Il 26 aprile 1986 è una data impossibile da dimenticare.
È la data del più grande incidente nucleare della storia.
Durante un esperimento, gli operatori della centrale di Chernobyl
persero il controllo del reattore che esplose emettendo una
quantità gigantesca di radioattività che nei giorni
immediatamente successivi al disastro contaminò un'area vasta
dai 125mila ai 146mila chilometri quadrati di territori situati in
Ucraina, Bielorussia e Russia. Gli abitanti della vicina città
di Pripyat, 45mila abitanti di cui 16mila bambini o adolescenti,
ricordano il 26 aprile 1986 come il primo giorno caldo di primavera.
Una triste primavera. Successivamente la nube radioattiva arrivò
in almeno 14 paesi europei, fra cui l'Italia. Per spegnere l'incendio
provocato dall'esplosione ci vollero la sabbia e il piombo lanciati da
ben 1800 voli di elicottero. Nei primi dieci giorni seguiti
all'incidente furono evacuate circa 130mila persone che vivevano in un
raggio di 30 chilometri dalla centrale a cui si aggiunsero
successivamente altre 40mila persone. La notizia ufficiale del disastro
fu data dalle autorità sovietiche solo tre giorni dopo
l'esplosione mentre i laboratori di ricerca e di analisi europei
stavano rilevando un allarmante aumento della radioattività
nell'aria.
L'enorme "sarcofago" costruito nel novembre 1986 dalle autorità
sovietiche per cercare di chiudere ermeticamente il nocciolo del
reattore si sta lentamente ma inesorabilmente sgretolando e
poiché dentro il "sarcofago" c'è ancora molto materiale
tossico e radioattivo, l'area di Chernobyl rimane ancora parecchio
pericolosa, tanto che un'area di 16 miglia attorno all'impianto
è ancora chiusa ed è raggiungibile solo se si è in
possesso di una speciale autorizzazione.
Dopo 22 anni dal disastro si sta ancora lavorando per mettere in
sicurezza il sito: il progetto, finanziato in gran parte dagli Stati
Uniti, sarà costituito da un enorme arco di acciaio che con i
sui 345 metri di altezza - sarà più alto della statua
della libertà – e i suoi 840 metri di larghezza
costituirà un enorme e triste monumento in ricordo di una
tragedia che ha coinvolto milioni di persone. Ma non risolverà
il problema perché potrà durare al massimo altri 100 anni
dopo di che bisognerà rifarne uno nuovo. E tutto per
l'esplosione di una centrale nucleare!
Ma sul disastro di Chernobyl è stato creato un secondo grande
"sarcofago", quello che ha cercato di murare le conseguenze sulla
salute e sull'ambiente. La lobby nucleare ha abilmente utilizzato la
struttura dell'ONU incaricata di favorire lo sviluppo del nucleare di
pace (AIEA) e i suoi legami con un'altra istituzione internazionale,
l'Organizzazione mondiale della sanità, per impedire che fosse
fatta chiarezza sulle vere conseguenze del disastro. Queste manovre
sono culminate nel rapporto pubblicato nel settembre 2005 dal Chernobyl
Forum, costituito da "insigni" scienziati assoldati dall'AIEA. Il
vergognoso documento ha stimato in 4mila il numero di persone decedute
a causa dell'incidente, arrivando a dichiarare che le conseguenze del
disastro erano state sovrastimate dalle autorità degli Stati
più direttamente colpiti.
La stampa internazionale ha ripreso con grande evidenza queste notizie
che però rimangono quello che sono: meschine bugie! Il fatto
è che a causa della varietà degli impatti sulla salute
umana della nube radioattiva nessuno potrà mai dire con certezza
quali sono state, sono e saranno le conseguenze del disastro: le stime
variano dalle 4mila del Chernobyl Forum alle 200mila – e solo per
Russia, Bielorussia e Ucraina negli anni fra il 1990 e il 2004–
calcolate dall'Accademia russa delle scienze.
"L'incidente di Chernobyl è unico nel suo genere. Possiamo solo
sperare che esso rimanga tale. Questa generazione ne ha visto l'inizio
ma è improbabile che ne veda la fine" (rapporto 2006 di
Greenpeace). La maniera più semplice per evitare che si ripeta
una seconda Chernobyl è chiudere le centrali atomiche esistenti
e non costruirne di nuove!
In Italia, la lobby nucleare ha rialzato la testa. C'era da
aspettarselo. Prima la Edison, 13 marzo, ha pubblicizzato un proprio
studio che prevede la costruzione di 5 o 10 centrali nucleari entro il
2019, poi è stata fatta circolare una mappa di 10 siti ritenuti
adatti ad ospitare i nuovi impianti atomici, infine la A2A
milanese-bresciana ha comunicato di aver affidato a cinque
università milanesi uno studio che suggerisca al governo modi e
tempi per il ritorno dell'Italia al nucleare. Al termine della lunga
intervista rilasciata al Corriere economia del 14 aprile, il presidente
della A2A, Zuccoli, ha affrontato il problema dei rischi: "Posto che
trattamento delle scorie e decommiossioning [smantellamento e messa in
sicurezza dopo la sua chiusura, nda] delle centrali toccherebbero alla
SOGIN, tutti gli altri rischi ce li assumeremmo noi. Tutti tranne il
rischio catastrofico sul quale credo serva un supplemento di
riflessione". Ecco, bravo, rifletta assieme ai suoi compari su chi si
assumerà gli oneri di un incidente catastrofico tipo Chernobyl.
Da parte nostra, in attesa che lorsignori ci facciano sapere cosa hanno
deciso, li informiamo che ci stiamo preparando a riprendere la
battaglia antinucleare. Gli argomenti non ci mancano, la voglia pure.
D'altra parte abbiamo già vinto una volta…
A. Ruberti