"Non c'è mondo, fuori di questa città"
citazione dall'Amleto scolpita sul Portone della Bra, Verona
Anche di fronte all'evidenza più nuda, quando si è messi
alle strette, in un angolo, ci può essere chi nega la
realtà.
Nei casi traumatici ciò si lega ad un processo comprensibile di
rimozione, meccanismi di difesa che adotta la nostra mente finalizzati
alla sopportazione di un dolore altrimenti troppo grande.
Quando però buona parte di una città, a partire dalle
sfere istituzionali e dalle agenzie educative passando per la curia e
gli organi di stampa fino ad approdare all'opinione pubblica diffusa,
non ha il coraggio di chiamare le cose col loro nome, minimizzando,
accusando di strumentalizzazione chi riporta fatti, date,
testimonianze, allora in quella città qualcosa non funziona.
Difendendo l'indifendibile, ci si vuole smarcare da qualsiasi
corresponsabilità.
Altre volte è successo, il vittimismo di un corpo sociale malato
da tempo di intolleranza e che non è mai riuscito ad ammetterlo,
nemmeno nel caso tragicamente assurdo dell'"omicidio rituale" di Nicola
Tommasoli, porta inesorabilmente all'autoassoluzione. E al rischio
reale che nulla cambi e che gli eventi si ripetano.
Verona ha dimostrato di essere per buona parte indifferente a muri
fioriti di svastiche, a squallidi striscioni e saluti esibiti allo
stadio, a ignoranti parole d'odio istituzionale, a neonazisti in erba
che crescono indisturbati e nutriti di disprezzo.
Una città al contempo pronta a indignarsi etnicamente, a seconda
della provenienza, a seconda del ceto, adottando senza nemmeno
accorgersene due pesi e due misure paradossali.
Una città ricca, ma vuota. Arroccata e impaurita. Forcaiola coi deboli, omertosa coi benestanti.
Mille campanelli d'allarme sono risuonati in questi anni, strade
ripulite dall'insidioso unto del kebab si erano già in passato
sporcate di sangue. Mille vane parole sono state spese per denunciare
le pericolose connivenze tra una fetta della società, la
politica di palazzo e una destra fascista (e quindi per sua natura
violenta) autorizzata ad agire dal menefreghismo - quando non dal
malcelato plauso - di un corpo sociale che, nonostante tutto, continua
a considerarsi sano.
Senza nascondersi dietro ad un dito, e comunque ribadendo che esiste un
pensiero critico e alcuni settori della società scaligera
profondamente in disaccordo con tutto questo, bisognerebbe cominciare a
porsi delle serie domande, prima di dare per spacciata un'intera
comunità, incapace di sottoscrivere un accordo minimo su
parametri di vivibilità e di convivenza umana.
Il fascismo dietro al dito
Senza attraversare per l'ennesima volta le trame nere che seguono il
corso dell'Adige e che costellano di episodi piccoli, grandi, enormi
tutta la storia di Verona, mi soffermerei allora sul greto del fiume,
meditabondo, ad osservare i miei simili, così vicini e
così lontani. A loro chiederei:
Chi si riempie la bocca di tolleranza zero e predica guerra al degrado
spalancando di fatto le porte a pratiche di normalizzazione fascista e
criminalizzazione securitaria?
Chi arma ideologicamente annoiati ventenni rendendoli degli assassini?
Chi coltiva il loro vuoto, che per essere sopportato si veste dei
simboli dell'odio identitario, così che una vita meschina ha
senso solo se si riconosce nel rapporto con l'Altro da umiliare, con il
Nemico da distruggere?
