Umanità Nova, n.16 del 4 maggio 2008, anno 88

25 aprile a Verona, Roma, Torino, Milano. La Resistenza continua


Numerose e importanti le iniziative svoltesi in occasione del 25 aprile. Lo spazio tiranno ci impedisce di pubblicare subito tutti i resoconti. Su questo numero vi proponiamo le cronache delle manifestazioni in grandi centri come Roma, Torino e Milano e quella di Verona, luogo simbolo della resistenza al peggior fascismo. Sul prossimo numero pubblicheremo i resoconti da Pordenone, Udine, Bologna, Trapani, Reggio Emilia.

Verona: il vento fischia

Di certo se l'obiettivo del sindaco Tosi, il leghista con la pistola nonché noto camerata di merende dell'estrema destra scaligera, era quello di festeggiare il 25 aprile all'insegna del revisionismo antiresistenziale, gli è andata male, perchè comunque la città ha mostrato anche un'altra realtà, articolata in diverse iniziative sia di mobilitazione che di difesa della memoria antifascista.
Una realtà che alla mattina si è fatta vedere e sentire con bordate di fischi alla commemorazione ufficiale, nonostante la militarizzazione di piazza Bra e il divieto poliziesco di accedere al palazzo comunale nei confronti di ogni sospetto contestatore, compresa la figlia di un partigiano decorato al valore.
Nel primo pomeriggio, quindi, piazza Bra mostrava un volto del tutto contrastante con l'idea di Liberazione: circa 40 tra veicoli, camionette, blindati delle forze dell'ordine in assetto antisommossa, mentre cominciava a muoversi dalla stazione il previsto corteo dei migranti a cui hanno partecipato diverse migliaia di persone, dietro gli striscioni dei comitati degli immigrati, della RdB-Cub, dei centri sociali, degli antirazzisti, delle soggettività Lgbt.
Al termine di tale vivace corteo c'è stata una breve e immotivata carica della polizia, con due manifestanti feriti a manganellate, che voleva impedire ad ogni costo l'accesso a piazza Bra dove si stava svolgendo il presidio indetto dal Circolo Pink e da La Chimica presso la lapide dedicata alle vittime dei lager nazisti.
Durante tale partecipato presidio (inizialmente vietato dalla questura) voluto per ricordare le vittime dimenticate del nazifascismo e, in particolare, i gay e le lesbiche, rispettivamente contrassegnate dai nazisti col triangolo rosa e quello nero degli asociali, sono state lette testimonianze della deportazione.
Conseguentemente, sulla targa coi nomi dei campi di concentramento e sterminio, è stato deposto un triangolo floreale con gli stessi colori: rosa e nero.
Presenti anche le bandiere anarchiche, in solidarietà con tutte le vittime del nazifascismo e in ricordo del compagno veronese Giovanni Domaschi, morto a Dachau, a cui è intitolata la locale Biblioteca anarchica.
UN reporter

Roma è antifascista!

Questo è l'appello che le antifasciste e gli antifascisti hanno lanciato in una città aggredita continuamente dai vigliacchi attacchi della canaglia fascista.
Con questo spirito alcuni compagni hanno partecipato alla manifestazione del 25 aprile a Roma, ben consapevoli della sostanziale inutilità della costruzione di momenti promiscui con quelle forze che ricordano i valori dell'antifascismo solo in questa data.
Il corteo "ufficiale" ha rappresentato, infatti, un momento di tipo mediatico/elettoralistico per la prossimità, due giorni dopo, con il ballottaggio per l'elezione del sindaco di Roma.
Aperto dall' A.N.P.I., ha visto il garrire delle bandiere di un improbabile "Brigata Ebraica" (peraltro mai operante a Roma) insieme a bandiere dello stato d'Israele, a dimostrazione del tentativo di fare del 25 Aprile solo un momento di commemorazione rituale e non un momento di lotta e riflessione sulle pratiche autoritarie, fasciste e discriminatorie a cui certo non è estraneo né lo stato Israeliano, né ogni altro stato. A seguire hanno sfilato i partiti in campagna elettorale, con le loro bandiere bene in vista e  nulla a che fare con l'antifascismo.
In coda, a testimoniare, anche fisicamente, la distanza da certi modi di dichiararsi antifascisti, i compagni studenti delle "Nuove Resistenze" seguiti da molti dei centri sociali della capitale compatti nello spezzone della Rete Antifascista Metropolitana.
Il corteo, partito da Porta San Paolo, si è snodato attraverso le strade del centro, affollate di turisti e gente che girava godendosi la bella giornata e l'assenza di traffico.
Una volta giunto al Colosseo il corteo si è interrotto per ricordare le morti sul lavoro installando un totem commemorativo.
Il corteo è terminato nella multiculturale Piazza Vittorio dove i compagni hanno denunciato la pericolosità dell'occupazione fascista di Casa Pound, poco distante da lì.
Così come appare chiaro il tentativo istituzionale ridurre il 25 aprile a una commemorazione, appare sempre più evidente l'esigenza che i compagni caratterizzino maggiormente questa data per mantenerne lo spirito originario di lotta per la libertà.
F&V

