Numerose e importanti le iniziative
svoltesi in occasione del 25 aprile. Lo spazio tiranno ci impedisce di
pubblicare subito tutti i resoconti. Su questo numero vi proponiamo le
cronache delle manifestazioni in grandi centri come Roma, Torino e
Milano e quella di Verona, luogo simbolo della resistenza al peggior
fascismo. Sul prossimo numero pubblicheremo i resoconti da Pordenone,
Udine, Bologna, Trapani, Reggio Emilia.
Di certo se l'obiettivo del sindaco Tosi, il leghista con la pistola
nonché noto camerata di merende dell'estrema destra scaligera,
era quello di festeggiare il 25 aprile all'insegna del revisionismo
antiresistenziale, gli è andata male, perchè comunque la
città ha mostrato anche un'altra realtà, articolata in
diverse iniziative sia di mobilitazione che di difesa della memoria
antifascista.
Una realtà che alla mattina si è fatta vedere e sentire
con bordate di fischi alla commemorazione ufficiale, nonostante la
militarizzazione di piazza Bra e il divieto poliziesco di accedere al
palazzo comunale nei confronti di ogni sospetto contestatore, compresa
la figlia di un partigiano decorato al valore.
Nel primo pomeriggio, quindi, piazza Bra mostrava un volto del tutto
contrastante con l'idea di Liberazione: circa 40 tra veicoli,
camionette, blindati delle forze dell'ordine in assetto antisommossa,
mentre cominciava a muoversi dalla stazione il previsto corteo dei
migranti a cui hanno partecipato diverse migliaia di persone, dietro
gli striscioni dei comitati degli immigrati, della RdB-Cub, dei centri
sociali, degli antirazzisti, delle soggettività Lgbt.
Al termine di tale vivace corteo c'è stata una breve e
immotivata carica della polizia, con due manifestanti feriti a
manganellate, che voleva impedire ad ogni costo l'accesso a piazza Bra
dove si stava svolgendo il presidio indetto dal Circolo Pink e da La
Chimica presso la lapide dedicata alle vittime dei lager nazisti.
Durante tale partecipato presidio (inizialmente vietato dalla questura)
voluto per ricordare le vittime dimenticate del nazifascismo e, in
particolare, i gay e le lesbiche, rispettivamente contrassegnate dai
nazisti col triangolo rosa e quello nero degli asociali, sono state
lette testimonianze della deportazione.
Conseguentemente, sulla targa coi nomi dei campi di concentramento e
sterminio, è stato deposto un triangolo floreale con gli stessi
colori: rosa e nero.
Presenti anche le bandiere anarchiche, in solidarietà con tutte
le vittime del nazifascismo e in ricordo del compagno veronese Giovanni
Domaschi, morto a Dachau, a cui è intitolata la locale
Biblioteca anarchica.
UN reporter
Questo è l'appello che le antifasciste e gli antifascisti
hanno lanciato in una città aggredita continuamente dai
vigliacchi attacchi della canaglia fascista.
Con questo spirito alcuni compagni hanno partecipato alla
manifestazione del 25 aprile a Roma, ben consapevoli della sostanziale
inutilità della costruzione di momenti promiscui con quelle
forze che ricordano i valori dell'antifascismo solo in questa data.
Il corteo "ufficiale" ha rappresentato, infatti, un momento di tipo
mediatico/elettoralistico per la prossimità, due giorni dopo,
con il ballottaggio per l'elezione del sindaco di Roma.
Aperto dall' A.N.P.I., ha visto il garrire delle bandiere di un
improbabile "Brigata Ebraica" (peraltro mai operante a Roma) insieme a
bandiere dello stato d'Israele, a dimostrazione del tentativo di fare
del 25 Aprile solo un momento di commemorazione rituale e non un
momento di lotta e riflessione sulle pratiche autoritarie, fasciste e
discriminatorie a cui certo non è estraneo né lo stato
Israeliano, né ogni altro stato. A seguire hanno sfilato i
partiti in campagna elettorale, con le loro bandiere bene in vista
e nulla a che fare con l'antifascismo.
