Umanità Nova, n.21 dell'8 giugno 2008, anno 88

Decreto sicurezza. Razzisti al volante


Il decreto legge 23.5.2008 n.92, intitolato: "Misure urgenti in materia di sicurezza" è stato varato durante il noto Consiglio dei Ministri tenutosi a Napoli il 22 maggio ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 maggio, entrando in vigore immediatamente. Come noto, questo decreto legge è stato varato contemporaneamente a quello sulla "emergenza rifiuti in Campania", ad un disegno di legge ed alcuni decreti legislativi.
Le norme che passiamo ad analizzare dovrebbero rivestire la natura dell'urgenza, ma sappiamo che ormai da decenni nei decreti legge viene inserito tutto ed il contrario di tutto. Nel nostro caso troviamo interventi sul codice penale, sul codice di procedura penale, su leggi speciali, con un'attenzione particolare a due supposte emergenze nazionali: gli stranieri che delinquono e i guidatori d'auto in stato di ebbrezza. Per arginare la "marea montante" degli stranieri regolari e non che commettono reati, l'art. 1 del decreto in questione prevede che comunitari ed extracomunitari condannati alla pena della reclusione superiore a due anni (prima era 10 anni) siano espulsi: chi trasgredisce all'ordine di espulsione o allontanamento viene punito con la reclusione da uno a quattro anni. Viene inoltre introdotta un'aggravante specifica se un fatto di reato è commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale: la clandestinità, quindi, diventa una situazione che determina un aggravamento della pena, anche se di per sé non ha alcuna connessione con il fatto di reato commesso. Come detto, accanto a queste norme, proprio spalla a spalla nello stesso articolo, sono state piazzate alcune disposizioni che aggravano le sanzioni penali per chi guida ubriaco o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
All'art. 2, per sveltire la distruzione delle merci contraffatte sequestrate viene modificato il codice di procedura penale, accanto alle norme che accelerano i procedimenti penali che scaturiscono da un arresto in flagranza: entro 15 gg. dall'arresto, l'arrestato va processato per direttissima a meno che ciò "pregiudichi gravemente le indagini"; giudizio direttissimo anche per chi confessi; al tempo stesso, in caso di custodia cautelare, entro 180 gg. dall'esecuzione della misura, il pubblico ministero deve chiedere il giudizio immediato, saltando l'udienza preliminare. È chiaro che per un arrestato o un soggetto posto in custodia cautelare, la celerità è un'arma a doppio taglio, come per il pubblico ministero. Celerità può significare "presto dentro definitivamente" o "presto fuori": di certo le misure vanno nel senso di diminuire la carcerazione preventiva per arrivare alla carcerazione dopo rapida condanna e/o magari espulsione. Il problema di queste ultime norme è quello della loro sostenibilità da parte della struttura dell'amministrazione della giustizia e si inseriscono nella sempre aperta partita tra i berluscones e la magistratura: se quest'ultima non si adeguerà, anche solo per mancanza di mezzi, sarà buon gioco per il governo additare i giudici come "quelli che non voglion condannare e carcerare in fretta i delinquenti, specie se stranieri".
Ma non basta. L'art. 5 del decreto prevede la reclusione da sei mesi a tre anni per chi affitta un alloggio ad uno straniero irregolare, alloggio che verrà confiscato con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. E l'art. 6 modifica il Testo Unico sugli enti locali, il decreto legislativo n. 267 del 2000, concedendo ai sindaci ampi poteri in materia di "sicurezza pubblica", la possibilità di emettere provvedimenti specifici in questa materia e assicurando la cooperazione di polizia locale e "forze dell'ordine". La norma era già nel "pacchetto Amato del governo Prodi" e soddisfa la voglia di tanti primi cittadini di dimostrarsi "dei duri", a tutela "dell'ordine e del decoro" dei loro bei centri storici, delle loro belle città "che se non ci fossero 'sti zingari e 'sti marocchini".
Questo scampolo di storia del belpaese ci consegna così i "sindaci podestà" o "sindaci sceriffi", vedete voi: massima concentrazione decisionale di un organo politico-amministrativo in materia di sicurezza pubblica. Ma di cosa stiamo parlando? Il quarto comma dell'art. 6 consegna ai sindaci il potere di emanare atti urgenti "al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana"; il quinto comma dello stesso articolo ci dice che se questi provvedimenti "possono comportare conseguenze sull'ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi", il prefetto chiama a raccolta i vari sindaci "contigui o limitrofi" per decidere il da farsi senza che nessuno se ne abbia a male. Capito? Si tratta di sgombrare un po' di campi nomadi e di baraccati e vorrete mica che 'sti pezzenti si spostino solo di qualche chilometro andando a rompere nel comune vicino... Il problema va affrontato alla radice e richiede "soluzioni finali".

W.B.

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