Torino: 25 aprile in una città divisa

Il 25 aprile torinese ha avuto molte piazze, segno inequivocabile delle numerose cesure tra quanti anche quest'anno hanno scelto di manifestare per ricordare l'insurrezione della città contro il nazifascismo.
La fiaccolata promossa come ogni anno dall'Anpi la sera del 24 aprile, aperta dalla banda e dai gonfaloni, si è caratterizzata per la guerra delle bandiere. Una guerra su più fronti, combattuta nel PD e nel PRC. Nel PD gli amanti del "rosso" hanno esibito, tra furiose polemiche, una nuova versione del vessillo della formazione guidata da Veltroni, dove il simbolo del partito campeggiava in campo rosso. Nel PRC la pretesa del segretario Favaro che i rifondati sfilassero sotto le insegne dell'Arcobaleno ha provocato una rivolta tale da far dimettere Favaro. Segnali di ripiegamento identitario nel deserto della sinistra neo extraparlamentare.
Il giorno successivo il tentativo di contrastare lo show di Grillo in piazza S. Carlo con alcune star dello spettacolo nostrano è fallito miseramente. Poche migliaia di torinesi hanno partecipato alla kermesse in piazza Castello mentre la piazza del Vaffa Day ha raccolto la folla delle grandi occasioni, pronta a sfanculare in coro al ritmo imposto dal comico giustizialista, versione mediatico popolare del qualunquismo del secondo millennio. La mimesi della partecipazione, dell'agire in prima persona, messa in scena da diverse decine di migliaia di persone è il segnale inequivocabile che il disagio verso il Palazzo non sa trovare forme politiche e sociali e finisce con l'affidarsi ad un singolare uomo della provvidenza. Fa già il comico per cui a nessuno viene in mente che sia ridicolo, nel suo agitarsi sul palco come il Chaplin del Grande Dittatore; pretende di non fare il politico sì che a nessuno venga il dubbio di interrogarsi sul pasticcio di retorica e buoni sentimenti con cui farcisce i suoi comizi. Né di destra, né di sinistra piace a tutti, perché, come negli aperitivi della torinesità da bar, tutti trovano qualcosa di buono di spilluzzicare.
Lontano dal centro si sono svolte le altre iniziative del 25 aprile. Disobbedienti ed autonomi hanno fatto il giro delle lapidi partigiane rispettivamente a Borgo S. Paolo e Vanchiglia.
In Barriera di Milano si è svolto il tradizionale presidio alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, morto combattendo i nazifascisti il 26 aprile del 1945, concludendo così una lotta contro il fascismo che già gli era costata galera e confino.
Quest'anno hanno partecipato, oltre agli anarchici, alcuni giovani ed anziani del quartiere. Un quartiere tradizionalmente popolare oggi profondamente trasformato dalla crisi sociale, dalla forte presenza di immigrati, dalla propaganda razzista e xenofoba di fascisti e leghisti. Una giornata nel segno di una Resistenza che continua nella lotta contro il nuovo fascismo che si concreta nelle leggi e nelle politiche razziste, nelle ronde, nelle squadracce, nei comitati contro gli immigrati. La manifestazione si conclusa con la deposizione di un mazzo di garofani rossi alla lapide di Ilio e con una bicchierata in ricordo di tutte le vittime del fascismo. Ha concluso Roberto Prato con un lungo e appassionante intervento sulla Resistenza a Torino e, in particolare, in Barriera di Milano.
m. m.

