Il governo, quello Berlusconi, ma prima quello Prodi, è
obbligato a stringere sulle linee ferroviarie ad alta velocità.
Si tratta di un mostruoso affare che gli amici degli amici di governo e
opposizione - poco importa chi sia da una parte o dall'altra,
perché la torta è grossa e c'è n'è per
tutti – non possono farselo scappare. Le linee ad alta velocità
in Italia costano sino a 10 volte quello che sono costate altrove,
paesi montuosi compresi: la media è di 60 milioni di euro a
chilometro. Poi per ogni chilometro bisogna calcolare – sempre in media
– un lavoratore morto: questo in realtà costa pochissimo ed
è facilmente sostituibile.
L'UE ha concesso lauti finanziamenti per le linee transfrontaliere tra
Torino e Lyon, per la linea da Verona al Brennero, per la tratta ad est
dalla bassa friulana alla Slovenia. Ma questi finanziamenti potrebbero
andare altrove se non si chiude la partita in fretta, prima dell'estate.
Le vaste manovre concertative in atto, specie in Val Susa, dove
l'opposizione al Tav nel recente passato aveva coinvolto anche le
amministrazioni, vanno avanti tra mille finzioni ed inganni per far
credere che le popolazioni coinvolte da progetti inutili, distruttivi
dell'ambiente e delle risorse, siano ormai d'accordo. Il cambiamento di
fronte di buona parte dei sindaci e degli amministratori valsusini ha
messo in moto la "cabina di pilotaggio", per aprire la contrattazione
sulle compensazioni che ogni località potrà ottenere in
cambio del consenso al Tav. Il più sfacciato al momento è
stato Nilo Durbiano, sindaco di Venaus, passato dalle barricate alla
tavola imbandita, che ha sostenuto di fronte ai suoi concittadini che
il consenso al Tav sarebbe costato al governo una bella cabinovia tra
la bassa Val Cenischia e il comprensorio sciistico del Moncenisio. Non
sono stati pochi a pensare che le "compensazioni" erano quasi peggio
del Tav.
Sul fronte repressivo si stanno moltiplicando le offensive.
Il 28 aprile ad Aica, in provincia di Bolzano, si è svolta una
cerimonia per la partenza dei lavori della linea ad alta
velocità inserita nel cosiddetto corridoio 1. La cerimonia
doveva sancire che l'opera partiva senza alcun dissenso. La favola che
vendono quella dello scambio modale da gomma a ferro, riducendo il
traffico sull'autostrada del Brennero. Una delle tante menzogne
confezionate per nascondere che l'unico scopo dell'opera è
ingrassare chi la costruisce. Il passaggio da gomma a ferro sarebbe
possibile già ora, sulla linea attuale utilizzata solo al 35%
della sua capacità, se le tariffe per il trasporto su gomma
fossero meno concorrenziali. D'altro canto a dimostrazione che il
passaggio modale è solo una foglia di fico per grandi affari
basterebbe notare che la società che gestisce l'autostrada,
l'Autobrennero, è finanziatrice di quest'opera e certamente non
prevede di danneggiare i propri profitti. La cerimonia del 28 aprile si
doveva svolgere senza intoppi o contestazioni perché si credesse
che non c'era dissenso rispetto alle scelte governative. Sono state
pertanto vietate tutte le manifestazioni. I pochi No Tav – Kein BBT che
sono riusciti ad aprire striscioni lungo la statale sono stati
circondati dalla polizia in assetto antisommossa ed denunciati. Solo su
una collinetta lontana da sguardi e telecamere è stato
consentito di aprire qualche striscione.
Un intero pullman proveniente dal Trentino è stato sequestrato
per oltre tre ore all'uscita dell'autostrada a Bressanone, tra minacce
e intimidazioni. Al ritorno i manifestanti sono stati scortati dalla
polizia sino in Trentino.
In contemporanea con la cerimonia di Aica, a Milano, un no tav che
aveva con altri esposto uno striscione nella sede milanese della
Collini – una delle otto ditte che hanno vinto l'appalto per il tunnel
esplorativo del Brennero – è stato denunciato per "violazione di
domicilio".
Sempre sul fronte della repressione contro i no tav c'è anche
una buona notizia. Dopo mesi di udienze, si è concluso con
l'assoluzione il processo contro Marco Martorana, no tav torinese
accusato di aver dato una bottigliata in testa ad un poliziotto. Il
fatto contestato sarebbe avvenuto la sera del 6 dicembre 2005, quando
migliaia di torinesi si riversarono in strada dando vita ad un corteo
spontaneo di protesta per lo sgombero violento delle barricate di
Venaus avvenuto la notte prima. Le numerose contraddizioni nelle
testimonianze dei tutori del disordine statale che lo accusavano ha
indotto il giudice a emettere una sentenza assolutoria.