A cadavere ancora caldo, il sindaco leghista Flavio Tosi (quello dei
decreti anti-bivacco, delle ronde, degli sgomberi di campi rom e centri
sociali, dell'istigazione all'odio razziale, della partecipazione a
cortei in compagnia di Forza Nuova, Veneto Fronte Skinheads e Fiamma
Tricolore, amico della curva ultrarazzista dell'Hellas Verona, di
Roberto Fiore e dei tradizionalisti cattolici, quello che - pochi mesi
fa - va a dare la sua solidarietà al branco dei fascisti
arrestati - due dei quali hanno ammazzato Nicola Tommasoli - per
violenze e aggressioni di ogni tipo, denunciando il pugno troppo duro
della magistratura nei loro confronti), questo sindaco ci rassicura che
i giovani sanguinari per bene sono "casi isolati". Il vescovo corrobora
le anime parlando di semplice bullismo (soluzione: momento di veglia,
benedizione, assoluzione per tutti). La stampa locale allude e umanizza
(giovani veronesi atterriti, addirittura nello stesso braccio del
carcere dove si trovano gli immigrati... mi dispiace, è tutto
vero!) e contemporaneamente getta ombre di discredito sulla vittima
(non era una sigaretta, forse fumava una canna...). La difesa fa il suo
mestiere e ipotizza (smentito dai referti!) malformazioni del cranio,
disfunzioni cardiache, che nessuno poi abbia sferrato calci alla
vittima (il fatto che a difenderne tre è il fascista Bussinello
- prima in Forza Nuova ora nella Destra di Storace - avvocato a cui si
rivolgono nazifascisti da tutta Italia, non sembra influente per
connotare l'appartenenza politica dei cinque). Esponenti del mondo
della scuola che - esterrefatti e basiti di quel che è successo
- propongono momenti di riflessione con i giovani promuovendo "incontri
sulla legalità" (quando un mese prima, il preside del liceo
classico in cui studiava uno dei cinque aveva tentato di imporre al
collettivo studentesco che promuoveva un dibattito sull'antifascismo la
presenza di Massimo Mariotti, ex consigliere e assessore di Alleanza
Nazionale, organizzatore di concerti neonazisti, fiero fascista,
referente politico del mondo ultras gialloblu). Addirittura l'Istituto
storico della Resistenza (lo stesso a cui il Comune poco tempo fa aveva
proposto l'irriducibile Miglioranzi come suo rappresentante nel
direttivo) ha avuto lo stomaco di produrre un documento di condanna in
merito all'aggressione omicida senza citare né fascismo
né antifascismo ma appellandosi ad un generico rifiuto della
violenza e ripristino della legalità… Chiudono il cerchio il
consiglio e la giunta comunale che in una riunione straordinaria
esprimono tutto il loro ferale cordoglio e la denuncia della barbarie
senza menzionare nemmeno una volta la parola "fascismo". Nessuno li
potrà tacciare di incoerenza del resto, tra i banchi siedono
fior fiore di personaggi che si rifanno ad un'ideologia ben precisa e
non hanno avuto mai il minimo ripensamento. Uno per tutti il già
celebrato Andrea Miglioranzi, ex Veneto Fronte Skinheads e bassista dei
nazistissimi Gesta Bellica, ora Fiamma Tricolore che ha trovato il
coraggio di denunciare un certo clima da caccia alle streghe nei suoi
confronti... L'opposizione? All'unanimità - meno uno -
sottoscrive la mozione e partecipa ad un'inguardabile "manifestazione
silenziosa contro la violenza".
Insomma, a tempo debito i cinque saranno, se il processo di rimozione
collettiva verrà affiancato da un processo di riabilitazione, le
vere vittime, figli di una violenza senza senso, senza radici, senza
nomi, in una parola senza responsabilità (ma che bisogna
assolutamente capire!).
L'operazione è facilmente smascherabile (anche se da qui sembra uno sforzo sovrumano).
Questa volta il senso comune scaligero (coadiuvato da precise
motivazioni politiche di chi detiene il potere in città) cerca
di spegnere l'incendio che divampa, quando siamo abituati vederlo
gettare benzina sul fuoco se a delinquere è uno estraneo al suo
triste concetto di "padano". I mostri devianti sono "casi isolati"
quindi, usciti da chissà quale irrazionale pertugio: verranno
assicurati alla giustizia e finita lì, la Verona anestetizzata
potrà dormire altri sonni della ragione.
Il sindaco commenta che "la politica non c'entra", che "Verona non
è fascista", che "bisogna smetterla di criminalizzare la
curva"... Gli va dato merito: in questo è veramente il Primo
cittadino, interprete cioè dello stesso vittimismo e della
stessa ipocrisia di cui si riempiono da troppo tempo la bocca coloro
che fanno finta di non vedere. E infatti non è Tosi ad aver
creato questo clima, ma il clima stesso ad aver generato come suo
rappresentante Tosi.
Lo spettro di Ludwig è ancora qui
Nel 2007 i "casi isolati" hanno agito impunemente in diciassette per un
anno, a picchiare chi non fosse consono al loro aberrante concetto di
decoro. È sufficiente fare un giro in centro, la sera, nei
locali della meglio gioventù veronese. Oppure allo stadio, in
curva. Ne vedrete a mucchi di casi isolati.
