A diciassette giorni dalla vile aggressione che ha determinato la morte
del giovane Nicola Tommasoli, sabato 17 maggio a Verona si è
manifestato contro i fascisti, le collusioni del sindaco leghista Tosi
con l'estrema destra scaligera, ma soprattutto contro il clima
irrespirabile e invivibile d'intolleranza moralista e razzismo
violento, che da troppo tempo avvelena la città.
Per diciassette giorni, politici di ogni risma, giornalisti e
cosiddetti esperti si sono affannati a sostenere l'apoliticità
dell'assassinio di Nicola, ridotto a episodio di bullismo e a sintomo
del disagio giovanile invariabilmente collegato alla solita mancanza di
valori.
Emblematica, ad esempio, l'opinione di Alberto Margoni, cattolicissimo
direttore di "Verona Fedele", secondo il quale le cause dell'omicidio
di Nicola sono da ricercarsi in "quel nichilismo che porta a
disprezzare la persona umana e la sua vita proprio in quanto nega
l'esistenza di qualsiasi verità e di Dio stesso".
Peccato però che i responsabili del mortale pestaggio a Porta
Leoni non rispondono propriamente a tale ritratto dato che appartengono
a quella estrema destra veronese, intrecciata all'integralismo
cattolico, che sbandiera e impone le stesse verità di "Verona
Fedele", a partire dalle campagne antiabortiste, omofobe e antislamiche.
Fin dal primo interrogatorio, uno dei cinque ha tenuto a precisare che "noi non ci droghiamo, non beviamo, siamo gente a posto".
Normale, quindi, nella logica dei portatori di tali valori, pattugliare
sul modello delle ronde padane il centro storico della città,
aggredendo ogni presenza ritenuta intollerabile, anche solo per il modo
di vestire. Poche ore prima del pestaggio ai danni di Nicola e dei suoi
due amici, colpevoli di avere i capelli lunghi e di vestire in modo
informale, era stato il turno, a quanto risulta, di un punk che si era
salvato da conseguenze più gravi solo scappando.
L'evidenza del carattere politico di questo omicidio è stata ben
sottolineata dai compagni e dalle compagne di Verona: Nicola non
è stato ucciso in quanto antifascista, ma perché i suoi
massacratori sono fascisti.
D'altra parte, i legami tra i cinque picchiatori di quella notte e
l'estrema destra appaiono sempre più evidenti, nonostante le
prese di distanza e i toni vittimistici di Forza Nuova e del Veneto
Fronte Skinheads; infatti, tre degli aggressori erano già stati
oggetto di denunce per le imprese violente e razziste della tifoseria
dell'Hellas Verona, ritenuta l'interfaccia del neofascismo locale.
Inoltre uno della squadretta era stato candidato alle elezioni comunali
nelle liste di Forza Nuova, mentre un altro era conosciuto come
aderente al Blocco Studentesco. Se poi non bastasse, il legale scelto
come difensore da alcuni degli incriminati è il noto avvocato
Bussinello, già candidato sindaco di Forza Nuova ed oggi
esponente de La Destra. Ma la sigla di Forza Nuova compare anche nei
volantini ritrovati all'interno dell'auto usata dai due "bravi ragazzi"
che erano fuggiti a Londra.
La manifestazione del 17 non poteva quindi non essere, anche,
antifascista e non denunciare la lunga serie di imprese squadriste
avvenute in questi anni a Verona.
Il corteo, partito sotto la pioggia dalla stazione Porta Nuova, era
aperto dall'altra Verona, quella della solidarietà e
dell'opposizione sociale, nonché delle diverse
soggettività dissonanti con la morale dominante. A seguire la
composita presenza delle situazioni di movimento: collettivi Lgbt,
sinistra antagonista, gruppi antifascisti, autonomi, anarchici; mentre
in fondo si sono accodate rappresentanze sindacali e partiti della
sinistra ex-parlamentare.
Alla fine, la stima più ricorrente sulla partecipazione numerica
parla di 10 mila persone in corteo; mentre alla manifestazione in
contemporanea, voluta separatamente dall'area "disobbediente" in piazza
Bra, le presenze sono risultate di gran lunga inferiori, nell'ordine
delle centinaia.
Le svariate migliaia di manifestanti, anche immigrati, che invece hanno
formato e animato il corteo antifascista aperto dallo striscione
"Nicola è ognuno di noi" hanno vissuto la manifestazione
così come l'aveva costruita l'assemblea promotrice: pacifica,
determinata e comunicativa.
Infatti i venti minuti di tensione con la polizia, seguiti alla rottura
della vetrina di un'agenzia interinale e all'esplosione di qualche
petardo, non sono stati particolarmente enfatizzati neanche dalla
stampa che, di solito, è morbosamente avida di tali azioni
dimostrative spettacolari.
La presenza anarchica e libertaria era rilevabile in varie parti del
corteo, con striscioni e bandiere tra le quali una grandissima nera con
l'a-cerchiata bianca. In particolare, dietro lo striscione "La violenza
squadrista va fermata ora" si sono ritrovati, in uno spezzone
rossonero, compagn* della Federazione anarchica, dell'Usi, del
Coordinamento antifascista di Udine, dell'Assemblea antifascista
bolognese.
Per concludere, da segnalare un ulteriore sviluppo nella teoria del
relativismo: l'affermazione di Fini sulla maggiore gravità
dell'incendio di due bandiere israeliane a Torino rispetto
all'assassinio di Nicola, è stata superata da quella di Franco
Bonfante, consigliere regionale veneto del Partito democratico, che non
vede "differenza tra chi picchia una persona per la strada e chi spacca
una vetrina".
UN reporter
Ultim'ora
Passata solo qualche ora, l'Amministrazione ha risposto ai diecimila
manifestanti e alla città intera rimuovendo tutti i fiori, i
biglietti, i cartelli e i segni di partecipazione che gli amici di
Nicola e decine di cittadini e cittadine hanno portato in queste
settimane nel luogo dell'aggressione, a Porta Leoni. Ora, lì,
c'è il vuoto dell'oblio e della rimozione. Lo sdegno ci impone
poche parole: questa non è solo intolleranza, questa è
assenza di pietà per un morto, mancanza di rispetto e disprezzo
per i tanti segni di un lutto pubblico e civile che rappresenta la
parte sana di Verona." (dal Comunicato dell'assemblea cittadina
organizzatrice della manifestazione del 17 maggio 2008)