Un altro processo invece prenderà l'avvio il 19 giugno. Alla
sbarra due no tav, uno torinese e l'altro del Cels, accusati di blocco
stradale, e per uno l'accusa è anche di furto, per aver bloccato
l'autostrada Torino Bardonecchia all'alba del 6 dicembre 2005, poche
ore dopo le violenze avvenute nella notte a Venaus.
ma.ma.
L'occasione era attesa da molto tempo: millecinquecento delegati e
militanti dei sindacati di base COBAS, C.U.B. e S.d.L. Intercategoriale
provenienti da tutta Italia e di tutti i comparti si sono riuniti in
assemblea al Teatro Smeraldo per gettare le basi di un'azione unitaria
e comune del sindacalismo di base quantomeno per quanto riguarda le tre
organizzazioni promotrici.
Le note che seguono sono forse segnate dalla passione di chi ha vissuto
una giornata che segnala lo stato di buona salute del sindacalismo di
base e conflittuale ma va detto che queste valutazioni vedono il
sostanziale accordo dei compagni nostri che hanno partecipato
all'assemblea.
Di fronte agli attacchi portati ai lavoratori è ora più
che mai, a mio avviso, necessario superare le divisioni e trovare al
contrario i punti che uniscono le diverse anime del sindacalismo di
base per mettere in atto un'azione incisiva e per tentare di rovesciare
la tendenza che da anni vede la redistribuzione dei redditi sempre e
solo in favore del profitto d'impresa a scapito dei salari: questa era
la premessa della relazione iniziale e la richiesta espressa da tutti i
delegati intervenuti sul palco, che hanno invitato le segreterie a
operare fattivamente per l'azione comune ma anche per una vera e
propria unione di tutte le organizzazioni che rifiutano la
concertazione. E il rifiuto della concertazione è stata un'altra
grande tematica degli interventi, rottura totale con le pratiche di
C.G.I.L. C.I.S.L. e U.I.L.
L'azione del sindacalismo di base e alternativo deve esplicarsi
attraverso le lotte e la mobilitazione, non cedendo alle lusinghe della
firma strumentale dei contratti e alla partecipazione agli organismi
concertativi solo "per esserci e farci sentire"; è emersa una
gran voglia di lotta, una decisa propensione ad accantonare tutto il
pattume concertativo e a misurarsi col padronato in termini di reale
contrapposizione di classe.
Il rifiuto del teorema dell'unità d'interessi tra capitale e
lavoro è stato filo conduttore per tutta la giornata: rigettata
senza appello la tesi di chi nella politica come nelle burocrazie
sindacali trova esaurita la lotta di classe, premessa necessaria per
arrivare alla cogestione degli affari e alla pace sociale che
interessano tanto a stato, capitalisti e burocrati di cui sopra.
Gli argomenti toccati dai delegati e militanti intervenuti sono stati
sintetizzati nella piattaforma comune conclusiva, i cui punti
principali sono:
- aumenti per salari e pensioni di almeno 3.000 euro annui e
introduzione di un meccanismo automatico di adeguamento salariale .
Difesa della pensione pubblica.
- Abolizione delle leggi Treu e 30 e lotta alla precarietà
lavorativa e sociale, con forme di reddito legate al diritto alla casa,
allo studio, alla formazione e alla mobilità.
- Lotta al razzismo che, oltre a negare diritti uguali e la
dignità delle persone, scarica sui migranti la
responsabilità dei principali problemi sociali.
- Rilancio del ruolo del contratto nazionale e, di conseguenza, rifiuto
della detassazione degli straordinari proposta da governo.
- Sicurezza nei luoghi di lavoro.
- Restituire ai lavoratori il diritto di decidere e pari diritti per
tutte le organizzazioni dei lavoratori. La conquista di un effettivo
diritto di sciopero.
- Difesa e potenziamento dei servizi pubblici e dei beni comuni.
A sostegno di questa piattaforma l'Assemblea promuove una forte
campagna di mobilitazione, da realizzare con scioperi, manifestazioni,
iniziative di lotta, indicando sin d'ora anche una prima giornata
nazionale da tenersi entro giugno e individua la necessità di
realizzare uno Sciopero Generale Nazionale dell'intera giornata a
sostegno di questa piattaforma di lotta, in autunno.
Non un isolato sciopero nazionale come eravamo abituati a vedere negli
ultimi anni e che, anche se prezioso per il valore di protesta, in
realtà spostava di poco i termini delle questioni, ma un'azione
unitaria e permanente di lotta e mobilitazione che possa sfociare in un
grande sciopero realisticamente in grado di colpire il fronte
politico-padronale-concertativo, uno sciopero rafforzato e alimentato
dalla lotta e che a sua volta dia impulso ad una nuova stagione di
mobilitazione.