E come in passato si utilizzavano stereotipi distorti per decifrare la
violenza gratuita ("rissa tra ubriachi", "scazzottata tra balordi",
ragazzate insomma), oggi ci si arrampica sugli specchi parlando di
"disgraziati", "deficienti" e "bulli", senza minimamente accettare che
giovani dall'apparenza di bravi ragazzi (non "naziskin"!) siano dediti
allo squadrismo.
Li si taccia di non essere veri fascisti, ma una sorta di inconsapevoli
simulacri portatori di simbologia (più che di ideologia) nera.
Perché, uno squadrismo ignorante e sballato provoca forse meno
danni di uno squadrismo ponderato e militante? I giovani fascisti di
Verona incarnano molti dei tratti a-valoriali che contraddistinguono il
malessere della borghesia più benestante e ignorante. Nascono
avviluppati nel benessere, cullati dalla vuota consapevolezza che nella
vita l'importante è avere, non essere. Crescono circondati dal
nulla, corroborati dalla stessa vacuità dei loro simili, in una
cornice sociale sterile e superficiale, a volte assecondata dagli
stessi genitori. In questo disagio, in questo senso del pericolo di
perdere l'egoistico status acquisito (dai padri, loro nascono
già privilegiati), in queste sacche di infelicità si
insinuano gli amministratori e i manovratori dell'odio. Che
approfittano di questo fertile humus e con il grimaldello del populismo
fanno leva sugli impulsi più irrazionali arruolando soldatini
xenofobi sedotti dall'autorità. L'individuazione del capro
espiatorio permette di scaricare su quest'ultimo frustrazioni e ansie.
In una città opulenta è possibile dunque che nel suo
salotto buono il nemico venga rappresentato - in mancanza d'altro -
come l'estraneo alla comunità escludente, il diverso, quello che
per acconciatura o abbigliamento appare non uguale.
L'aver sottovalutato la questione del totale sdoganamento fascista ha
contribuito a creare un clima di legittimazione - anche involontaria -
che ha permesso ai più giovani e sprovveduti di sentirsi
protetti. Sui muri, alle manifestazioni fasciste, allo stadio si scrive
e si grida "Verona è nostra". Qualcuno si sente impunito,
qualcuno si sente forte non solo per i numeri che può spendere,
ma per l'omertà assolutamente trasversale che tiene a galla
sentimenti di diseguaglianza e pulsioni di sopraffazione.
Così si spiega la cortina fumogena che si è levata nel
giro di poche ore dall'individuazione degli aggressori: non c'è
movente politico ma solo appartenenza, forse ideologica. E cosa vuol
dire? Cosa cambia se si discrimina e si mena per appartenenza etnica,
spirituale, calcistica? Come se non fosse un'aggravante ammazzare uno
perché non ci piace la sua acconciatura, o per il rifiuto di una
sigaretta (un futile pretesto per agganciare la preda, provocare una
reazione e aggredire, altre volte utilizzato).
Chi adesso lava la propria coscienza e il proprio agire politico,
avendo cavalcato - e proseguendo a farlo - i populismi più
facili, le demagogie più strumentali, le amicizie più
imbarazzanti, è per forza di cose responsabile di aver
alimentato un certo clima. Bisogna invece fare terra bruciata nei
confronti dei fomentatori della paura, arginare le loro derive, non
esserne più involontari complici. Le svastiche e le celtiche che
ricoprono i muri di questa città sono lì, a dimostrare
tutto il menefreghismo che ha nutrito la bestia.
In un maldestro tentativo di rigirare il senso del tutto ad esempio, lo
sceriffo Tosi vorrebbe far passare allora come legittime le ronde
padane, ennesima forma di controllo che soffoca, di delazione che
opprime, nel goffo tentativo di mettere pericolose pezze a problemi che
stanno altrove.
Problemi che si alimentano dentro, e non fuori il corpo sociale.
I padri nelle ronde, i degni figli a ripulire le strade da ciò che non è loro conforme?
È ora di dare un taglio a simili escrescenze, al
collaborazionismo con le forme (strutturate o di branco che siano) di
fascismo. È ora di denunciare la legittimazione ad agire resa
plausibile da parte di una politica dell'odio e del disprezzo che la fa
da padrona in città.
Verona è ostaggio di questo pus, lo andiamo dicendo da anni.
Liberiamola.
Emanuele Del Medico
A volte le immagini valgono più delle parole, si dice così.
Segnalo due video allora: su YouTube cercate "Fascist Demonstration (Verona 27 maggio 2006)" e "DIOBONO"