Umanità Nova, n.22 del 15 giugno 2008, anno 88

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Trieste: contro la devastazione ambientale

Venerdì 6 giugno un corteo ha attraversato la città per esigere la chiusura della ferriera di Servola, un impianto siderurgico fortemente inquinante posto in una zona altamente popolata e urbanizzata. La manifestazione era stata organizzata dai comitati di quartiere contro la ferriera, con un percorso politico poco limpido e molto problematico. Infatti era stata accolta l'adesione anche di alcuni leghisti e dell'Italia dei Valori, ma in piazza non si sono viste bandiere né degli uni né degli altri, mentre le persone presenti (quasi tutte abitanti nel quartiere in cui si trova l'impianto) erano esplicitamente stufe dei giochetti politici e tutti gli striscioni, i cartelli e i volantini erano rivolti sia contro la vecchia amministrazione regionale di centrosinistra sia contro la nuova di centrodestra, passando per la provincia e il comune. Per questi motivi i compagni e le compagne del gruppo Germinal hanno deciso comunque di scendere in piazza, portando solo le bandiere no tav e uno striscione con la scritta "NO TAV giù le mai dal Carso" in italiano e sloveno. Il Carso è la zona verde e boschiva intorno a Trieste, che secondo il progetto tavista dovrebbe venire traforata e devastata irreparabilmente. Un volantino distribuito a manifestanti e passanti riportava i danni ecologici e sociali provocati da tav e nucleare, due progetti collegati dalla devastazione per tutti e dal guadagno per i soliti noti.
Il corteo, composto da meno di 300 persone, tra cui anche uno spezzone dei disobbedienti locali e uno dei Grillo boys, ha attraversato il centro fermandosi davanti al consiglio regionale e poi davanti alla piazza di fronte alla stazione (uno dei pochissimi luoghi cittadini dove ancora sopravvive qualche albero) per far sentire la propria voce contro un progetto di "riqualificazione" che prevede il taglio di alberi ultracentenari per allargare ulteriormente la strada.
Infine gli organizzatori avevano predisposto un collegamento con Beppe Grillo, ma a quel punto i compagni avevano già chiuso bandiere e striscione, visto che del grillo parlante potevano fare anche a meno. In ogni caso anche lui è stato contestato e strombazzato, quando ha detto che è necessario collaborare con le istituzioni…
Raffaele Viezzi

