Umanità Nova, n.22 del 15 giugno 2008, anno 88

I sinti di Venezia. Il paradosso caucasico dei razzisti padani



"Perché anche le parole sono nomadi" (F. De André)

All'ultima rituale adunata leghista di Pontida dello scorso 1° giugno, una delle magliette più vendute pare sia stata quella con la scritta "Caucasico, europeo, cristiano, eterosessuale". Dando per scontato il significato delle altre definizioni, può essere interessante soffermarsi su quel "caucasico" che ci riporta direttamente a certi studi antropologici degli anni trenta.
Da qualsiasi dizionario si può apprendere che tale parola, come aggettivo o sostantivo, può riferirsi a tre significati: a) "del Caucaso", nativo o abitante di; b) antropologicamente "europoide"; c) relativo al gruppo di lingue non indoeuropee parlate nella regione del Caucaso.
Nessuna delle tre accezioni appare quindi sensatamente rivendicabile dagli aderenti della Lega Nord che la esibivano orgogliosamente come se fosse un carattere distintivo della loro stirpe. Infatti anche volendo far corrispondere una presunta "razza caucasica" con il cosiddetto ceppo indoeuropeo, generalmente di carnagione chiara, va ricordato che questo si espanse dalla regione di origine nella zona tra l'India e il Caucaso a est verso l'India fino alle zone più occidentali della Cina e forse anche nelle isole settentrionali del Giappone, a nord verso la Russia e la Scandinavia e da qui verso ovest in Europa e a sud verso la Turchia e il Nord Africa.
Per cui, di conseguenza, un padano può definirsi di origine caucasica esattamente come può farlo pure un cinese, un turco, un magrebino, un albanese o un rom.
Evidentemente, nel distorto immaginario leghista, quel "caucasico" vuole soltanto alludere al colore bianco della pelle, anche se forse sarebbe più opportuno dire "non nero", dato che le tonalità della pelle di un indiano, di un cinese o di un italiano non sono chiare come quelle di uno svedese.
D'altra parte, un'espressione più esplicita a favore della "razza bianca" sarebbe suonata come troppo sgradevolmente suprematista.
Detto questo, ci troviamo davanti, oltre che ad uno dei tanti paradossi del razzismo, ad un vero cortocircuito della discriminazione anti-gitana portata avanti con particolare livore dalla Lega Nord nei confronti dei campi nomadi, veri o presunti.
Tale campagna va avanti ormai da anni, cavalcando il facile pregiudizio anti-gitano; basti ricordare l'infame quanto falsa notizia diffusa una decina di anni fa proprio dalla Lega Nord e dai fascisti attorno ad una sovvenzione statale di 35.000 lire a favore di ogni "zingaro".
Fu in particolare a Firenze che, nello stesso periodo, la Lega Nord fomentò la lotta contro "la zingarizzazione selvaggia della città", contestando assieme ai fascisti l'assegnazione di alcune case popolari ai Rom.
Dopo i pogrom di Milano, Pavia e Napoli di questi mesi, l'ultima occasione per seminare intolleranza si è presentata a Mestre, nella frazione di Favaro Veneto, contro la sistemazione abitativa in via Vallenari di 45 nuclei familiari di origine Sinti che da decenni stazionano in roulotte e prefabbricati nella stessa strada. La soluzione decisa e finanziata dal Comune prevede la costruzione di un complesso destinato ad accogliere decentemente circa centosessanta persone, di cittadinanza italiana a tutti gli effetti (uno di loro, in un'intervista, ha ricordato pure di aver assolto al servizio militare facendo il bersagliere a Pordenone!) che risiedono a Mestre da quarant'anni, guadagnandosi da vivere regolarmente, soprattutto con la raccolta e la vendita del ferro vecchio. Nessuno di loro usufruisce di alcuna assistenza sociale, nemmeno del minimo vitale, eppure tutti i bambini vanno regolarmente a scuola.
