Umanità Nova, n.19 del 25 maggio 2008, anno 88

Biopolitica. Controllo e disciplina


Ma in un clima cupo come quello che stiamo vivendo parliamo ancora del papa, di Formigoni, di attacchi alla libertà delle donne?
Forse c'è qualcosa di più importante di cui parlare, qualcuno penserà… E un pensiero così, piccolo piccolo, forse è anche nella testa di alcune di noi. Ma, a pensarci un po', gli attacchi contro le donne, quelli contro i rom, quelli contro chi porta i capelli diversi da te, non sono poi così scollegati.
Innanzitutto i fatti.
A governo appena formato il papa manda un preciso segnale: l'aborto è un delitto. Non occorre abolire la 194, ma rimettere un po' le donne in riga: dare sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio, mettere esponenti del movimento della vita nei consultori che indirizzino le coscienze e i valori. Del resto la 194 è già ampiamente affossata. La relazione della ministra Turco presentata di recente mostra un forte incremento del numero degli obiettori in Italia. Negli ultimi anni è aumentata per i ginecologi dal 58,7% al 69,2%; per gli anestesisti, dal 45,7% al 50,4%; per il personale non medico, dal 38,6% al 42,6%. Come si vede ci sono le parole, ma anche i fatti.
Al papa fa eco Formigoni, presidente della regione Lombardia, dove il Tar ha appena bocciato le nuove linee guida per l'applicazione della 194, formulate proprio da Formigoni definendole "incompetenti, illegittime e intempestive". Un successo? Forse, ma una sentenza che servirà veramente a poco se le donne saranno assenti negli ospedali e nei consultori. Infatti sia Formigoni sia i responsabili di alcuni dei maggiori ospedali milanesi hanno già affermato che continueranno come prima: il limite della ventiduesima settimana è ormai universalmente accettato: il medico decide perché ne sa più di tutti, figuriamoci delle donne.
Al papa fa eco anche Giovanardi che non accetta neppure le nuove linee guida appena varate sulla legge 40 (quella sulla procreazione assistita) che proprio di rivoluzionario non hanno nulla: con semplice buon senso avevano eliminato la diagnosi pre-impianto per alcune malattie genetiche e allargato la procreazione assistita ad alcuni casi di gravi malattie trasmissibili al feto. Anche in questo caso probabilmente non succederà nulla: le linee guida rimarranno quello che sono (farraginose e oppressive). Ma il solo dire che lo stato vuole aumentare il controllo sul corpo delle donne è importante, perchè aumenta la certezza di non poter decidere da sole.
E allora torniamo da dove siamo partite. Perché? Come si inserisce tutto ciò nel quadro generale della situazione che stiamo vivendo?
A me sembra che siamo dentro un quadro complessivo segnato dalla paura. Che si parli di rom, di giovani, di donne, si tratta sempre di corpi che si cerca di espellere, controllare, punire. Un attacco che viene portato a chiunque metta in discussione i valori più tradizionali, a chiunque rivendichi un minimo di libertà. Di fronte alla paura del caos, occorre controllarlo e si inventano dei capri espiatori che diventano mostri. Ha poca importanza se i mostri cambiano in continuazione a seconda delle necessità.
Quando la paura del futuro è forte e si ha la sensazione di non governare più la realtà, occorre inventarsi un nemico. E i media martellano ricordando che l'unica salvezza sono i valori tradizionali della famiglia, dio, patria.
Migranti, donne, giovani, mettono paura non perché disumani, ma forse perché troppo umani, più difficili degli altri da normare.
Non a caso alcune donne hanno coniato il termine di biopolitica, cioè una politica che passa attraverso i corpi della gente.
Perciò se esiste un unico filo che lega i pacchetti sicurezza, gli attacchi alla libertà delle donne, i pogrom contro i rom, occorre che anche noi si reagisca in termini di "biopolitica", cioè utilizzando le nostre intelligenze ed i nostri corpi per difendere la libertà di tutte e tutti in qualsiasi modo essa venga attaccata.

R.P.

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