In coda, a testimoniare, anche fisicamente, la distanza da certi modi
di dichiararsi antifascisti, i compagni studenti delle "Nuove
Resistenze" seguiti da molti dei centri sociali della capitale compatti
nello spezzone della Rete Antifascista Metropolitana.
Il corteo, partito da Porta San Paolo, si è snodato attraverso
le strade del centro, affollate di turisti e gente che girava godendosi
la bella giornata e l'assenza di traffico.
Una volta giunto al Colosseo il corteo si è interrotto per
ricordare le morti sul lavoro installando un totem commemorativo.
Il corteo è terminato nella multiculturale Piazza Vittorio dove
i compagni hanno denunciato la pericolosità dell'occupazione
fascista di Casa Pound, poco distante da lì.
Così come appare chiaro il tentativo istituzionale ridurre il 25
aprile a una commemorazione, appare sempre più evidente
l'esigenza che i compagni caratterizzino maggiormente questa data per
mantenerne lo spirito originario di lotta per la libertà.
F&V
Il 25 aprile torinese ha avuto molte piazze, segno inequivocabile
delle numerose cesure tra quanti anche quest'anno hanno scelto di
manifestare per ricordare l'insurrezione della città contro il
nazifascismo.
La fiaccolata promossa come ogni anno dall'Anpi la sera del 24 aprile,
aperta dalla banda e dai gonfaloni, si è caratterizzata per la
guerra delle bandiere. Una guerra su più fronti, combattuta nel
PD e nel PRC. Nel PD gli amanti del "rosso" hanno esibito, tra furiose
polemiche, una nuova versione del vessillo della formazione guidata da
Veltroni, dove il simbolo del partito campeggiava in campo rosso. Nel
PRC la pretesa del segretario Favaro che i rifondati sfilassero sotto
le insegne dell'Arcobaleno ha provocato una rivolta tale da far
dimettere Favaro. Segnali di ripiegamento identitario nel deserto della
sinistra neo extraparlamentare.
Il giorno successivo il tentativo di contrastare lo show di Grillo in
piazza S. Carlo con alcune star dello spettacolo nostrano è
fallito miseramente. Poche migliaia di torinesi hanno partecipato alla
kermesse in piazza Castello mentre la piazza del Vaffa Day ha raccolto
la folla delle grandi occasioni, pronta a sfanculare in coro al ritmo
imposto dal comico giustizialista, versione mediatico popolare del
qualunquismo del secondo millennio. La mimesi della partecipazione,
dell'agire in prima persona, messa in scena da diverse decine di
migliaia di persone è il segnale inequivocabile che il disagio
verso il Palazzo non sa trovare forme politiche e sociali e finisce con
l'affidarsi ad un singolare uomo della provvidenza. Fa già il
comico per cui a nessuno viene in mente che sia ridicolo, nel suo
agitarsi sul palco come il Chaplin del Grande Dittatore; pretende di
non fare il politico sì che a nessuno venga il dubbio di
interrogarsi sul pasticcio di retorica e buoni sentimenti con cui
farcisce i suoi comizi. Né di destra, né di sinistra
piace a tutti, perché, come negli aperitivi della
torinesità da bar, tutti trovano qualcosa di buono di
spilluzzicare.
Lontano dal centro si sono svolte le altre iniziative del 25 aprile.
Disobbedienti ed autonomi hanno fatto il giro delle lapidi partigiane
rispettivamente a Borgo S. Paolo e Vanchiglia.
In Barriera di Milano si è svolto il tradizionale presidio alla
lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, morto combattendo i
nazifascisti il 26 aprile del 1945, concludendo così una lotta
contro il fascismo che già gli era costata galera e confino.
Quest'anno hanno partecipato, oltre agli anarchici, alcuni giovani ed
anziani del quartiere. Un quartiere tradizionalmente popolare oggi
profondamente trasformato dalla crisi sociale, dalla forte presenza di
immigrati, dalla propaganda razzista e xenofoba di fascisti e leghisti.
