Umanità Nova, n.23 del 22 giugno 2008, anno 88

Non sottomessi. Milano: rom in corteo tra intimidazioni e divieti


Dopo un mese vissuto pericolosamente, dopo una campagna terroristica fatta di ricatti, vessazioni e pressioni di tutti i tipi, invasioni poliziesche come quella di giovedì 12 alle 4 del mattino con la scusa del censimento, i Rom del campo di via Barzaghi a Milano, forse il campo Rom più grande d'Italia, hanno sfilato per le vie del quartiere.
La manifestazione era sta promossa dai Rom e dal coordinamento antirazzista milanese, all'indomani dei pogrom di Ponticelli a Napoli, a seguito di un appello alla mobilitazione data la gravità dei fatti che stavano avvenendo.
Era stata decisa una mobilitazione di 2 giorni: un Meeting antirazzista che si concludesse con la manifestazione. Il primo giorno del meeting si dovevano tenere degli incontri tematici sulla sanità, sulla situazione securitaria attuale e aprire una discussione sulla possibilità di andare oltre il "Campo", affrontando così i temi della casa,lavoro, scuola e il che fare? Il sabato la manifestazione per le vie del quartiere.
Ma i nemici dei diritti dei lavoratori e cittadini "stranieri" (e anche di quelli "autoctoni") sono in agguato.
Le associazioni che si occupano dei nomadi e quelle strutture affaristiche come "La casa della carità"(1) che gestiscono i campi Rom con regolamenti degni di un regime scellerato durato purtroppo un ventennio, si sono sentite franare il terreno sotto i piedi. Così è cominciata la solita crociata criminalizzatrice per impedire ai Rom di parlare con il mondo. Gli unici che possono parlare dei Rom solo coloro che si arricchiscono sulla loro pelle.
Perciò ecco il vicesindaco di Milano, il fascista DeCorato, il capo delle camicie verdi (ricordano tanto le nefaste camicie brune) Salvini, Majorino del Partito Democratico e, dulcis in fundo, quel bell'esemplare di prete buono di don Colmegna, tutti uniti a chiedere di vietare la manifestazione per motivi di ordine pubblico mettendo insieme la ridicola motivazione che era stata vietata una manifestazione musicale di 4 deficienti fascisti. A questi va aggiunta la pennivendola della Repubblica e Radio Popolare: tutti uniti nel cercare di far passare una manifestazione di popolo in uno scontro tra bande.
Ma per questa volta i loro conti non tornano: venerdì 13 centinaia di persone, cittadini milanesi e non, rompendo il divieto si sono ritrovati a far festa dalle prime ore del pomeriggio dentro il campo con la gente del campo. La presenza della polizia è stata asfissiante: chiunque veniva seguito e fatto oggetto di piccole provocazioni, viene impedito l'uso del megafono, al primo tentativo di fare un'assemblea la polizia farà irruzione. Nonostante ciò discussioni e piccole assemblee hanno preparato la manifestazione del giorno dopo, neppure la pioggia battente ci ha fermato ed abbiamo fatto festa tutti insieme fino a tardi.
Era la prima volta che qualcuno non autorizzato entrava nel campo.
Un altro muro comincia a sgretolarsi.
Sabato14 ore 15 circa, dal campo esce in corteo, dietro lo striscione oppressi ma non sottomessi, una folla di ragazzini, ragazzi, donne, uomini, tutti determinati a giocare la partita che si sta iniziando, quella della vita, quella per la conquista della dignità..
Sicuramente qualcuno ha paura: la polizia aveva vietato la manifestazione, qualcun altro aveva messo in giro la voce che i razzisti e i fascisti erano in agguato, insomma non mancavano tutte quelle pratiche di divisione che ben conoscono gli uomini del potere.
La manifestazione ha voluto rompere il muro dell'invisibilità e del silenzio.
Alzare la testa, farsi vedere in piazza, far riconoscere a tutto il quartiere e alla città che i campi di via Barzaghi sono il vero centro del quartiere, lì dove sono concentrate quasi 1000 persone tra cui una infinità di bambini bellissimi e gioiosi. Un quartiere dove quasi tutti gli uomini lavorano, sottopagati, spesso ricattati, trattati come schiavi, e a volte anche peggio.
Alle 16 il corteo parte, dopo aver contrattato il percorso con la polizia schierata in assetto di guerra, grazie alla determinazione a sfilare di tutti i partecipanti: alla testa lo striscione, circondato dalla popolazione del campo di Barzaghi. È proprio vero che alzare la testa fa paura! 150 ragazzini con i loro genitori invece di stare nascosti a prendersi tutte le ingiurie possibili o essere trattati come animali, scendono in piazza e denunciano il razzismo di stato, la deriva autoritaria che ha preso questa nazione, e capiscono che solo con l'autodeterminazione, con l'autodifesa, con l'autogestione si possono cambiare le cose. Riconoscere che chi è sfruttato, sia Rom o "straniero", italiano o marocchino, bianco onero o giallo, omosessuale o lesbica, ha gli stessi interessi fa così paura?
I 7-800 antirazzisti che hanno sfilato insieme, che non sono rimasti davanti alle scatole del rincoglionimento sociale (vedi televisione) quelli che hanno avuto il coraggio di mettere le loro facce ed i loro corpi in gioco, venuti da Napoli, Roma, Bologna, Genova, Trento, Torino e da altre parti dello stivale, oltre a delegazioni dalla Svizzera e dalla Francia, fanno così paura?
Dopo un giro nel quartiere il corteo si è sciolto davanti al campo da dove era partito. Qui scatta l'ennesima provocazione della giornata, quella che doveva essere la fine naturale del corteo, cioè una festa all'interno del campo, viene impedita dalla polizia con la scusa del regolamento e del divieto a entrare. Le forze non sono ancora sufficienti per poter far altro e il corteo si scioglie.
Questa due giorni è stata una prima occasione per trovare unità tra sfruttati, per dire no al razzismo e no allo sfruttamento.
La strada è ancora lunga, ma almeno abbiamo incominciato a percorrerla. Ci sarà una seconda puntata.

Anto
Commissione  Antirazzista FAI


(1) La gestione del campo di via Barzaghi è della Casa della Carità, organizzazione umanitaria gestita da un prete, Don Colmegna. Il campo è un recinto in mezzo al nulla, dove gli ospiti per accedere devono firmare un impegno detto Patto di Legalità.
Oggi circa 900 persone ci vivono, alcuni in container,altri in roulotte sgangherate, altri in baracche, tutti pagano una bolletta della luce forfettaria a di 600/700 euro al mese. Spesso i topi fanno da padroni in mezzo ai bambini.
Il patto di legalità consiste in regole ferree, degne di un carcere o un lager. Nessuno può essere ospitato, neanche un parente stretto: se viene trovato un ospite "abusivo" la famiglia viene cacciata; alle 10 di sera devono cessare i rumori; per entrare a trovare un amico ci vogliono i permessi e ancora un'infinita di trappole. Insomma, una galera.
E pensare che questo campo viene fatto passare come esempio da esportare.
I progetti di don Colmegna vengono finanziati con milioni di euro e i campi non vedono un cent.
Don Colmegna, questo affarista benemerito, passa agli occhi di tutti come la persona per bene, ma, se qualche ospite non fa quello che lui vuole, rischia di essere cacciato su due piedi. Questo è colui che lavora per i poveri! Questo mito è stato costruito con la complicità di tutta la sinistra istituzionale e, a volte, anche extra.



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