Ovviamente non ci sono prove, ma un dubbio, più che legittimo, non può non sorgere.
È mai possibile che in Italia la percentuale di medici,
anestesisti e paramedici obiettori alla legge 194 sia in costante,
inarrestabile aumento, tanto da toccare, in alcune regioni, la quasi
totalità degli operatori sanitari? Che sia un sussulto di
malintesa deontologia e una cattiva interpretazione del giuramento di
Ippocrate? o il riaffacciarsi di un clericalismo codino sta facendo
della ginecologia italiana un baluardo a difesa della "sacralità
della vita"? oppure le violente invettive di Ferrara hanno fatto
proseliti a dispetto della clamorosa trombatura elettorale? o la
predicazione antiabortista dei movimenti per la vita, ha fatto presa
sulle sensibili coscienze dei nuovi obiettori?
Le cifre parlano chiaro: in soli quattro anni la già alta
percentuale di medici obiettori è passata dal 58% a quasi il
70%, quella degli anestesisti dal 45% al 50% e quella dei paramedici
dal 38% al 42%. Al tempo stesso è calato altrettanto
significativamente il numero delle interruzioni volontarie di
gravidanza effettuate nelle strutture pubbliche. Insomma, stando ai
dati del ministero della Salute, sembrerebbe che quasi tre ginecologi
su quattro si siano adeguati prontamente alle sollecitazioni della
Chiesa oltre che a quelle della loro coscienza. Altro dato
preoccupante, pare in aumento anche il numero di farmacisti che
rifiutano di dispensare, anche su presentazione di ricetta medica, la
cosiddetta pillola del giorno dopo. Cosa che, oltre ad essere al di
fuori non solo dell'etica professionale ma anche della legge, costringe
le malcapitate ad affannose ricerche, magari nella notte, per trovare
un farmacista un po' più intelligente e un po' meno obiettore.
Indubbiamente non si può né si vuole fare alcuna
generalizzazione, l'etica personale è un dato di fatto ed
è giusto e corretto che ogni individuo decida di rispondere ad
essa. Del resto l'aborto, in tutti i suoi aspetti, è sempre il
risultato di una scelta drammatica e traumatica e quindi non vi
è nulla di strano che possa dividere il paese e le coscienze. Ma
il problema, l'essenza della questione, ovviamente, non è
questa, non è certo la legittimità di scegliere se fare
aborti o meno. Il problema, chiaramente, è che tali cifre non
possono non far pensare anche ad altro, ad esempio che si stia tornando
al lucroso e vergognoso "mercato" clandestino degli aborti nelle
cliniche private, che si sperava esaurito con la regolamentazione della
Igv.
I fattori che stanno spingendo verso questo ritorno a una sorta di
medioevo sanitario sono molteplici, e non tutti riconducibili a una
sola ragione. Pare, ad esempio, che al di là di altre
considerazioni di carattere etico, uno dei motivi che "sconsigliano" il
non dichiararsi obiettori sia la non remuneratività, in termini
di prestigio professionale, a praticare le interruzioni: operazione
troppo semplice e poco produttiva per la struttura sanitaria pubblica,
e quindi anche per il primario, più interessato a far funzionare
il suo reparto con interventi più prestigiosi ed eclatanti.
Spesso poi lo stesso primario, da bravo professionista e bravo
cittadino, è obiettore e di conseguenza i suoi "sottoposti"
trovano più utile assecondarne le scelte. Se a ciò si
aggiunge l'influenza diretta e indiretta, economica e di comando, delle
strutture religiose, ancora massicciamente presenti nella sanità
pubblica e privata, è facile capire come difficilmente il
giovane ginecologo possa scegliere in piena libertà cosa fare e
cosa no.
Bene, tutto questo insieme di cose a cosa porta? Ma naturalmente, visto
che di aborti, comunque, se ne devono fare, al mercato. E il mercato,
che come ogni altro mercato in regime liberista vive di regole proprie
che rispondono solo a se stesse, trova la sua convenienza e ragion
d'essere in una sempre più massiccia restaurazione etica e
morale. Ecco infatti, provvidenziali, le cliniche private, quasi tutte
gestite da enti religiosi, nelle quali si può fare quello che si
vuole purché si abbia la decenza di farlo sottovoce. Il recente
caso del ginecologo genovese, che dopo essere stato indagato per avere
praticato, in una prestigiosissima e cattolicissima clinica privata,
aborti clandestini alla vippaglia ligure, è stato "costretto" al
suicidio perché con la sua morte finissero indagini troppo
indiscrete, sembra non essere altro che il triste, drammatico
corollario di quanto stiamo dicendo.
Insomma, come sempre, vita dura per le donne, per la loro
libertà di scelta, per i drammi o i traumi ai quali continuano
ad essere sottoposte. E vita meno dura, a meno di scivoloni imprevisti,
per quei sanitari disposti a barattare la propria onestà
intellettuale in cambio di una qualche gratifica. Che poi questa
gratifica non tenga conto di un elementare rispetto della deontologia
professionale, cosa importa? Una clinica "confessionale", dietro
l'angolo non manca mai.
Massimo Ortalli