Una giornata nel segno di una Resistenza che continua nella lotta
contro il nuovo fascismo che si concreta nelle leggi e nelle politiche
razziste, nelle ronde, nelle squadracce, nei comitati contro gli
immigrati. La manifestazione si conclusa con la deposizione di un mazzo
di garofani rossi alla lapide di Ilio e con una bicchierata in ricordo
di tutte le vittime del fascismo. Ha concluso Roberto Prato con un
lungo e appassionante intervento sulla Resistenza a Torino e, in
particolare, in Barriera di Milano.
m. m.
Numerose le iniziative a Milano e provincia per un 25 aprile che
quest'anno ha coinciso con il forte rafforzamento elettorale della
destra, che - in specifico con la Lega Nord - ha registrato un consenso
sociale preoccupante.
Tra deposizione delle corone alle lapidi dei partigiani caduti e al
monumento che in piazza Loreto ricorda il massacro degli antifascisti
del 10 agosto 1944, biciclettate nei luoghi dell'insurrezione del 24
aprile e pranzi (denominati bivacchi), si è arrivati alla
tradizionale manifestazione pomeridiana, caratterizzata come sempre da
una forte impronta istituzionale, ma consueto ritrovo della Milano
antifascista.
Quest'anno poi in molti si domandavano se il risultato elettorale
avrebbe condizionato, e in che modo, la partecipazione. In buona
sostanza c'era molta attesa per capire, dalla manifestazione, quale
fosse il "polso" del "popolo di sinistra" all'indomani della batosta
del 14 aprile.
Si può dire che, pur lontani dal mezzo milione che nel 1994
salutò la prima vittoria di Berlusconi (ma si trattava pur
sempre di una manifestazione a carattere nazionale), i centomila che
sono scesi in piazza hanno evidenziato più un dovere di parte
che una reale volontà di andare alle radici delle motivazioni
della sconfitta elettorale subita. Sventolio delle bandiere di partito,
praticamente tutte dal PD fino alla sinistra più radicale,
passando per i socialisti (si, proprio loro) con una bandiera a testa a
formare un gruppazzo compatto e visibile. Pochi slogan, ma un
compassato desiderio di esserci, di farsi vedere, di dimostrare che la
Milano antifascista non dimentica, anche se probabilmente non sa bene
dove andare a parare.
Un nutrito spezzone antagonista autorganizzato, con una significativa
presenza libertaria, ha contribuito a vivacizzare il corteo,
percorrendone un comune tratto di strada tra Palestro e san Babila, per
poi proseguire autonomamente, in totale disaccordo con l'anima
istituzionale della manifestazione.
La scelta della Federazione anarchica milanese è stata quella
invece di organizzare un presidio in san Babila, molto visibile con
bandiere e striscione, volantinaggio, banchetto stampa e diffusione di
Umanità Nova, per marcare la distanza da istituzioni, partiti e
movimenti che con le loro politiche elettoraliste hanno piegato la
Resistenza a loro uso e consumo ed hanno lasciato spazio ad una destra
populista sempre più aggressiva. Una scelta molto positiva, che
ci ha permesso di dare visibilità alle nostre proposte e alle
nostre iniziative.
In serata poi, promossa dalla cascina Torchiera senza acqua, con il
sostegno di molti organismi di zona e non solo, si è tenuta una
grossa iniziativa nel piazzale del cimitero maggiore, che ha impegnato
artisti, cantanti, band musicali, militanti e partigiani per molte ore,
dalle 18 a notte fonda, per ricordare in vario modo la Resistenza ed il
suo contenuto di libertà, e per molti, di eguaglianza.
Tra i tanti ricordiamo Renato Sarti, Paolo Rossi, Moni Ovadia, Flavio
Oreglio, i Matrioska, il presidente dell'Anpi lombarda Antonio
Pizzinato, Aldo Giannuli, Norina Pesce e, per la Federazione anarchica
milanese, Massimo Varengo.
Molte migliaia di persone hanno seguito con interesse e partecipazione
gli interventi, mentre numerosi banchetti di realtà associative
e centri sociali, compresi quelli dei gruppi anarchici locali, hanno
fatto da contorno al palco centrale collocato a poche decine di metri
sia dal Torchiera sia dal locale che avrebbe dovuto ospitare il gruppo
dell'estrema destra radicale "Cuore nero", ma che andò a fuoco
pochi giorni prima dell'inaugurazione.
L'incaricato