La tradizione degli oppressi ci
insegna che lo "stato d'eccezione" in cui viviamo è la regola.
Dobbiamo giungere a un concetto di storia che corrisponda a questo.
Allora ci starà davanti, come nostro compito, di suscitare il
vero stato d'eccezione, migliorando così la nostra posizione
nella lotta contro il fascismo. La cui chance sta, non da ultimo, nel
fatto che gli oppositori lo affrontano in nome del progresso, come se
questo fosse una norma della storia. – Lo stupore perché le cose
che noi viviamo sono "ancora" possibili nel ventesimo secolo non
è filosofico. Non sta all'inizio di alcuna conoscenza, se non di
questa: che l'idea di storia da cui deriva non è sostenibile.
Walter Benjamin, Sul concetto di storia, VIII, 1940
La riflessione sul presente si arricchisce quando si misura la
ovvietà dell'accadere storico in cui si è immersi. Mentre
i più gridano alla svolta epocale, alla fine di qualcosa (tipo
la presenza della "sinistra" nel parlamento italiano), meglio vedere la
normalità "che avanza", nel senso che "sovrabbonda".
Se la "guerra" è "permanente", l'emergenza è la regola,
quindi viviamo in una permanente situazione di insicurezza, dobbiamo
difenderci, armarci, è aggredire "preventivamente" prima di
essere aggrediti. Siamo immersi nel caos e cerchiamo sicurezza. Con gli
stessi soldi compriamo sempre meno cose e quindi dobbiamo lavorare di
più per far lievitare i nostri salari (e chissà
perchè non le stesse ore per più soldi all'ora). Il
fascismo è la forma di società in cui siamo immersi,
anche se oggi è più in voga la categoria politica di
neoliberismo. Mentre per il liberalismo lo stato doveva sempre
più ritirarsi ed essere solo il garante (anche armato) della
libertà proprietaria, il fascismo/neoliberismo hanno la pretesa
di sussumere tutti gli aspetti della vita sociale, sono un modo di
vivere puntigliosamente regolato dalle norme. Il popolo che plasmano
non gode di libertà, se non vigilata, programmata, decisa,
scelta. Lo stato si occupa di tutto ciò che riguarda la vita del
cittadino, anche dei suoi gusti e dei suoi più reconditi
desideri, assecondandoli o censurandoli, certo non restandovi
indifferente. Onnipervasivo, anziché "finito", lo stato oggi
realizza pienamente la sua vocazione autoritaria nel momento in cui
dichiara il proprio oblio, il proprio retrocedere davanti alle
"libertà" di plastica buone per tutti i palati, anche quelli
più assetati di sangue.
Forse val la pena di prendere in considerazione il monito e smettere di
pensare all'oggi immerso in un piano e liscio svilupparsi degli eventi
storici in marcia verso "il meglio", sempre e comunque. E per "il
meglio" intendiamo anche una necessaria e inarrestabile decadenza degli
attuali equilibri di potere per contraddizioni interne. Come se la
libertà potesse sorgere al culmine del processo storico,
piuttosto che come sua cesura. La libertà si mette sempre "di
traverso" alla storia, allo scontato fluire degli eventi. Sua sola
matrice è la volontà del singolo che afferma la "nuova
umanità" che ha dentro e che vuole condividere. Non siamo alla
fine di nulla, perchè la nostra storia è libertà
ogni giorno vissuta nella sua eccezionalità rispetto allo stato
di cose presenti: "vero stato di eccezione" che sovverte la liscia
superficie di fascismo e neoliberismo.
Simone Bisacca