Dopo un mese vissuto pericolosamente, dopo una campagna terroristica
fatta di ricatti, vessazioni e pressioni di tutti i tipi, invasioni
poliziesche come quella di giovedì 12 alle 4 del mattino con la
scusa del censimento, i Rom del campo di via Barzaghi a Milano, forse
il campo Rom più grande d'Italia, hanno sfilato per le vie del
quartiere.
La manifestazione era sta promossa dai Rom e dal coordinamento
antirazzista milanese, all'indomani dei pogrom di Ponticelli a Napoli,
a seguito di un appello alla mobilitazione data la gravità dei
fatti che stavano avvenendo.
Era stata decisa una mobilitazione di 2 giorni: un Meeting antirazzista
che si concludesse con la manifestazione. Il primo giorno del meeting
si dovevano tenere degli incontri tematici sulla sanità, sulla
situazione securitaria attuale e aprire una discussione sulla
possibilità di andare oltre il "Campo", affrontando così
i temi della casa,lavoro, scuola e il che fare? Il sabato la
manifestazione per le vie del quartiere.
Ma i nemici dei diritti dei lavoratori e cittadini "stranieri" (e anche di quelli "autoctoni") sono in agguato.
Le associazioni che si occupano dei nomadi e quelle strutture
affaristiche come "La casa della carità"(1) che gestiscono i
campi Rom con regolamenti degni di un regime scellerato durato
purtroppo un ventennio, si sono sentite franare il terreno sotto i
piedi. Così è cominciata la solita crociata
criminalizzatrice per impedire ai Rom di parlare con il mondo. Gli
unici che possono parlare dei Rom solo coloro che si arricchiscono
sulla loro pelle.
Perciò ecco il vicesindaco di Milano, il fascista DeCorato, il
capo delle camicie verdi (ricordano tanto le nefaste camicie brune)
Salvini, Majorino del Partito Democratico e, dulcis in fundo, quel
bell'esemplare di prete buono di don Colmegna, tutti uniti a chiedere
di vietare la manifestazione per motivi di ordine pubblico mettendo
insieme la ridicola motivazione che era stata vietata una
manifestazione musicale di 4 deficienti fascisti. A questi va aggiunta
la pennivendola della Repubblica e Radio Popolare: tutti uniti nel
cercare di far passare una manifestazione di popolo in uno scontro tra
bande.
Ma per questa volta i loro conti non tornano: venerdì 13
centinaia di persone, cittadini milanesi e non, rompendo il divieto si
sono ritrovati a far festa dalle prime ore del pomeriggio dentro il
campo con la gente del campo. La presenza della polizia è stata
asfissiante: chiunque veniva seguito e fatto oggetto di piccole
provocazioni, viene impedito l'uso del megafono, al primo tentativo di
fare un'assemblea la polizia farà irruzione. Nonostante
ciò discussioni e piccole assemblee hanno preparato la
manifestazione del giorno dopo, neppure la pioggia battente ci ha
fermato ed abbiamo fatto festa tutti insieme fino a tardi.
Era la prima volta che qualcuno non autorizzato entrava nel campo.
Un altro muro comincia a sgretolarsi.
Sabato14 ore 15 circa, dal campo esce in corteo, dietro lo striscione
oppressi ma non sottomessi, una folla di ragazzini, ragazzi, donne,
uomini, tutti determinati a giocare la partita che si sta iniziando,
quella della vita, quella per la conquista della dignità..
Sicuramente qualcuno ha paura: la polizia aveva vietato la
manifestazione, qualcun altro aveva messo in giro la voce che i
razzisti e i fascisti erano in agguato, insomma non mancavano tutte
quelle pratiche di divisione che ben conoscono gli uomini del potere.
La manifestazione ha voluto rompere il muro dell'invisibilità e del silenzio.
Alzare la testa, farsi vedere in piazza, far riconoscere a tutto il
quartiere e alla città che i campi di via Barzaghi sono il vero
centro del quartiere, lì dove sono concentrate quasi 1000
persone tra cui una infinità di bambini bellissimi e gioiosi. Un
quartiere dove quasi tutti gli uomini lavorano, sottopagati, spesso
ricattati, trattati come schiavi, e a volte anche peggio.
Alle 16 il corteo parte, dopo aver contrattato il percorso con la
polizia schierata in assetto di guerra, grazie alla determinazione a
sfilare di tutti i partecipanti: alla testa lo striscione, circondato
dalla popolazione del campo di Barzaghi. È proprio vero che
alzare la testa fa paura! 150 ragazzini con i loro genitori invece di
stare nascosti a prendersi tutte le ingiurie possibili o essere
trattati come animali, scendono in piazza e denunciano il razzismo di
stato, la deriva autoritaria che ha preso questa nazione, e capiscono
che solo con l'autodeterminazione, con l'autodifesa, con l'autogestione
si possono cambiare le cose. Riconoscere che chi è sfruttato,
sia Rom o "straniero", italiano o marocchino, bianco onero o giallo,
omosessuale o lesbica, ha gli stessi interessi fa così paura?
I 7-800 antirazzisti che hanno sfilato insieme, che non sono rimasti
davanti alle scatole del rincoglionimento sociale (vedi televisione)
quelli che hanno avuto il coraggio di mettere le loro facce ed i loro
corpi in gioco, venuti da Napoli, Roma, Bologna, Genova, Trento, Torino
e da altre parti dello stivale, oltre a delegazioni dalla Svizzera e
dalla Francia, fanno così paura?
Dopo un giro nel quartiere il corteo si è sciolto davanti al
campo da dove era partito. Qui scatta l'ennesima provocazione della
giornata, quella che doveva essere la fine naturale del corteo,
cioè una festa all'interno del campo, viene impedita dalla
polizia con la scusa del regolamento e del divieto a entrare. Le forze
non sono ancora sufficienti per poter far altro e il corteo si scioglie.
Questa due giorni è stata una prima occasione per trovare
unità tra sfruttati, per dire no al razzismo e no allo
sfruttamento.
La strada è ancora lunga, ma almeno abbiamo incominciato a percorrerla. Ci sarà una seconda puntata.
Anto
Commissione Antirazzista FAI
(1) La gestione del campo di via Barzaghi è della Casa della
Carità, organizzazione umanitaria gestita da un prete, Don
Colmegna. Il campo è un recinto in mezzo al nulla, dove gli
ospiti per accedere devono firmare un impegno detto Patto di
Legalità.
Oggi circa 900 persone ci vivono, alcuni in container,altri in roulotte
sgangherate, altri in baracche, tutti pagano una bolletta della luce
forfettaria a di 600/700 euro al mese. Spesso i topi fanno da padroni
in mezzo ai bambini.
Il patto di legalità consiste in regole ferree, degne di un
carcere o un lager. Nessuno può essere ospitato, neanche un
parente stretto: se viene trovato un ospite "abusivo" la famiglia viene
cacciata; alle 10 di sera devono cessare i rumori; per entrare a
trovare un amico ci vogliono i permessi e ancora un'infinita di
trappole. Insomma, una galera.
E pensare che questo campo viene fatto passare come esempio da esportare.
I progetti di don Colmegna vengono finanziati con milioni di euro e i campi non vedono un cent.
Don Colmegna, questo affarista benemerito, passa agli occhi di tutti
come la persona per bene, ma, se qualche ospite non fa quello che lui
vuole, rischia di essere cacciato su due piedi. Questo è colui
che lavora per i poveri! Questo mito è stato costruito con la
complicità di tutta la sinistra istituzionale e, a volte, anche
extra.