Qualcuno ha parlato di uno "tsunami silenzioso" ma la catastrofe dovuta
all'aumento vertiginoso dei prodotti alimentari non ha niente di
"naturale". È invece il frutto di scelte precise compiute negli
ultimi 25 anni sulla pelle delle popolazioni dei paesi poveri ma anche
di quelli ricchi. Sì perché le conseguenze di prezzi che
sono aumentati mediamente di circa l'80% nel giro di appena due anni
(2005-2007) saranno catastrofiche nel sud del mondo, aggiungendo almeno
altri 100 milioni di esseri umani ai circa 900 milioni che già
oggi rischiano ogni giorno di morire di fame, ma colpiranno, e per la
verità stanno già colpendo, anche il livello di vita dei
più poveri che vivono nei paesi "ricchi".
Ma cosa sta succedendo a quello che gli stupidi definivano, fino a
pochi mesi fa, "turbocapitalismo"? Sale il prezzo del petrolio,
probabilmente perché si è raggiunto il picco della
produzione dell'oro nero e l'offerta non riesce più a rispondere
alla domanda, sale il prezzo delle materie prime, salgono i prezzi dei
generi alimentari primari per la sopravvivenza di centinaia di milioni
di persone, riso e grano ma non solo. I mercati finanziari sono a
grande rischio di implosione. Banca mondiale e Fondo monetario, massimi
organismi finanziari internazionali e strumento degli interessi del
capitalismo mondiale e degli Stati ricchi, ammettono che non si tratta
di una crisi passeggera e ritengono, loro i "campioni" del liberismo
del "lasciar fare", che solo un deciso intervento del denaro pubblico
potrà impedire il peggio.
Da parte sua l'ONU, quest'ectoplasma che ormai sopravvive a se stesso,
lancia quasi quotidianamente allarmi sul rischio che le "rivolte del
pane" si estendano a macchia d'olio ai paesi del continente africano,
del sud ovest asiatico e dell'America latina. Il governo americano ha
messo a disposizione ben 200 miliardi di dollari di aiuti per i paesi
maggiormente colpiti, 60 miliardi di euro li ha messi a disposizione il
governo francese… Briciole che non servono neppure a scaricare la
coscienza di questi signori che giocano con le vite di milioni di
esseri umani e poi fanno loro un po' di carità.
Le origini degli attuali aumenti dei prezzi vanno ricercate nei piani
di "aggiustamento strutturale" imposti ai paesi del sud del mondo.
Erano i primi anni '80 e Banca mondiale e Fondo monetario decisero di
"aiutare" i paesi poveri a "risolvere" la crisi del debito estero. Per
i soloni del "turbocapitalismo" la globalizzazione avrebbe dato i suoi
benefici quando ogni regione avesse prodotto massicce quantità
di ciò cui era più portata, lasciando ad altre regioni di
produrre la maggior parte di quello di cui aveva in ogni caso bisogno.
Una specie di divisione mondiale della produzione. È la teoria
dei vantaggi comparativi: ogni regione si specializza in una produzione
che esporta massicciamente mentre altrettanto massicciamente importa
dalle altre regioni ciò in cui esse si sono specializzate. In
tal maniera sono state distrutte intere economie locali e ogni regione
dipende in maniera vitale dalle proprie esportazioni ma soprattutto
dalle importazioni. Questi piani sconsiderati hanno provocato la rovina
di milioni di contadini che non hanno potuto far altro che abbandonare
le proprie terre e inurbarsi in bidonvilles o tentare l'avventura su
qualche carretta del mare.
Oggi che le speculazioni finanziarie si sono abbattute sui generi
alimentari di prima necessità, molti paesi hanno congelato le
esportazioni di generi alimentari di base (è di oggi, 25 aprile,
la notizia che anche il Brasile ha bloccato per sei mesi le proprie
esportazioni di riso, in gran parte destinate ai paesi poveri di Africa
e Asia) provocando un ulteriore shock sui traballanti mercati mondiali.
Altre cause del disastro vanno ricercate nella scelta di indirizzare
parte dei raccolti alla produzione di biocarburanti nella folle
speranza di poter mantenere gli attuali stili di vita consumistici dei
paesi ricchi e nei primi effetti evidenti del riscaldamento climatico.
Ne riparleremo.
Indagator