Pisa 7 giugno: in piazza per difendere Rebeldia

Per due sabati di fila, Pisa ha vissuto dei momenti di intensa mobilitazione sociale. Dopo l'insperato successo di Canapisa, la street parade antiproibizionista che dal 2001 si tiene sulle rive dell'Arno e che il 31 maggio ha portato in piazza almeno 1500-2000 persone, sabato 7 giugno c'è stata la grande manifestazione in difesa di Rebeldia.
Rebeldia è nata nel maggio 2003 quando un gruppo di (allora) Disobbedienti occuparono l'ex Nettezza Urbana. La prima Rebeldia venne sgomberata dopo neanche due mesi (con una serie di strascichi giudiziari che ancora oggi vedono decine di persone sotto processo), ma Rebeldia continuò ad esistere, "trasferendosi" dapprima in via Diotisalvi e poi in via Battisti (dove ha sede attualmente) e trasformandosi nel Progetto Rebeldia. Il Progetto Rebeldia è formato da 27 tra gruppi, associazioni e comitati impegnati su diversi fronti della liberazione sociale (dall'antirazzismo agli hacker, dalla Ciclofficina al consumo critico, dall'antiproibizionismo alle inchieste autogestite sul mondo del lavoro, dallo sport alle compagnie teatrali e alle band musicali) che gestiscono collettivamente lo spazio di via Battisti, pur mantenendo ognuna la propria totale autonomia.
Il primo maggio, poco dopo essere "entrati" nel Bastione Sangallo (un'area del Giardino Scotto che da anni il Comune di Pisa lascia nella sporcizia e nel degrado e che era già stata teatro di un'azione di guerrilla gardening il 16 marzo), gli attivisti del Progetto Rebeldia avevano avuto la sgradevole sorpresa sui giornali del mattino che il neoeletto sindaco piddino di Pisa ha sintetizzato in un'intervista il suo programma in via i mendicanti – via i rom e via Rebeldia. Filippeschi aveva detto infatti che la sua prima "grande opera" sarà l'inutilissimo parcheggio degli autobus – sarebbe il secondo costruito in pochi anni… - in via Battisti, proprio dove ora c'è Rebeldia. Le minacce del Comune hanno moltiplicato le energie dei nostri che proprio nel corso della festa popolare tenuta allo Scotto hanno lanciato la manifestazione del 7 giugno in difesa di Rebeldia.
Sabato scorso così le strade pisane sono state percorse da diverse migliaia di persone – almeno 3mila secondo le valutazioni più pessimistiche - provenienti dalla Toscana e dalle regioni limitrofe (ma c'è stato anche qualche coraggioso venuto direttamente dalla Sicilia...). In testa al corteo c'era il Progetto Rebeldia, con una fortissima presenza di migranti, poi gli altri centri sociali pisani e toscani, gli antagonisti e il Comitato No Offshore, i sindacati di base, i veteromarxisti e un'infinità di persone "sparse". Probabilmente c'erano anche i partiti della sinistra ex-parlamentare, ma non se n'è accorto nessuno... Molto visibile al contrario la presenza degli anarchici, con le bandiere rosso-nere e i distributori di UN e del foglio anarchico toscano Kronstadt che spuntavano da ogni angolo. Dopo aver percorso le strade del cittadino, il corteo è terminato in Piazza Carrara dove la giornata è finita con un intensissimo concerto dei sempre grandi Assalti Frontali.
È stata una bellissima manifestazione come in città non se ne vedevano dai tempi della mobilitazione contro l'intervento militare in Iraq, che ha riempito di speranza di speranza ed emozione tutti i partecipanti. "La vera rinascita pisana", come ha detto qualcuno dal camion mentre gli arrampicatori di Equilibri Precari (che a Rebeldia gestiscono la parte d'arrampicata indoor più grande di tutta la Toscana) stendevano un enorme striscione sul Palazzo Comunale. Abbiamo scoperto tutti di non essere soli: per i piddini e i loro lacché sarà dura disfarsi di Rebeldia.
Robertino

Roma: massa critica in bici

Critical mass: un'idea semplice per ottenere subito. In città mancano gli spazi per le biciclette? non si respira? le macchine impongono il loro ritmo sulle relazioni umane? Ci si dà appuntamento in bici, e ci si riprende quello che si può. E quando l'appuntamento é interplanetario come per la quinta ciemmona si può un bel po'. Il 31 maggio, come ogni ultimo venerdì del mese ritrovo a Piazza Ostiense alle 18 (o giù di lì) ma stavolta moltissimi vengono da fuori città: da tutto il mondo. E con mezzi autocostruiti di ogni tipo, dalle bici a tre piani a quelle guidate da sdraiati, fino al risciò di percussioni e a due ciclomezzi per autoprodurre piste ciclabili! Dopo ampio giro lungo Tevere e nelle vie centrali la compagnia passa per molte periferie, dove forse é ancora più forte l'impatto; le facce in strada e alle finestre fanno capire che il segno lasciato é forte. E se non mancano gli automobilisti che si lasciano andare ai gesti irascibili tipici della categoria, non sono che il segno di chi non capisce l'evidente, e fanno apprezzare di più i tanti che invece, pur bloccati, apprezzano di cuore la novità. È già col buio che si arriva agli ampi spazi del LOA Acrobax, dove la festa procede a piedi. Una stima sulle presenze della giornata è di quasi mille persone. Sono invece più di tremila nella massa critica di sabato. L'appuntamento é in piazza san Giovanni, e da là viene presto imboccata la tangenziale, percorsa per molti chilometri, gremiti di casoni che per una volta là sopra vedono e sentono del bello. Più tardi un ampio passaggio in centro e la festa prosegue fino a tardi a villa Borghese. Domenica e lunedì sono dedicate a creare la possibilità del mare in bici. Da piazza Ostiense la massa si sposta lungo la superstrada di via Colombo, guadagna il mare e apre uno spazio liberato per tutta la notte. E la mattina dopo il ritorno a Roma é possibile insieme all'allegra massa. Ancora una volta non servono autorizzazioni per creare l'impensabile! Certo, non sto scrivendo da un mondo libero, l'immensa massa di biciclette non é stata massa critica sufficiente a far implodere le stantie contraddizioni di questo mondo. Ma veniva da pensare "ti ricordi quando le città erano assediate da puzzolenti e pericolose scatolone con le ruote?"... ti senti già in un mondo nuovo a ripensare all'assurdo passato. E partecipare alla costruzione di un nuovo mondo é contagioso... non rimane che trovare altri modi.
Capaburla