Milano: una forte memoria antifascista

Numerose le iniziative a Milano e provincia per un 25 aprile che quest'anno ha coinciso con il forte rafforzamento elettorale della destra, che - in specifico con la Lega Nord - ha registrato un consenso sociale preoccupante.
Tra deposizione delle corone alle lapidi dei partigiani caduti e al monumento che in piazza Loreto ricorda il massacro degli antifascisti del 10 agosto 1944, biciclettate nei luoghi dell'insurrezione del 24 aprile e pranzi (denominati bivacchi), si è arrivati alla tradizionale manifestazione pomeridiana, caratterizzata come sempre da una forte impronta istituzionale, ma consueto ritrovo della Milano antifascista.
Quest'anno poi in molti si domandavano se il risultato elettorale avrebbe condizionato, e in che modo, la partecipazione. In buona sostanza c'era molta attesa per capire, dalla manifestazione, quale fosse il "polso" del "popolo di sinistra" all'indomani della batosta del 14 aprile.
Si può dire che, pur lontani dal mezzo milione che nel 1994 salutò la prima vittoria di Berlusconi (ma si trattava pur sempre di una manifestazione a carattere nazionale), i centomila che sono scesi in piazza hanno evidenziato più un dovere di parte che una reale volontà di andare alle radici delle motivazioni della sconfitta elettorale subita. Sventolio delle bandiere di partito, praticamente tutte dal PD fino alla sinistra più radicale, passando per i socialisti (si, proprio loro) con una bandiera a testa a formare un gruppazzo compatto e visibile. Pochi slogan, ma un compassato desiderio di esserci, di farsi vedere, di dimostrare che la Milano antifascista non dimentica, anche se probabilmente non sa bene dove andare a parare.
Un nutrito spezzone antagonista autorganizzato, con una significativa presenza libertaria, ha contribuito a vivacizzare il corteo, percorrendone un comune tratto di strada tra Palestro e san Babila, per poi proseguire autonomamente, in totale disaccordo con l'anima istituzionale della manifestazione.
La scelta della Federazione anarchica milanese è stata quella invece di organizzare un presidio in san Babila, molto visibile con bandiere e striscione, volantinaggio, banchetto stampa e diffusione di Umanità Nova, per marcare la distanza da istituzioni, partiti e movimenti che con le loro politiche elettoraliste hanno piegato la Resistenza a loro uso e consumo ed hanno lasciato spazio ad una destra populista sempre più aggressiva. Una scelta molto positiva, che ci ha permesso di dare visibilità alle nostre proposte e alle nostre iniziative.
In serata poi, promossa dalla cascina Torchiera senza acqua, con il sostegno di molti organismi di zona e non solo, si è tenuta una grossa iniziativa nel piazzale del cimitero maggiore, che ha impegnato artisti, cantanti, band musicali, militanti e partigiani per molte ore, dalle 18 a notte fonda, per ricordare in vario modo la Resistenza ed il suo contenuto di libertà, e per molti, di eguaglianza.
Tra i tanti ricordiamo Renato Sarti, Paolo Rossi, Moni Ovadia, Flavio Oreglio, i Matrioska, il presidente dell'Anpi lombarda Antonio Pizzinato, Aldo Giannuli, Norina Pesce e, per la Federazione anarchica milanese, Massimo Varengo.
Molte migliaia di persone hanno seguito con interesse e partecipazione gli interventi, mentre numerosi banchetti di realtà associative e centri sociali, compresi quelli dei gruppi anarchici locali, hanno fatto da contorno al palco centrale collocato a poche decine di metri sia dal Torchiera sia dal locale che avrebbe dovuto ospitare il gruppo dell'estrema destra radicale "Cuore nero", ma che andò a fuoco pochi giorni prima dell'inaugurazione.
L'incaricato

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