Sul numero 12 di UN pubblicammo una
brevissima nota sul compagno Lusciano. Ecco ora i tratti più
salienti dell'appassionato ricordo di un suo amico e compagno di una
vita.
La sera del 24 marzo di quest'anno si è fermato il cuore generoso del carissimo compagno Giuseppe Lusciano.
Secondo di sette figli, era nato il primo gennaio 1924 a S. Maria Capua
Vetere (Caserta), nella città che diede i natali ad Errico
Malatesta. "Peppino" ricordava sempre il grande concittadino
rivoluzionario e il fatto che tuttora alcuni suoi parenti abitassero
nelle case che Malatesta, una volta ereditatele, aveva regalato agli
stessi inquilini dell'epoca!
Il padre, mugnaio, s'era spostato a Castellammare di Stabia (Napoli) per motivi di lavoro. (...)
A 16 anni Giuseppe era rimasto orfano di padre e si era dovuto cercare
un lavoro per aiutare la numerosa famiglia. Giovanotto,
frequentò gli ambienti antifascisti e repubblicani (di allora!)
e, con l'armistizio, assistette agli avvenimenti che colpirono anche la
città dove viveva e la prima Resistenza al nazismo.
Diciannovenne fu preso dai tedeschi assieme al fratello maggiore
Salvatore (che però riuscì a fuggire). Deportato in
Germania, Giuseppe vi rimase due anni, fino alla Liberazione. (...)
Tornato a casa conobbe l'anarchismo e divenne anarchico, cominciando la
sua febbrile attività a favore dell'ideale. Conobbe il vecchio
compagno stabiese De Martino, ritornato dall'esilio in Francia,
aiutò il compagno Tomaso Serra che lo visitò e tanti
altri. Intanto si era occupato dell'Avis di Castellammare. Intorno al
1958 costituì il gruppo anarchico stabiese "Errico Malatesta"
(assieme al sottoscritto – allora studente alle scuole superiori – a
Mario Vescovo, a Marzoli e ad altri).
Da sempre aderente alla FAI, in oltre mezzo secolo di rapporti e
discussioni con lui, sintetizzerei così la sua concezione:
dell'anarchismo valorizzava la soluzione sociale ed economica e la
sovranità dell'individuo, sostenendo il metodo educazionista o
rivoluzionario a seconda delle opportunità. (...)
Attivo per l'ideale anarchico per sessant'anni, era costante nel
distribuire i libri e le riviste del movimento, nell'inserirsi in ogni
attività utile all'emancipazione umana. Calmo e ragionatore,
sempre ottimista, incitava compagni e amici all'azione. Conosciuto e
stimato da tutti, col gruppo "Malatesta" allargò i suoi contatti
con altri compagni del napoletano e della Campania, di altre regioni
del sud e con alcuni compagni emigrati in Francia e negli USA, In
particolare ricordo con il gruppo "Camillo Berneri" di Torre del Greco
(Pedone, De Rosa, Attaianese, Rispo, Falanga, Frulio, ecc.), con
Giuseppe Sallustro sempre di Torre del Greco, col compagno Vuotto di
Capri (la cui casa era sempre aperta ai compagni di ogni parte del
mondo, che spesso ospitava, anche perché conosceva diverse
lingue straniere), col gruppo anarchico di Ancona (Bianchi, Farinelli),
con i compagni di Canosa di Puglia (Damiani e altri), ecc. Presente a
ogni riunione, manteneva contatti epistolari con le redazioni dei
nostri periodici (specialmente con i redattori di Umanità Nova:
Borghi, Mantovani, De Rosa); sempre preoccupato quando il deficit degli
stessi aumentavano, raccoglieva sottoscrizioni e abbonamenti anche
dagli amici più tiepidi!
Sposatosi, la moglie gli aveva dato tre figli.
Con l'età erano comparsi gli acciacchi: problemi di udito e
un'aritmia al cuore. Ciò non aveva fermato il suo attivismo.
Lettore e raccoglitore accanito delle nostre pubblicazioni, le faceva
rilegare e, negli ultimi anni, per utilizzarle al meglio, aveva
cominciato a regalarle alla Biblioteca della FAI di Imola.
Era ormai una delle memorie storiche cittadine e alcuni anni fa, in una
manifestazione sugli ex deportati in Germania, la stessa
amministrazione stabiese di sinistra, i giovani dei partiti di
sinistra, la rete televisiva regionale campana e i giornali locali lo
festeggiarono con interviste, filmati e riconoscimenti vari. Giuseppe,
nell'occasione, ricostruì la memoria storica, antifascista e
antinazista della città, raccontando gli episodi di vita vissuta
nel settembre del 1943. Castellammare di Stabia si era ribellata
all'invasione tedesca prima di Napoli, subendo molti morti per gli atti
di eroismo degli stabiesi contro le preponderanti forze militari
tedesche: ricordò coloro che si erano immolati in difesa degli
stabiesi e delle industrie cittadine. (...)
Per sessant'anni è stato protagonista dell'ideale anarchico a Stabia. (...)
Lo avevo visitato pochi giorni prima dell'improvvisa crisi di cuore e
stava cominciando a darmi le pubblicazioni anarchiche rimastegli, non
volendo che andassero perdute. La notizia della sua morte mi ha dato un
grande dolore; ci frequentavamo da 53 anni ed era per me un fratello
maggiore. (...)
Fino all'ultimo è stato un amante della libertà e della
giustizia; nell'ultimo nostro incontro mi disse che finché ci
saranno delitti degli stati, del militarismo, del capitalismo e
ingiustizie, violenze, discriminazioni, fame, miserie, sarà
necessaria e giusta ogni rivolta.
Caro Peppino, come potremo dimenticarti?
Che la terra ti sia lieve.
F. P. De Martino