Nico Jassies, Berlino brucia. Marinus van der Lubbe e l'incendio del Reichstag, Milano, Zero in condotta, 2008.
Di complotti è piena la
storia, ma a volte capita che gli oscuri manovratori non determinino
tanto la realtà dei fatti, quanto la loro interpretazione a
posteriori. È il caso della vicenda di van der Lubbe,
l'incendiario del Reichstag, ricostruita nei suoi esatti e lineari
termini da questo agile libretto di Nico Jassies. Se il cosa è
infatti noto ai più, sul chi e sul perché è stato
eretto un tale castello di falsità che l'opera demistificatrice
di Jassies giunge quanto mai opportuna.
Apparso per la prima volta otto anni fa sulle pagine di una rivista
storica olandese, nel 2002 il testo è stato editato in forma
autonoma ad Amsterdam; riproposto nel 2004 dalle Editions Antisociales
di Parigi, esce finalmente oggi anche in lingua italiana, tradotto da
Antonio Senta ed Elena Suriani con una prefazione dello stesso Senta.
L'autore, archivista presso l'Istituto internazionale di storia sociale
di Amsterdam, ripercorre la biografia di Marinus van der Lubbe con
dovizia di fonti e con uno stile di godibile lettura. Dai primi
approcci con gli ideali di emancipazione alla militanza nella Lega
della gioventù comunista di Leida, dall'attrito con le
burocrazie di partito all'attività nei gruppi consiliaristi. I
viaggi e i vagabondaggi attraverso l'Europa, la curiosità non
appagata di visitare la Russia sovietica e infine l'approdo a Berlino,
dove di fronte all'ascesa del nazismo i partiti della sinistra non
sembrano trovare risposte adeguate. Con l'illusione di scuotere il
proletariato dal suo immobilismo, e di provocarne la sollevazione, la
notte del 27 febbraio 1933 "Rinus" si arma di Kohlenanzünder (una
specie di diavolina usata per accendere le stufe) e penetra nel
Parlamento tedesco appiccando diversi focolai d'incendio. Mentre le
fiamme ancora crepitano viene arrestato dalla polizia: da quel momento
la sua storia è data in pasto agli specialisti della
disinformazione.
L'occasione è infatti ghiotta per nazisti e stalinisti. I primi,
paventando l'imminenza di un'insurrezione "bolscevica", denunciano
l'attentatore come agente di Mosca e colgono l'occasione per
sbarazzarsi degli ultimi residui di diritti civili; gli altri non fanno
che rovesciare la prospettiva e addebitano alle autorità naziste
la responsabilità dell'incendio. Che un gesto di rivolta, per
quanto inutile e amaro frutto della crisi del movimento operaio, possa
nascere dalla determinazione del singolo è argomento troppo
distante dalle capacità intellettive, nonché dalle
convenienze politiche, dei suoi accusatori. Non stupisce quindi che van
der Lubbe, ghigliottinato tre giorni prima del suo venticinquesimo
compleanno, sia passato alla storia come l'ideal-tipo dell'"agente
provocatore".
Dopo aver riportato questa vicenda nei suoi giusti binari – così
come a caldo aveva tentato di fare il Comitato internazionale van der
Lubbe animato negli anni '30, tra gli altri, da André
Prudhommeaux – il nostro Jassies fa seguire al testo una postfazione
dove passa in rassegna la palude della storiografia esistente. Tra una
falsificazione e l'altra, storici di vario calibro lungi dal restituire
dignità morale all'attentatore hanno estromesso ogni possibile
voce fuori dal coro, preparando la trappola per cui chi non sostiene la
tesi del complotto ordito da Hitler e dai suoi accoliti finirebbe,
discolpandoli, per fare il gioco degli stessi nazisti.
In ogni caso, scrive senza mezzi termini l'autore: "una cosa è
sicura a proposito dell'incendio del Reichstag: la versione che van der
Lubbe ha dato del suo atto e delle sue motivazioni è la sola che
non si è mai potuta smentire in nessun punto. È l'unica
che sia completa, coerente e che sia passata al vaglio di un esame
paziente e rigoroso. Questa sola resta in piedi, ergendosi al di sopra
del letamaio delle testimonianze corrotte e dei documenti truccati. E
più gli eredi dello stalinismo si accaniranno per fare di
Marinus un provocatore nazista, più noi lo vedremo crescere,
affermarsi come autentico rivoluzionario anticapitalista e sconfiggere
la schiera dei suoi torturatori di ieri e dei suoi calunniatori di
oggi". Marinus van der Lubbe, dunque, tra i pochi entrati in Parlamento
con intenzioni oneste.
Un ultimo appunto: il libro si chiude con la riproduzione di un
documento del Comitato van der Lubbe datato dicembre 1933, la
bibliografia e l'indice dei nomi speriamo invece di trovarli nella
prossima edizione.
Luigi Balsamini