Caselle (TO): azione antimilitarista

Nel tardo pomeriggio del 6 giugno a Caselle alcuni antimilitaristi anarchici hanno detto la loro sull'arredo urbano di una rotonda piazzata all'ingresso del paese, di fronte ad un noto supermercato della zona.
Ormai da tre anni in centro alla rotonda è stata piazzata una freccia tricolore della Fiat, uno di quei "giocattoli" che vengono usati durante le parate per rendere bello lo spettacolo della guerra. I velivoli sfrecciano nel cielo segnandolo con lunghe scie tricolori: le acrobazie tengono col fiato sospeso e tentano di accendere il sentimento patriottico di chi assiste. Funamboli con un fiocco tricolore per la propaganda di guerra, per esaltare il mestiere delle armi, quello dell'assassino di professione, il militare, pagato per seminare la morte, per fare strage e distruzione. Un'orrenda ipocrisia, come quella di chiamare la guerra "pace" e gli interventi come quello in Afganistan "missioni umanitarie".
La rotonda di Caselle è stata finanziata dal Penny Market, che si trova di fronte, e dall'Alenia, fabbrica d'armi che proprio a Caselle ha un suo stabilimento, e dove gli aerei militari vengono collaudati.
Numerosi manichini sono stati collocati sotto l'aereo, in ricordo delle vittime delle guerre e di chi sulla guerra lucra, come i fabbricanti d'armi.
All'aereo sono stati appesi due striscioni "No a tutti gli eserciti" e "Alenia fabbrica guerre". Fumogeni colorati hanno inaugurato la nuova rotonda, trasformata in luogo antimilitarista dove si ricordano le vittime di tutte le guerre, di tutti gli eserciti.
Un'azione simbolica per ricordare che l'Italia è in guerra e che fermare la guerra è necessario e possibile, lottando per la chiusura di basi, caserme, aeroporti e fabbriche di morte.
Sei anarchici che si trovavano nei pressi della rotonda, dove è stata fatta l'azione antimilitarista, sono stati fermati dai carabinieri, che li hanno portati in caserma trattenendoli per oltre un'ora e mezza. Chi ricorda che l'Italia è in guerra deve essere subito fermato. I solerti tutori dell'ordine bellico si sono affrettati e rimuovere immediatamente i manichini, gli striscioni e persino i tubi dei fumogeni. Evidentemente nulla deve turbare la pace dei militaristi e dei guerrafondai, nessuno deve pensare che le armi prodotte a due passi da casa sua servono ad ammazzare gente inerme.
Foto qui: http://piemonte.indymedia.org/article/2230

