Umanità Nova, n.14 del 20 aprile 2008, anno 88

Inform@zione


Milano: la lotta dei Mapuche tra repressione resistenza

Lenta ed inesorabile continua ancora oggi l'eliminazione, fisica e culturale, delle popolazioni native delle Americhe. Pronti a condannare i massacri seguiti alla conquista e quelli dei pellerossa ai tempi dell'epopea nordamericana chiudiamo gli occhi di fronte a quelli di oggi. Chissà se nel prossimo secolo si vedranno gli eccidi che avvengono oggi con gli stessi occhi con cui si vedono quelli del passato.
Ma le guerre, e le tragedie che comportano, continuano ad insanguinare l'intero globo e sono motivate, come nel passato, dall'irrefrenabile sete di ricchezza di relativamente pochi individui, dal bisogno di potenza degli Stati e dal loro impegno nello sfruttamento e nella distruzione di quello che non è solo la fonte di sopravvivenza dei nativi, ma anche di tutte le genti che abitano questo pianeta.
Contro questa continua sopraffazione si è però manifestata da tempo una resistenza attiva, che si ricollega a quelle del passato remoto, che viene, spesso e volentieri, occultata dai media. Popoli come i Mapuche del Cile e gli indios del Chiapas messicano stanno lottando per la loro sopravvivenza, fisica e culturale, e la loro lotta si salda con quella di chi è impegnato per impedire che il sistema ecologico dell'intero pianeta sia definitivamente compromesso.
All'interno delle iniziative di sostegno alla lotta di questi popoli è stato organizzato dal Collettivo Lavoratori Cileni in esilio, in collaborazione con il gruppo dei libertari cileni di Parigi, un giro di incontri in Europa con un nativo Mapuche, Victor, giunto appositamente dal Cile, esponente del movimento di lotta per l'autonomia indigena e la gestione comunitaria del territorio contro il centralismo dello Stato cileno, il modello di sviluppo liberista e l'usurpazione delle terre da parte delle multinazionali, per conoscere dalla viva voce di uno dei protagonisti la realtà di una popolazione che, dai tempi dell'invasione europea, non ha mai smesso di lottare per la propria dignità. Un esponente che ha pagato con cinque anni ed un giorno di prigione la sua militanza per aver avuto, secondo l'accusa, l'intenzione di sequestrare un'autorità del potere giudiziario, condannato in base alla legge antiterrorismo varata dal boia Pinochet, tuttora in vigore, che colpisce con durezza ogni forma di opposizione reale al sistema vigente. Contro di lui si sono schierate l'impresa di legname Mininco e la multinazionale spagnola Endesa, tra le principali responsabili del saccheggio delle risorse del territorio Mapuche: il legno, l'acqua e il sottosuolo e che sono ovviamente interessate a non incontrare ostacoli nella loro opera devastatrice, approfittando della mancanza di ogni tutela giuridica delle popolazioni native in territorio cileno. Il Cile, infatti, unico paese sudamericano, non contempla nella sua legislazione alcun riconoscimento dei diritti degli indigeni, che pure rappresentano un decimo della popolazione totale.
Nell'iniziativa tenuta recentemente a Milano, organizzata dalla locale Federazione Anarchica, questa realtà di oppressione, sfruttamento ed emarginazione è stata delineata con dovizia di particolari grazie alle parole di Victor e alla proiezione di un interessantissimo filmato che ha permesso ai numerosi presenti di ripercorrere le tappe della lotta di questo popolo in perenne lotta per l'affermazione della propria dignità e della propria autonomia.
Dopo Milano, Victor, nel suo purtroppo breve tour italiano si è recato ad Albenga e Vercelli raccogliendo ovunque sostegno e solidarietà, per poi partire alla volta di Francia, Belgio, Svezia... Lasciandoci Victor ha voluto salutare tutte quelle persone che appoggiano la resistenza indigena, tutti i fratelli e sorelle che hanno "coscienza sociale". Mari ci wew, Victor! Per il territorio e per la vita degli esseri della terra!
M.V.

Jesi: in ricordo di Cesare e Duilio

Sabato 5 aprile scorso, presso la sede del Centro Studi Libertari "L. Fabbri" c'è stata la cena sociale in memoria dei due compagni recentemente scomparsi, Cesare Tittarelli e Duilio Rosini. La presenza è stata di circa una settantina di persone: diversi compagni di Ancona e delle Marche, di centri sociali, sindacalisti, militanti di sinistra e gente comune che ha voluto ricordare in un momento collettivo e di festa l'impegno politico e la dimensione umana dei due compagni scomparsi. Sono stati raccolti a sottoscrizione circa 800 euro a favore di Umanità Nova.
L'incaricato