Gian Maria Valent
Durante la sette giorni hanno circolato circa cento persone, cifra
non oceanica e un po' al di sotto di quello che ci aspettavamo, ma non
trascurabile se si pensa alla contemporaneità con tante altre
iniziative.
Alla fine hanno" quadrato" anche i conti e le iniziative hanno
interessato i partecipanti: proiezione-spiegazione su energie
rinnovabili e disponibili per un uso autogestito, camminata sui
sentieri percorsi a suo tempo dai partigiani, racconti di "vecchie" e
"nuove" resistenze, discussioni, in più momenti, sul significato
dello "stare in montagna" oggi!
Comunque per noi scopo principale dell' iniziativa era quello di far
conoscere il posto, e in relazione alla conoscenza della pratica degli
Usi Civici, il suo ripopolamento; scopo che in certa misura è
stato raggiunto: almeno altre sei persone verranno ad abitare alcune
delle case ora disabitate!
E il lavoro fatto insieme negli orti ha dato modo di vedere un po'
più da vicino uno spaccato di quello che può essere la
vita in una zona liberata dalla nocività dei tempi imposti dal
capitale!
Quello che spesso è emerso, anche la sera intorno al fuoco,
è l' interesse sul voler considerare uno stile di vita
radicalmente diverso da quello vissuto quotidianamente dai più,
come presupposto del vivere lo scontro. Scontro vissuto in primo luogo
come non complicità col potere; proposta di un modo di vivere
liberato dall'alienazione e dalla schizzofrenia; critica radicale che
però non va a cercare una banale contrapposizione, ma che col
suo agire propositivo e cosciente sa di dover conseguentemente arrivare
al conflitto col capitale e la sua smania di potere!
Si sono rinsaldati volontà e rapporti con quanti altri si
trovano, o hanno scelto di trovarsi, nella nostra stessa posizione (no
T.A.V., Nunatak rivista e l'iniziativa Resistere, quest' anno in
Liguria, lotte per la casa, e per la difesa degli spazzi collettivi
dall' invadenza della privatizzazione, resistenza in città ecc.)
Questo è stato un momento, di tanti altri ne avremo bisogno un
po' tutti, sono momenti in cui è importane capire cosa e come
fare e con quale scopo, ma sono momenti anche in cui mentre si
elaborano analisi teoriche il più lucide possibile, si deve
anche vivere una pratica che sia il più coerentemente possibile
preludio di un vivere radicalmente diverso!
Alcuni abitanti di Campanara
L'assemblea svoltasi il 16 maggio nella sede della FAI torinese
è stata un'occasione importante di conoscenza, incontro,
scambio. Fabio e Soriane di "via Adda non si cancella", dopo la
proiezione del video "via Adda 14. Tutti sotto un tetto!", hanno
illustrato 10 anni di lotte, occupazioni, sgomberi a Milano, dove la
lotta dei rom rumeni per la casa rappresenta un esempio importante di
resistenza alle politiche razziste e repressive messe in atto dai vari
governi e dalle amministrazioni locali. I due compagni hanno
sottolineato l'importanza della saldatura tra le lotte dei lavoratori
italiani con quelle dei migranti, come asse materiale di un agire
politico e sociale che mira a sconfiggere la guerra tra poveri puntando
sul conflitto sociale. Questo tema, ripreso poi in diversi interventi
successivi, si è intrecciato con la necessità di far
fronte alla durissima offensiva scatenata contro i migranti e, in
particolare, contro i rom. Il governo Berlusconi non ha voluto essere
da meno del governo Prodi e nei prossimi giorni presenterà gli
strumenti legislativi per una nuova, ancor più feroce stretta
repressiva nei confronti degli immigrati extracomunitari e dei
cittadini europei considerati "indesiderabili" perché privi di
casa e di reddito.
Sul fronte sociale la gravità degli attacchi subiti a Napoli e a
Novara dai rom, dopo il presunto tentato rapimento di una neonata da
parte di una ragazzina zingara, ha fatto da sfondo alla serata: a
più riprese è emersa la questione della tutela materiale
di centinaia di uomini, donne, bambini sottoposti ad attacchi sempre
più gravi e frequenti. La cronaca, sempre parziale perché
queste violenze spesso non vengono nemmeno raccontate, ci narra di
minacce, intimidazioni, attacchi incendiari a suon di molotov,
aggressioni razziste, che hanno puntellato l'intera penisola.
