È morto a Roma, all'età di 81 anni, il compagno Pasquale
Angeloni. Pasquale era uno degli ultimi sopravvissuti della
ricostruzione del movimento anarchico nel Lazio nell'immediato
dopoguerra.
Compì questa strada insieme a un nutrito gruppo di giovani,
divenuti militanti della FAI, contribuendo allo sviluppo
dell'organizzazione attraverso la diffusione sul territorio di gruppi
locali nel basso Lazio, sua zona d'origine, dove era conosciuto e
stimato.
Il suo apporto, insieme ad una grande disponibilità personale,
fu soprattutto di carattere culturale e ne fece il punto di riferimento
in zone agricole, spesso abbandonate e povere, ove la presenza dei
fenomeni d'industrializzazione, che si cominciavano a manifestare,
facevano nascere i primi nuclei di classe operaia.
Come molti, in gran parte giovani ed impazienti, fu, negli anni '50,
uno dei promotori del Gruppo Roma Centro della Federazione Anarchica
Laziale, dove lavorò alla progettazione e all'attivazione di un
sistema organizzativo basato sulla diffusione nel territorio e sulla
crescita culturale dei compagni. L'attività ebbe il sostegno di
Umanità Nova, la cui redazione era allora affidata a P.C. Masini
e nel cui ambito prese forma e si caratterizzò una forte
polemica con la rivista Volontà, allora a Napoli, diretta da C.
Zaccaria e G. Berneri. La polemica culminò con la redazione del
documento "Resistenzialismo, piano di sconfitta", che pose le prime
basi per la crescita di un nuovo tipo d'organizzazione politico-sociale
all'insegna del "movimento orientato e federato", che dopo aspri
contrasti si separò dalla FAI andando a formare i GAAP – Gruppi
Anarchici di Azione Proletaria. Quando i GAAP, evolvendo in senso
leninista, si sciolsero in Azione Comunista (poi divenuta Lotta
Comunista), Pasquale volle restare tra gli anarchici e non entrò
nella nuova organizzazione.
Era un valente medico ematologo e si era distinto per diverse battaglie
all'interno del suo posto di lavoro, alla Croce Rossa Italiana, per la
costruzione di un laboratorio di Ricerca Ematologica e per la
diffusione dei centri trasfusionali negli ospedali. Fu uno dei
protagonisti della lotta per la smilitarizzazione dei conducenti e
delle infermiere delle ambulanze della CRI. Pur riuscendo a vincere la
battaglia, pagò una pesante penalizzazione in termini di
carriera, e, solo dopo anni e diverse cause, riuscì ad essere
risarcito.
Straordinario fu il suo apporto, di specialista delle malattie del
sangue, nella ricerca delle responsabilità delle case
farmaceutiche nella fornitura di prodotti da trasfusione infettati che
causarono un'epidemia di epatite virale, in alcuni casi letale.
Negli ultimi anni la sua opera è stata ancora più
rilevante nell'accertamento delle cause del decesso dei militari
italiani nelle missioni di guerra per l'uso dei proiettili NATO ad
uranio impoverito i cui risultati, indicatori delle
responsabilità statali nei decessi, sono stati coperti dal
segreto istruttorio.
La sua matrice anarchica, come possono testimoniare tutti quelli che lo
hanno conosciuto, è rimasta vivace fino alla fine. In più
di un'occasione si è discusso con lui dell'attualità del
gradualismo malatestiano, in relazione ai cambiamenti sociali
intervenuti in Italia.
La sua curiosità era insaziabile e sua disponibilità
verso i compagni proverbiale: era un anarchico che credeva in un modo
nuovo e cercava di realizzarlo.
MC