Roma: sfratti e lotta per la casa

Le ultime vicissitudini della lotta per la casa a Roma hanno inizio domenica 6 aprile con l'occupazione provocatoria di 190 appartamenti di nuovissima costruzione in un complesso dove è presente anche una piscina, alla Bufalotta, quartiere periferico di Roma, da parte del Blocco precario metropolitano. Il Blocco precario è essenzialmente formato da compagni che fanno riferimento all'Asia-RdB e ad Action e sono inseriti nel percorso della Sinistra Arcobaleno.
Dopo aver lasciato l'occupazione, nella stessa serata di domenica, i senza casa avevano "scelto" di abitare in pieno centro e si erano creati una tendopoli nei giardini antistanti piazza Venezia. Alle prime luci dell'alba di martedì 8 aprile l'intervento delle forze dell'ordine, che hanno attaccato le tende dove dormivano intere famiglie, anche con bambini piccoli.
Subito dopo si sono verificati gli incontri di rito con esponenti politici, il Prefetto, e giovedì un'occupazione del comitato elettorale del candidato Rutelli. Tutto finito bene, secondo una dichiarazione di un portavoce del blocco precario che spiega "Una riapertura positiva del dialogo. Ci sembra che ci sia la disponibilità a dare vita ad un nuovo inizio".
Alla fine, venerdì 11, i cinque arrestati del Blocco precario sono stati scarcerati, il Gip, pur convalidando gli arresti di martedì, non ha accolto le richieste di misure cautelari. I cinque erano stati arrestati per resistenza ed oltraggio nel corso dello sgombero della tendopoli allestita dai senza casa in piazza San Marco (piazza Venezia).
Inoltre sempre venerdì si è anche tenuto un corteo cittadino a cui hanno partecipato tutti gli organismi di lotta per la casa romani (non solo Action ma anche il Coordinamento cittadino di lotta per la casa, Comitato popolare lotta per casa, ecc.).
Aldilà dell'azione preelettorale di questa componente romana che si batte per il diritto alla casa, c'è da dire che a Roma la situazione è molto grave, nel 2007 sono stati chiesti oltre diciottomila sfratti, il 78% dei 3.606 eseguiti sono per morosità: questo significa che in questa città sempre più famiglie non riescono a trovare i soldi per pagare 900-1000 euro al mese per un affitto.
Una città dove non sono costruiti alloggi popolari da anni, basta guardare l'ultimo piano regolatore, dove non c'è un vero piano d'edilizia popolare, approvato da Veltroni pochi giorni prima di dimettersi da sindaco, dove invece si regalano migliaia di ettari edificabili ai palazzinari romani, Caltagirone, Ligresti, Santarelli, per costruire nuovi quartieri residenziali dove gli appartamenti costano dai 350mila euro in su.
Aldilà delle belle parole, la futura giunta Rutelli ha già fatto sapere che dopo la tornata elettorale prepara nuovi sgomberi, prima fra tutti quello dell' ex Regina Elena, dove vivono da mesi altri senza casa.
Umbi

Galatina: Security Expo e l'oscenità della guerra

Si è appena concluso a Galatina, piccolo centro in provincia di Lecce, il "Security Expo" una fiera dedicata alla guerra e alla sicurezza, una sorta di vetrina per le forze armate e la polizia, nel loro ruolo di agenti di pace, nonché un'occasione di incontro tra aziende ed enti pubblici. All'Expo hanno partecipato ditte del settore bellico e della sicurezza come produttori di armi o di telecamere, associazioni "umanitarie" quali la Croce Rossa ed i laboratori di ricerca delle università.
Alcuni compagni hanno dato vita ad iniziative di informazione e opposizione a alla Security Expo, che era stata sponsorizzata persino nelle scuole, dove una circolare ministeriale invitava gli studenti a visitare la fiera, dopo aver scritto sul tema "Le forze armate strumento di pace". Vi sono stati volantinaggi, proiezioni di film, affissione di manifesti, presidi per far sentire una voce contraria alle menzogne della vetrina. Non sono mancate le scritte murali e la colorazione in rosso della fontana del paese come simbolo del "sangue che gli eserciti fanno scorrere in giro per il mondo".
Queste iniziative scaturite dall'indignazione di fronte alla violenza della guerra ed allo stupro del linguaggio, ormai una neolingua quotidiana con la quale viene celata la terrificante banalità dell'orrore, hanno dato molto fastidio. Tanto fastidio che alcuni dei contestatori sono stati per ben due volte fermati e trattenuti nel locale commissariato dove sono stati loro contestati una prima volta l'affissione abusiva e la seconda addirittura "volantinaggio abusivo", poiché pare che a Galatina il sindaco abbia deciso di sospendere la libertà di espressione, emanando un'ordinanza contro la pubblica distribuzione di volantini. Era comunque chiaro che quello che disturbava le forze del disordine statale non era il volantinaggio in sé, ma i contenuti dello scritto.
Il 6 aprile nella principale piazza di Galatina, in occasione di un ulteriore presidio, i poliziotti hanno intimato di rimuovere una foto della mostra preparata per l'occasione. La foto, una delle tante circolate liberamente sulla stampa ed in televisione, era stata scattata nel carcere di Abu Graib a prigionieri sottoposti a tortura. I poliziotti, dopo il rifiuto dei compagni a toglierla spontaneamente ed il parapiglia che ne è seguito, hanno strappato la foto perché secondo loro la nudità della persona torturata poteva offendere i bambini presenti. Secondo i giornali alcune mamme si sarebbero sdegnate di fronte all'esposizione delle foto, come se la vergogna fosse mostrare le torture non il praticarle.
L'8 aprile la polizia ha notificato il sequestro della foto a tre manifestanti e pare sia in corso un'indagine volta ad identificare quelli che si sono opposti alla rimozione della foto e che potrebbero essere denunciati per resistenza.
Nel verbale di sequestro hanno scritto che «il manifesto raffigura immagini di nudi umani in pose offensive del comune senso del pudore… e oltre a riprodurre in modo prevalente le immagini citate riproduceva le scritte "Violenze e torture di prigionieri di guerra nella prigione di Abu Ghraib"».
Sulla guerra, sugli uccisi, sui torturati, sugli stupri e le bombe deve essere posto un sudario, che copra tutto, in primo luogo la più terribile delle oscenità, quella dell'assassinio di massa travestito da intervento umanitario.
m. m.
(fonte: un comunicato messo in rete da "Alcuni disertori del controllo sociale")

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