Umanità Nova, n.15 del 27 aprile 2008, anno 88

La miseria delle storie e la realtà della miseria. Urne, classe, conflitto


I risultati di queste elezioni politiche 2008 vengono analizzati con dovizia di particolari dalla stampa e dalla televisione, ma ruotano attorno ad alcuni concetti che fin da subito sono stati ripetuti, tanto da diventare, nel breve volger di pochi giorni, fatti indiscussi. È interessante notare che vinti e vincitori sono accomunati da analisi simili, se non coincidenti. La cosa fa pensare: è come se l'orizzonte sullo sfondo del quale sono fatte le analisi del dopo voto sia in gran parte condiviso, riconosciuto come un dato di fatto. Eppure, a ben guardare, ci sarebbe più di un motivo per iniziare a dire che anche questo passaggio della nostra storia recente avviene sulla base di uno spiegamento impressionante di mezzi di comunicazione di massa tutti protesi ad avvalorare una certa immagine del presente e del futuro che "necessariamente" ci attende. Così potente è la capacità di creare immaginario da parte di chi detiene televisioni, giornali, siti internet, che anche la sconfitta viene letta con le lenti dei vincitori. A tanto è arrivata l'egemonia di chi fa del capitalismo la prima ed ultima ideologia: il capitalismo è vincente perchè naturale. Pensare ed agire politicamente in modo contrario è, prima che errato, "dis-umano".
Così, per venire alle recenti elezioni, da giorni sentiamo ripetere che la sconfitta della Sinistra Arcobaleno, è frutto di tre fattori: il "voto utile" a favore del Pd; l'astensione e il travaso di voti verso altre forze politiche "popolari" e interpretate come "antisistema" quali la Lega Nord. Quando un'area politica, un insieme di partiti, perde in due anni circa 2.800mila voti dei 3.800mila che aveva preso, certo non può negarsi che l'esperienza degli ultimi due anni, cioè la partecipazione al governo Prodi, non sia stata devastante per queste sigle. La delusione nei confronti di Rc-Comunsti Italiani-Verdi è andata crescendo in modo palpabile ed inarrestabile nel loro elettorato, provvedimento dopo provvedimento. Intanto la crisi economica si affacciava e il potere di acquisto dei salari si abbassava, allargando sempre più la forbice sociale. Ma si può dire oggi che "gli operai votano Lega e hanno in tasca la tessera della Fiom"? Si può generalizzare a tal punto da affermare che "gli strati bassi" della società si sentono oggi più rappresentati da chi predica odio per gli stranieri ed un "sano" egoismo campanilistico e locale?
C'è del vero in queste affermazioni: ma non tutta la verità. Incominciamo con il dire che a 160 anni dal Manifesto del partito comunista, nelle società occidentali la sussunzione della "classe lavoratrice" nelle dinamiche dello stato democratico di stampo liberale è fatto acquisito, tanto che i lavoratori si sentono rappresentati, non da oggi, da tutto l'arco dei partiti che di volta in volta si presentano alle elezioni. Analizzare il presente dicendo che "i lavoratori" hanno "voltato le spalle" alle "ideologie novecentesche di trasformazione radicale" e si sentono al caldo ed in famiglia con il libero mercato e lo stato liberale, significa, ancora una volta, mistificare le cose. Giacché, restando all'Italia, i partiti che si sono presi una sonora batosta il 13-14 aprile 2008 non possono essere gratificati del titolo di "rappresentanti dei lavoratori" e la loro sconfitta come uno "spostamento a destra" dei lavoratori stessi. I lavoratori, in occidente, da quando ci sono gli stati democratici liberali, sono contemporaneamente a destra, al centro e a sinistra. E i sindacati occidentali sono da molto una parte organica dell'insieme politico-istituzionale che governa le nostre società. Ridurre l'attuale contingenza ad una questione di capacità/incapacità rappresentativa è la mistificazione che nega la sussistenza del disagio dato dalla questione sociale che nel nostro paese viene sepolta sotto tonnellate di quotidiana propaganda. Gli individui hanno bisogni: gli si può dire di "cavarsela"; si può cercare di creare luoghi, tempi, modi per cercare una soddisfazione collettiva di questi bisogni: partendo dalla concretezza dei rapporti di sfruttamento in cui questi individui sono immersi. Senza critica radicale del presente, quando i tempi si fan cupi dal punto di vista economico e sociale come questi, scatta il "si salvi chi può" ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma scambiare il fallimento di una classe dirigente, quella della Sinistra Arcobaleno, con un evento "epocale" e con la fine di qualcosa di altro che non sia questa classe dirigente serve solo a rafforzare chi oggi domina il presente e a mistificare una realtà dove disagio e conflittualità viaggiano sottopelle, ma non son certo morti.

W. B.

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