Umanità Nova, n.21 dell'8 giugno 2008, anno 88

Razzismo, fascismo, xenofobia. La propaganda dell’emergenza


In questi mesi il flusso dell'informazione ci sommerge di fatti, opinioni e dati quasi sempre indirizzati verso la costruzione di un clima che favorisce l'imbarbarimento dei rapporti sociali e la modifica in senso sempre più autoritario e repressivo della forma di governo. In alcune occasioni però le informazioni vanno, almeno parzialmente, controcorrente e - per questo motivo - vale la pena di segnalarle, visto che questo genere di notizie spariscono velocemente dal panorama mediatico.
La scorsa settimana è stato diffuso dall'ISTAT il consueto rapporto "La situazione del paese" (disponibile sul sito www.istat.it) con una appendice di 6 pagine su "Stranieri e sicurezza", nella quale vengono brevemente presentati alcuni dati sui temi oggi al centro dell'attenzione. Si parte da quelli già noti (a tutti meno che ai professionisti della paura) sulla criminalità che hanno visto, dall'inizio degli anni '90, la diminuzione di alcune tipologie di reato: furti di veicoli, furti nelle abitazioni e persino omicidi, salvo quelli commessi "in famiglia". Sarebbero invece in aumento altri tipi di reati, soprattutto rapine e borseggi, rispetto agli anni '60 e '70.
Per quanto riguarda poi la famigerata "percezione di insicurezza", vengono presentati i dati di una indagine che viene condotta dal 1993. Secondo i risultati, la percentuale di famiglie che considerano la zona nella quale vivono "molto o abbastanza a rischio di criminalità" erano (in media nazionale) il 31,2% nel 1993 e il 34,6% nel 2007, un aumento definibile minimo. Il dato si differenzia a seconda delle aree geografiche di provenienza del campione: percentuali praticamente immutate (Nord-ovest e Sud), un forte incremento (Centro e Nord-est) e addirittura una decisa diminuzione (Isole). Tra le regioni più "preoccupate" la Lombardia, che supera il Veneto (in testa fino al 2006) e l'Emilia-Romagna dove la "preoccupazione" è in crescita.
Riguardo all'aumento della criminalità "straniera", viene rilevato che il contributo dei non italiani ai reati "è di poco superiore" a quello degli indigeni e relegato a particolari tipi di reati. Rilevante invece l'aumento della percentuale di stranieri indagati per omicidio che era il 6% nel 1992 ed è il 32% nel 2006. Viene però anche sottolineato che nel 75% dei casi la vittima è anch'essa straniera, molto spesso della stessa nazionalità dell'assassino. Come dire che ogni dieci omicidi solo uno ha come colpevole uno straniero e vittima un italiano, ma è sempre quest'ultimo evento che viene ossessivamente ricordato dai mass-media.
La conclusione dell'ISTAT è chiara: "il contributo degli stranieri a fenomeni di devianza è in aumento, ed è da ascriversi soprattutto alla componente irregolare", per quanto riguarda i reati economici. I reati di tipo violento invece "possono riguardare tanto gli immigrati regolari quanto gli irregolari, tanto gli stranieri quanto gli italiani".
A fronte di queste statistiche (attendibili o meno che siano) ci sono invece le dichiarazioni dei politici, un misto di bugie e di pregiudizi schiettamente razzisti se non addirittura istigatori di violenza. Si veda, ad esempio, l'intervista al sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano ("Il Tempo", 31/5/08), nella quale il parlamentare afferma che l'aumento dei giorni di permanenza nei Cpt, inserito nel pacchetto "sicurezza" del Governo è "in accordo con normative europee", mentre tale norma è ancora (vedi UN n. 20) in discussione.
Ma questa menzogna diventa uno scherzo, davanti a frasi riguardanti i Rom: "Come dimostrano i numeri e la realtà sociologica questa è un etnia connessa con un certo tipo di reati. Furti, rapine per arrivare, come nel caso di Ponticelli, anche al sequestro di persona." Sempre lo stesso, a proposito delle ronde, afferma: "È una delle risposte alla domanda di sicurezza (...) Non trovo però scandaloso che associazioni di volontari, carabinieri in congedo, i nonni che fanno vigilanza davanti le scuole, contribuiscano con la propria esperienza ma senza etichette politiche a mantenere un livello di sicurezza nelle città."
Che la situazione sia davvero critica lo dimostra anche la lettura del Rapporto annuale di Amnesty International (disponibile su www.amnesty.it) che dedica all'Italia uno spazio doppio di quello precedente. In cinque paragrafi viene riassunta una parte di realtà che difficilmente riesce a bucare la cortina di ferro della propaganda di stato.
Vengono ricordati i processi per le torture ed i maltrattamenti fatti dalle forze dell'ordine a Genova nel 2001 nei confronti di persone inermi ed i fatti del dicembre 2005 in Val di Susa, quando la polizia devastò il campeggio No-Tav e picchiò i presenti. Ma anche le morti di Federico Aldrovandi, di Aldo Bianzino e di Gabriele Sandri.
Vengono ripescate dal dimenticatoio dei media, troppo impegnati in altre faccende, tutti gli episodi che hanno visto le istituzioni italiane in prima fila contro il rispetto dei diritti umani: "Il governo Italiano non ha collaborato pienamente alle indagini degli organismi internazionali che hanno accertato precise responsabilità dell'Italia nelle rendition (trasferimenti illegali di persone da un paese all'altro, generalmente culminanti in arresti arbitrari, sparizioni, detenzione senza processo e tortura)." Ma questo lo sapevamo: da una parte ci si fa belli con la moratoria sulla pena di morte e dall'altra si collabora con i torturatori.
Viene ricordato che "Nel corso del 2007 e della prima metà del 2008, diversi esponenti politici locali e nazionali hanno usato un linguaggio discriminatorio nei confronti dei rom e dei migranti. Nello stesso periodo si sono susseguiti provvedimenti dichiaratamente a protezione della "sicurezza", in realtà prevalentemente orientati a facilitare l'espulsione dei cittadini dell'UE e dei migranti irregolari. E questo ha portato a "rischiosi passi indietro" a proposito dei diritti dei rifugiati e dei minori migranti. E, sempre a proposito di minori, il Rapporto di Amnesty accusa l'Italia di avere continuato, nonostante le belle promesse, ad autorizzare l'esportazione di armi anche verso paesi nei quali vengono utilizzati bambini soldato.
Questo stato delle cose può portare ad una considerazione: esiste una "emergenza Italia" della quale sono responsabili, in diversa misura, il potere politico e quello mediatico. Una emergenza alla quale va data una risposta, sia sul piano informativo - per contrastare la propaganda xenofoba e razzista - che su quello delle lotte concrete, riportando l'agire politico in tutti i luoghi di lavoro, nelle piazze, nelle scuole e nei quartieri.

Pepsy

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