Torino: rastrellamenti in strada, botte al Cpt, proteste alla CRI

La settimana appena trascorsa è stata segnata da retate di immigrati in strada e su autobus e tram, dalla lotta di un tunisino in sciopero della fame al CPT, dalle rinnovate proteste contro la Croce Rossa, che gestisce il lager dove, il 24 maggio un ragazzo è morto per mancanza di cure .
L'autobus n. 47 è stato al centro di rastrellamenti di polizia e GCT ai danni degli immigrati. Uno dei tanti che avvengono ogni giorno sui mezzi pubblici cittadini, che un caso fortuito ha fatto rimbalzare nelle cronache cittadine.
Sono le 8,30 del mattino del 4 giugno – come testimonierà in seguito una mediatrice culturale legata al centro interculturale Almaterra – e al capolinea del 67 a Moncalieri il pullman è pieno di gente che va al lavoro o a scuola. Sul mezzo "è salita una pattuglia della polizia, ha intimato a tutti gli stranieri di scendere, ha diviso maschi e femmine con bambini, ha chiesto il permesso di soggiorno.
Molte persone avevano con sé solo la carta di identità italiana, altri il permesso di soggiorno, altri ancora né l'uno né l'altro.
Tutto l'episodio si è svolto accompagnato da frasi quali: 'non ce ne frega niente della vostra carta di identità italiana', 'è finita la pacchia', 'l'Italia non è più il Paese delle meraviglie".
Gli agenti hanno fatto salire tutti gli uomini su un cellulare: solo un uomo marocchino, mostrando la carta di identità italiana, si è rifiutato di salire, chiedendo di che cosa veniva accusato e che avrebbe fatto riferimento al suo avvocato. Gli agenti l'hanno lasciato andare.
Nessuno dei passeggeri rimasti sull'autobus è intervenuto, anzi, molte delle persone presenti, anche sui balconi delle case intorno e sui marciapiedi, hanno applaudito."
Un episodio analogo accaduto sul tram della linea 4 intorno alle 15,30 di venerdì 6 giugno non è nemmeno finito in cronaca ma è stato divulgato dal tam tam dell'Assemblea Antirazzista.
Sempre venerdì intorno alle 15 ben 7 vigili dei "servizi mirati" salgono sul 67 e chiedono i documenti ai viaggiatori dall'aspetto straniero. Tra loro un marocchino che mostra loro la carta azzurra del permesso di soggiorno. Uno dei vigili a voce alta, sì che tutti sentano bene, gli dice "Ma guarda. Te l'hanno dato oggi il documento, eh. Custodiscilo bene!". Un episodio piccolo piccolo venuto alla ribalta perché sul medesimo autobus c'è anche Viorica Nechifor, giornalista rumena, responsabile della versione romena del sito del Comune e addetta stampa del Consolato di Romania a Torino, che si affretta a denunciare l'accaduto.
Sul fronte della lotta al CPT continua l'opera di informazione sui fatti avvenuti negli ultimi dieci giorni e sul ruolo della Croce Rossa che gestisce la struttura di via Mazzarello.
La sera del 6 giugno uno spettacolo teatrale doveva inaugurare il nuovo centro polifunzionale della CRI a Settimo Torinese, un comune della prima cintura. Fuori un gruppo di antirazzisti volantina. All'interno, appena compare in scena il Colonnello Baldacci, responsabile del CPT, nonché direttore della piece teatrale, due antirazzisti, abilmente mimetizzati tra il pubblico, saltano sul palco, srotolano uno striscione e chiedono di Hassan, morto senza cure al CPT.
L'intervento dei carabinieri pone fine alla protesta: i due vengono portati alla locale caserma dei carabinieri e identificati.
Il giorno successivo alcuni antirazzisti vanno a Torino Comics, mentre è in corso la presentazione di The story of an Idea, il volume dedicato da Moebius alla storia della Croce Rossa. Viene distribuito un fumetto con una ben diversa storia della CRI mentre dal microfono, momentaneamente preso in prestito dall'oratore ufficiale, qualcuno ricorda la fine di Hassan al CPT.
Domenica 8 un recluso chiama dal CPT uno dei numeri messi a disposizione dall'Assemblea Antirazzista e denuncia il caso di un immigrato da quattro giorni in sciopero della fame, che chiede di essere portato in ospedale per delle cure. Il giorno successivo, il ragazzo, che parla poco e male l'italiano, viene preso a schiaffi "per calmarlo". Terapie in stile Croce Rossa.
Mentre stiamo per andare in stampa arriva la notizia di un'ennesima retata nel quartiere S. Salvario. Alcuni antirazzisti sono lì e usano fischietti e gridano slogan. Una piccola azione di contrasto, nonostante la quale cinque immigrati vengono portati via. La lotta continua domani…
m. m.


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