Umanità Nova, n.16 del 4 maggio 2008, anno 88

Libera coscienza o libero mercato? Aborto: tra medici obiettori e cliniche confessionali


Ovviamente non ci sono prove, ma un dubbio, più che legittimo, non può non sorgere.
È mai possibile che in Italia la percentuale di medici, anestesisti e paramedici obiettori alla legge 194 sia in costante, inarrestabile aumento, tanto da toccare, in alcune regioni, la quasi totalità degli operatori sanitari? Che sia un sussulto di malintesa deontologia e una cattiva interpretazione del giuramento di Ippocrate? o il riaffacciarsi di un clericalismo codino sta facendo della ginecologia italiana un baluardo a difesa della "sacralità della vita"? oppure le violente invettive di Ferrara hanno fatto proseliti a dispetto della clamorosa trombatura elettorale? o la predicazione antiabortista dei movimenti per la vita, ha fatto presa sulle sensibili coscienze dei nuovi obiettori?
Le cifre parlano chiaro: in soli quattro anni la già alta percentuale di medici obiettori è passata dal 58% a quasi il 70%, quella degli anestesisti dal 45% al 50% e quella dei paramedici dal 38% al 42%. Al tempo stesso è calato altrettanto significativamente il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza effettuate nelle strutture pubbliche. Insomma, stando ai dati del ministero della Salute, sembrerebbe che quasi tre ginecologi su quattro si siano adeguati prontamente alle sollecitazioni della Chiesa oltre che a quelle della loro coscienza. Altro dato preoccupante, pare in aumento anche il numero di farmacisti che rifiutano di dispensare, anche su presentazione di ricetta medica, la cosiddetta pillola del giorno dopo. Cosa che, oltre ad essere al di fuori non solo dell'etica professionale ma anche della legge, costringe le malcapitate ad affannose ricerche, magari nella notte, per trovare un farmacista un po' più intelligente e un po' meno obiettore.
Indubbiamente non si può né si vuole fare alcuna generalizzazione, l'etica personale è un dato di fatto ed è giusto e corretto che ogni individuo decida di rispondere ad essa. Del resto l'aborto, in tutti i suoi aspetti, è sempre il risultato di una scelta drammatica e traumatica e quindi non vi è nulla di strano che possa dividere il paese e le coscienze. Ma il problema, l'essenza della questione, ovviamente, non è questa, non è certo la legittimità di scegliere se fare aborti o meno. Il problema, chiaramente, è che tali cifre non possono non far pensare anche ad altro, ad esempio che si stia tornando al lucroso e vergognoso "mercato" clandestino degli aborti nelle cliniche private, che si sperava esaurito con la regolamentazione della Igv.
I fattori che stanno spingendo verso questo ritorno a una sorta di medioevo sanitario sono molteplici, e non tutti riconducibili a una sola ragione. Pare, ad esempio, che al di là di altre considerazioni di carattere etico, uno dei motivi che "sconsigliano" il non dichiararsi obiettori sia la non remuneratività, in termini di prestigio professionale, a praticare le interruzioni: operazione troppo semplice e poco produttiva per la struttura sanitaria pubblica, e quindi anche per il primario, più interessato a far funzionare il suo reparto con interventi più prestigiosi ed eclatanti. Spesso poi lo stesso primario, da bravo professionista e bravo cittadino, è obiettore e di conseguenza i suoi "sottoposti" trovano più utile assecondarne le scelte. Se a ciò si aggiunge l'influenza diretta e indiretta, economica e di comando, delle strutture religiose, ancora massicciamente presenti nella sanità pubblica e privata, è facile capire come difficilmente il giovane ginecologo possa scegliere in piena libertà cosa fare e cosa no.
Bene, tutto questo insieme di cose a cosa porta? Ma naturalmente, visto che di aborti, comunque, se ne devono fare, al mercato. E il mercato, che come ogni altro mercato in regime liberista vive di regole proprie che rispondono solo a se stesse, trova la sua convenienza e ragion d'essere in una sempre più massiccia restaurazione etica e morale. Ecco infatti, provvidenziali, le cliniche private, quasi tutte gestite da enti religiosi, nelle quali si può fare quello che si vuole purché si abbia la decenza di farlo sottovoce. Il recente caso del ginecologo genovese, che dopo essere stato indagato per avere praticato, in una prestigiosissima e cattolicissima clinica privata, aborti clandestini alla vippaglia ligure, è stato "costretto" al suicidio perché con la sua morte finissero indagini troppo indiscrete, sembra non essere altro che il triste, drammatico corollario di quanto stiamo dicendo.
Insomma, come sempre, vita dura per le donne, per la loro libertà di scelta, per i drammi o i traumi ai quali continuano ad essere sottoposte. E vita meno dura, a meno di scivoloni imprevisti, per quei sanitari disposti a barattare la propria onestà intellettuale in cambio di una qualche gratifica. Che poi questa gratifica non tenga conto di un elementare rispetto della deontologia professionale, cosa importa? Una clinica "confessionale", dietro l'angolo non manca mai.

Massimo Ortalli

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