Quella che ci troviamo ad affrontare è una vera emergenza, un
emergenza tanto più grave quanto più viene misconosciuta,
celata tra le brevi in cronaca nera, negata dai più, accecati
dall'odio e dall'indifferenza. Eppure basta un breve sguardo sul nostro
vivere quotidiano per sapere che oggi tocca agli ultimi, domani
potrebbe essere la volta dei penultimi.
Anche a Torino gli attentati e le aggressioni razziste si sono
moltiplicati: la cronaca più recente vede protagonisti un
ragazzino rumeno e uno albanese – pestati da un coetaneo nazista loro
compagno di scuola in una media della Crocetta. Sul fronte
istituzionale l'unica contrapposizione è tra le varie
amministrazioni che cercano di "scaricarsi" a vicenda il "problema",
perché su sgomberi e deportazioni sono tutti d'accordo.
Di qui la necessità di intervenire, coordinando al meglio le
varie iniziative, creando un luogo di comunicazione e scambio, una
sorta di assemblea permanente dove ciascuno rappresenta e mette in
gioco se stesso, costruendo con altri un ambito dove confrontarsi e
collaborare.
Non si può stare a guardare mentre ogni giorno qualcuno rischia
di venire aggredito, mentre i fascisti bruciano le baracche e le
roulotte, mentre la polizia getta in strada i bambini. A Torino in
ottobre si è sfiorata la tragedia quando qualcuno - fascisti o
teppisti di quartiere - ha bruciato il campo di via Vistrorio. Nessuno
si è fatto male ma potrebbe non essere sempre così.
Di qui l'importanza di esserci, di tessere una rete di solidali, per
porre argine alla violenza, per impedire gli sgomberi, per gettare i
semi di un agire comunicativo capace di rompere la tenaglia del
razzismo diffuso nei quartieri popolari dove la guerra tra poveri
è ormai una realtà.
A volte può bastare la presenza solidale per fermare uno
sgombero o evitare un'aggressione. Mettersi in mezzo è possibile
e necessario. È dannatamente urgente.
Si è pertanto deciso di continuare l'assemblea domenica 25 maggio alle ore 21 sempre in corso Palermo 46.
m. m.
Come già successo in occasione dell'esibizione delle fecce
tricolori (luglio 2004) e dell'esercitazione antiterrorismo della NATO
e della marina militare (aprile 2006), il raduno nazionale della
fanteria, prima arma dell'esercito italiano, ha ricevuto a Massa
un'"adeguata accoglienza" da parte degli antimilitaristi anarchici di
Massa, Carrara, La Spezia, Versilia e Montignoso.
Sabato 17 maggio un presidio antimilitarista si è svolto nei
pressi del Circolo anarchico Su la testa, nel centro storico di Massa,
mentre nel duomo della città la messa solenne in onore dei fanti
caduti (celebrata da ben sei vescovi provenienti da tutta Italia)
ricordava il legame storico tra chiesa ed eserciti. Da che mondo
è mondo preti e militari, croce e moschetto sono sempre andati
d'amore e d'accordo. Il raduno dei fanti, con tutto il suo corollario
di benedizioni, messe, riconoscimenti e giuramenti davanti al dio della
patria e degli eserciti, lo ha ribadito. Ma il clou di questa due
giorni era domenica 18 maggio, con lo schieramento dei reparti
militari, la sfilata della fanteria per le vie della città ed il
saluto delle autorità in trepidante attesa su di un mega palco
allestito nella piazza principale di Massa. Una parata militarista e
nazionalista in cui i fanti ricordavano la prima guerra mondiale, la
cosiddetta Grande Guerra. Celebravano la "vittoria" in una guerra nella
quale circa 15 milioni di proletari affogarono nel fango e nel sangue
delle trincee. Un Grande Massacro di povera gente morta mentre i
governanti ed i signori del tempo se la spassavano nelle loro tenute.
Davanti a un tale spettacolo vergognoso, tanto costoso quanto inutile e
pomposo, in gruppo e cogliendo il momento giusto ci siamo diretti verso
la piazza, piena di fanti e supporter dei fanti, per esprimere il
nostro NO a questa parata, agli eserciti ed alle guerre passate e
presenti (missioni "umanitarie" occidentali comprese). Nonostante
l'intervento delle forze del dis/ordine quotidiano siamo riusciti a
posizionarci ai bordi della sfilata diffondendo volantini, esponendo
striscioni ed urlando slogan antimilitaristi. Pensieri ad alta voce per
niente accomodanti nei confronti di parate ed esibizioni militari
sempre più frequenti e sempre più insopportabili. Una
bella contestazione contro tutti gli eserciti e contro il militarismo
in tutte le sue forme ed espressioni.
Giovanni