Esiste una diffusa convinzione che tutto quello che riguarda
l'apparato bellico statunitense in Italia sia coperto dal segreto
militare imposto dal governo Usa; in verità, tale credenza di
rado risponde al vero, dato che il segreto militare è invece
normalmente garantito dalle leggi dello Stato italiano, così
come abbiamo avuto modo di documentare già un anno fa su queste
pagine.
Questo aspetto è confermato dal fatto che quasi sempre le
informazioni attorno a tale realtà ci giungono direttamente da
fonti ufficiali statunitensi, facilmente accessibili anche in rete.
Evidentemente, il dominio coloniale che gli Stati Uniti esercitano sul
territorio italiano non rappresenta un particolare problema per chi
comanda a Washington, mentre costituisce una vergogna politica per i
governi che lo subiscono e lo accettano.
Ennesima prova di questa logica, ci viene dalla recente conferma sulla
presenza di armi nucleari Usa in Italia, talmente palese da farci
semmai dubitare che ammettendo l'esistenza, ormai risaputa, di bombe
nucleari nelle basi di Ghedi ed Aviano, si intenda depistare i sospetti
da altri arsenali nucleari ancora attivi, come ad esempio il Site Pluto
di Longare (Vi) o Camp Darby (Pi) con i loro spaventosi depositi di
granate d'artiglieria, convenzionali e non.
Tenendo presente che comunque ogni dato ufficiale, nel momento in cui
viene divulgato o fatto trapelare, è un elemento di conoscenza
del tutto parziale, può essere interessante soffermarsi su
alcune informazioni che non hanno accesso sui media italiani in quanto
mettono in luce il rapporto di asservimento dei "nostri" governanti, ma
anche l'esistenza di aree extralegali.
Ogni anno, sul sito del Dipartimento della Difesa Usa il Pentagono
rende noto un documento (Base Structure Report) con l'elenco di tutte
le basi militari nel mondo, dal quale è facile evincere loro
numero e dislocazione in Italia. I dati contenuti nel rapporto 2007 e
aggiornati al 30 settembre 2006, rivelano che nel nostro paese sono
presenti 12 strutture militari Usa per l'esercito (Army), 21 per la
marina (Navy) e 16 per l'aviazione (Air Force), per un totale di 49
installazioni, oltre ad altri 40 "insediamenti minori". Totale: 89
installazioni, su 737 in tutto il mondo; alle quali vanno sommate le
strutture Nato ed altre neanche menzionate nei rapporti ufficiali.
Numeri già eloquenti, ma mai presentati all'opinione pubblica
nella loro esatta entità: "Le basi militari Usa e Nato sono del
tutto extraterritoriali, sfuggono alla legislazione civile e penale del
Paese che deve subirne la presenza, non sono tenute inoltre a dare
nessuna informazione o spiegazione sulle loro attività (…) Se si
tiene conto del fatto che le basi Nato e Usa in Italia sono
centotredici e che ognuna di esse è servita da una rete di
infrastrutture, si può capire che in pratica non esiste
più in Italia un solo territorio che si possa dire italiano".
Ancora maggiore il segreto attorno all'armamento nucleare ospitato in tali strutture.
Tra il 2005 e il 2007 gli studi indipendenti del Natural Resources
Defense Council avevano messo in luce che in Italia gli Stati Uniti
conservavano una novantina di testate nucleari; l'ultima conferma
ufficiale è giunta in queste settimane, quando - tra la fine di
maggio e l'inizio di giugno - sono stati resi noti due manuali dell'Us
Air Force riguardanti le procedure tecniche di sicurezza da seguire nei
depositi delle testate atomiche. Da tali manuali è emerso che
negli aeroporti di Ghedi (Bs) e Aviano (Pn) ci sono 60-80 ordigni
nucleari per aereo dei tipi "B61-3E e B62-3A Gravity Bombs".
Nessuna novità dato che in passato sia riviste militari, centri
studi sul disarmo, reportage televisivi e associazioni antimilitariste
avevano denunciato le stesse cose; mentre resta aperto l'aspetto
politicamente più scottante, ossia quello della base aerea di
Ghedi che non è una base Usa, anche se vi opera una speciale
unità (Munition Support Squadron), ma dell'aeronautica italiana
da dove dovrebbero decollare i Tornado del 6° Stormo con armamento
nucleare Usa. Tale circostanza è in aperta violazione della
legge italiana che vieta "la fabbricazione, l'importazione ed il
transito di armi biologiche, chimiche e nucleari" (L. n. 185/1990); ma
anche del trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto
dall'Italia nel 1970 come paese non atomico che, tra l'altro, impegnava
gli Stati Uniti a non cedere a paesi terzi le loro armi nucleari.
Evidentemente però vige una ragione di stato al di fuori dalla
stessa legalità istituzionale, così come riportato da La
Repubblica il 15 settembre 2007: "Tra Italia e Stati Uniti esisterebbe
anche un accordo segreto per la difesa nucleare, rinnovato dopo il
2001. William Arkin, un esperto dell'associazione degli scienziati
nucleari, ne ha rivelato recentemente il nome in codice: Stone Axe
(Ascia di Pietra). Le bombe atomiche in Italia sono di tre modelli: B
61-3, B 61-4 e B61-10. Il primo ha una potenza massima di 107 kiloton,
dieci volte superiore all'atomica di Hiroshima; il secondo modello ha
una potenza massima di 45 kiloton e il terzo di 80 kiloton".
Analogamente non trapela quasi nulla attorno ai 12 porti italiani nei
quali possono transitare e sostare unità militari a propulsione
nucleare statunitensi, britanniche e francesi: Trieste, Venezia, La
Spezia, Ancona, Brindisi, Taranto, Augusta, Gaeta, Castellamare di
Stabia, Napoli, Cagliari, La Maddalena.
Anche il numero appare approssimato dato che, ad esempio, a Livorno si
ricorda la presenza in rada di portaerei statunitensi in tempi non
lontani.
Per tutti i porti nucleari dovrebbero essere predisposti dei piani di
emergenza esterna che obbligatoriamente devono essere resi noti alla
popolazione. Al momento però in Italia i cittadini sono tenuti
all'oscuro (in violazione dell'art. 129 del D.lgs 230) dei piani di
emergenza delle aree portuali interessate dal transito di unità
a propulsione nucleare che nella maggior parte dei casi vengono
classificati come "segreti".
L'unica eccezione è Trieste, ma con disposizioni ritenute del tutto risibili.
In conseguenza di questi comportamenti a danno della
collettività e in aperta violazione della legislazione
comunitaria, l'Italia è stata infatti deferita nel giugno del
2006 alla Corte di giustizia europea. Le violazioni riguardano le
direttive 96/29 e 89/618/Euratom. Nelle motivazioni del deferimento
è scritto: "La Commissione europea ha deciso di adire la Corte
di giustizia a causa della non conformità della legislazione
italiana con le norme Euratom riguardanti la predisposizione dei piani
di emergenza e l'informazione preliminare da fornire obbligatoriamente
alla popolazione in caso di emergenza radiologica. L'esistenza di una
normativa nazionale completa e trasparente è un presupposto
essenziale se si vuole garantire un livello elevato di protezione della
popolazione dagli effetti delle radiazioni ionizzanti. Specie per
quanto riguarda la preparazione alle emergenze radioattive,
l'informazione preliminare dei cittadini è di capitale
importanza per ridurre al minimo le conseguenze sanitarie in caso
d'incidente radiologico."
A quando delle sanzioni internazionali contro questo stato canaglia?
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