Persino il questore Nardone, che certo non è un uomo di sinistra, ha escluso che la comunità Sinti rappresenti un'emergenza, tanto che le stesse forze dell'ordine non segnalano particolari episodi di criminalità; ma la Lega Nord ha provocatoriamente mobilitato i suoi militanti a livello provinciale, chiamando pure rinforzi da Treviso, per imbastire una protesta "di partito" che ha visto un minimo coinvolgimento degli abitanti della zona.
Persino i rappresentanti di Forza Italia e Udc si sono lamentati perché la Lega ha monopolizzato la scena, pur essendo anch'essi contrari al progetto in polemica col sindaco Cacciari che certo non può essere accusato di "buonismo"; basti ricordare il suo recente divieto contro chi chiede l'elemosina a Venezia o lo sgombero ordinato nel settembre 1999 di 170 profughi di guerra rom dal campo di S. Giuliano.
Considerata la "non pericolosità sociale" dei Sinti di Favaro anche dal punto di vista più legalitario, quale altra ragione può quindi esserci dietro simile accanimento se non il razzismo?
Sintomatici alcuni cartelli agitati dai leghisti come, ad esempio, "No al campo nomadi" quando, con tutta evidenza, a Favaro non è previsto alcun campo e, soprattutto, non ci sono nomadi.
L'evidenza della malafede si sposa peraltro con il clima imperante e, soprattutto, con le fortune elettorali costruite dalla Lega Nord sul razzismo e la xenofobia, a spese in primo luogo proprio delle minoranze rom e sinti che in Italia assommano appena a 150 mila presenze.
Anche sul piano amministrativo e istituzionale la Lega sta perseguendo lo stesso fine discriminante, come dimostra la recente presa di posizione che, tramite il presidente della commissione Cultura del consiglio regionale veneto, il leghista Daniele Stival, ha proposto l'abrogazione della legge regionale n. 54 del 1989 "sugli interventi a tutela della cultura rom e sinti", con l'immediato appoggio di Forza Italia e dell'assessore alla sicurezza e ai flussi migratori (si noti l'accostamento delle due materie) Massimo Giorgetti di Alleanza Nazionale.
Ancora una volta, così, i Rom e i Sinti si confermano il primo e più facile obiettivo delle politiche discriminatorie, nonostante che per gli stessi razzisti sia difficile sostenere la loro diversità, tanto più che molti rom hanno capelli biondi ed occhi azzurri. Anche i nazisti si trovarono in difficoltà nel motivare biologicamente la persecuzione e lo sterminio degli "zingari" che, per le loro origini indo-europee avrebbero dovuto essere considerati anch'essi ariani e quindi lasciati in pace.
Allora, il Centro di ricerche scientifiche sull'eredità, istituito nel 1936 dal regime nazista e diretto dal dott. Robert Ritter, fornì la motivazione necessaria. Pur riconoscendo loro "coscienza di razza e forza e sentimento di appartenenza", non esistevano più, secondo Ritter, zingari puri e la stragrande maggioranza di essi era meticcia, risultato di "un miscuglio creato dai rapporti degli zingari con gli elementi deteriori di popoli e razze diverse dell'Asia sudoccidentale e dell'Europa sudorientale". Per questa ragione, dopo averli definiti "sottouomini", Ritter suggerì la loro sterilizzazione forzata, onde "impedire l'ulteriore propagarsi di generazioni asociali e criminali"; ma presto dalla sterilizzazione si passò all'internamento nei lager e all'eliminazione, nonostante persino Himmler avesse vagheggiato la deportazione dei "sinti puri" in una sorta di riserva.
Non ci sarebbe quindi da meravigliarsi se, prossimamente, qualcuno dei numerosi esponenti leghisti con un passato nella destra filonazista giungesse a teorizzare in modo analogo che Rom e Sinti non sono abbastanza caucasici per essere umani.

emmerre


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