Umanità Nova, n.19 del 25 maggio 2008, anno 88

Fame ed affari. Grano e riso: prezzi al galoppo


Qualcuno ha parlato di uno "tsunami silenzioso" ma la catastrofe dovuta all'aumento vertiginoso dei prodotti alimentari non ha niente di "naturale". È invece il frutto di scelte precise compiute negli ultimi 25 anni sulla pelle delle popolazioni dei paesi poveri ma anche di quelli ricchi. Sì perché le conseguenze di prezzi che sono aumentati mediamente di circa l'80% nel giro di appena due anni (2005-2007) saranno catastrofiche nel sud del mondo, aggiungendo almeno altri 100 milioni di esseri umani ai circa 900 milioni che già oggi rischiano ogni giorno di morire di fame, ma colpiranno, e per la verità stanno già colpendo, anche il livello di vita dei più poveri che vivono nei paesi "ricchi".
Ma cosa sta succedendo a quello che gli stupidi definivano, fino a pochi mesi fa, "turbocapitalismo"? Sale il prezzo del petrolio, probabilmente perché si è raggiunto il picco della produzione dell'oro nero e l'offerta non riesce più a rispondere alla domanda, sale il prezzo delle materie prime, salgono i prezzi dei generi alimentari primari per la sopravvivenza di centinaia di milioni di persone, riso e grano ma non solo. I mercati finanziari sono a grande rischio di implosione. Banca mondiale e Fondo monetario, massimi organismi finanziari internazionali e strumento degli interessi del capitalismo mondiale e degli Stati ricchi, ammettono che non si tratta di una crisi passeggera e ritengono, loro i "campioni" del liberismo del "lasciar fare", che solo un deciso intervento del denaro pubblico potrà impedire il peggio.
Da parte sua l'ONU, quest'ectoplasma che ormai sopravvive a se stesso, lancia quasi quotidianamente allarmi sul rischio che le "rivolte del pane" si estendano a macchia d'olio ai paesi del continente africano, del sud ovest asiatico e dell'America latina. Il governo americano ha messo a disposizione ben 200 miliardi di dollari di aiuti per i paesi maggiormente colpiti, 60 miliardi di euro li ha messi a disposizione il governo francese… Briciole che non servono neppure a scaricare la coscienza di questi signori che giocano con le vite di milioni di esseri umani e poi fanno loro un po' di carità.
Le origini degli attuali aumenti dei prezzi vanno ricercate nei piani di "aggiustamento strutturale" imposti ai paesi del sud del mondo. Erano i primi anni '80 e Banca mondiale e Fondo monetario decisero di "aiutare" i paesi poveri a "risolvere" la crisi del debito estero. Per i soloni del "turbocapitalismo" la globalizzazione avrebbe dato i suoi benefici quando ogni regione avesse prodotto massicce quantità di ciò cui era più portata, lasciando ad altre regioni di produrre la maggior parte di quello di cui aveva in ogni caso bisogno. Una specie di divisione mondiale della produzione. È la teoria dei vantaggi comparativi: ogni regione si specializza in una produzione che esporta massicciamente mentre altrettanto massicciamente importa dalle altre regioni ciò in cui esse si sono specializzate. In tal maniera sono state distrutte intere economie locali e ogni regione dipende in maniera vitale dalle proprie esportazioni ma soprattutto dalle importazioni. Questi piani sconsiderati hanno provocato la rovina di milioni di contadini che non hanno potuto far altro che abbandonare le proprie terre e inurbarsi in bidonvilles o tentare l'avventura su qualche carretta del mare.
Oggi che le speculazioni finanziarie si sono abbattute sui generi alimentari di prima necessità, molti paesi hanno congelato le esportazioni di generi alimentari di base (è di oggi, 25 aprile, la notizia che anche il Brasile ha bloccato per sei mesi le proprie esportazioni di riso, in gran parte destinate ai paesi poveri di Africa e Asia) provocando un ulteriore shock sui traballanti mercati mondiali.
Altre cause del disastro vanno ricercate nella scelta di indirizzare parte dei raccolti alla produzione di biocarburanti nella folle speranza di poter mantenere gli attuali stili di vita consumistici dei paesi ricchi e nei primi effetti evidenti del riscaldamento climatico. Ne riparleremo.

Indagator

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