli stupri e le bombe deve
essere posto un sudario, che copra tutto, in primo luogo la più
terribile delle oscenità, quella dell'assassinio di massa
travestito da intervento umanitario.
m. m.
(fonte: un comunicato messo in rete da "Alcuni disertori del controllo sociale")