Umanità Nova, n.24 del 29 giugno 2008, anno 88

Le bombe sotto casa. Le atomiche "italiane" tra segreti, bugie e omissioni


Esiste una diffusa convinzione che tutto quello che riguarda l'apparato bellico statunitense in Italia sia coperto dal segreto militare imposto dal governo Usa; in verità, tale credenza di rado risponde al vero, dato che il segreto militare è invece normalmente garantito dalle leggi dello Stato italiano, così come abbiamo avuto modo di documentare già un anno fa su queste pagine.
Questo aspetto è confermato dal fatto che quasi sempre le informazioni attorno a tale realtà ci giungono direttamente da fonti ufficiali statunitensi, facilmente accessibili anche in rete. Evidentemente, il dominio coloniale che gli Stati Uniti esercitano sul territorio italiano non rappresenta un particolare problema per chi comanda a Washington, mentre costituisce una vergogna politica per i governi che lo subiscono e lo accettano.
Ennesima prova di questa logica, ci viene dalla recente conferma sulla presenza di armi nucleari Usa in Italia, talmente palese da farci semmai dubitare che ammettendo l'esistenza, ormai risaputa, di bombe nucleari nelle basi di Ghedi ed Aviano, si intenda depistare i sospetti da altri arsenali nucleari ancora attivi, come ad esempio il Site Pluto di Longare (Vi) o Camp Darby (Pi) con i loro spaventosi depositi di granate d'artiglieria, convenzionali e non.
Tenendo presente che comunque ogni dato ufficiale, nel momento in cui viene divulgato o fatto trapelare, è un elemento di conoscenza del tutto parziale, può essere interessante soffermarsi su alcune informazioni che non hanno accesso sui media italiani in quanto mettono in luce il rapporto di asservimento dei "nostri" governanti, ma anche l'esistenza di aree extralegali.
Ogni anno, sul sito del Dipartimento della Difesa Usa il Pentagono rende noto un documento (Base Structure Report) con l'elenco di tutte le basi militari nel mondo, dal quale è facile evincere loro numero e dislocazione in Italia. I dati contenuti nel rapporto 2007 e aggiornati al 30 settembre 2006, rivelano che nel nostro paese sono presenti 12 strutture militari Usa per l'esercito (Army), 21 per la marina (Navy) e 16 per l'aviazione (Air Force), per un totale di 49 installazioni, oltre ad altri 40 "insediamenti minori". Totale: 89 installazioni, su 737 in tutto il mondo; alle quali vanno sommate le strutture Nato ed altre neanche menzionate nei rapporti ufficiali.
Numeri già eloquenti, ma mai presentati all'opinione pubblica nella loro esatta entità: "Le basi militari Usa e Nato sono del tutto extraterritoriali, sfuggono alla legislazione civile e penale del Paese che deve subirne la presenza, non sono tenute inoltre a dare nessuna informazione o spiegazione sulle loro attività (…) Se si tiene conto del fatto che le basi Nato e Usa in Italia sono centotredici e che ognuna di esse è servita da una rete di infrastrutture, si può capire che in pratica non esiste più in Italia un solo territorio che si possa dire italiano".
Ancora maggiore il segreto attorno all'armamento nucleare ospitato in tali strutture.
Tra il 2005 e il 2007 gli studi indipendenti del Natural Resources Defense Council avevano messo in luce che in Italia gli Stati Uniti conservavano una novantina di testate nucleari; l'ultima conferma ufficiale è giunta in queste settimane, quando - tra la fine di maggio e l'inizio di giugno - sono stati resi noti due manuali dell'Us Air Force riguardanti le procedure tecniche di sicurezza da seguire nei depositi delle testate atomiche. Da tali manuali è emerso che negli aeroporti di Ghedi (Bs) e Aviano (Pn) ci sono 60-80 ordigni nucleari per aereo dei tipi "B61-3E e B62-3A Gravity Bombs".
Nessuna novità dato che in passato sia riviste militari, centri studi sul disarmo, reportage televisivi e associazioni antimilitariste avevano denunciato le stesse cose; mentre resta aperto l'aspetto politicamente più scottante, ossia quello della base aerea di Ghedi che non è una base Usa, anche se vi opera una speciale unità (Munition Support Squadron), ma dell'aeronautica italiana da dove dovrebbero decollare i Tornado del 6° Stormo con armamento nucleare Usa. Tale circostanza è in aperta violazione della legge italiana che vieta "la fabbricazione, l'importazione ed il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari" (L. n. 185/1990); ma anche del trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto dall'Italia nel 1970 come paese non atomico che, tra l'altro, impegnava gli Stati Uniti a non cedere a paesi terzi le loro armi nucleari.
Evidentemente però vige una ragione di stato al di fuori dalla stessa legalità istituzionale, così come riportato da La Repubblica il 15 settembre 2007: "Tra Italia e Stati Uniti esisterebbe anche un accordo segreto per la difesa nucleare, rinnovato dopo il 2001. William Arkin, un esperto dell'associazione degli scienziati nucleari, ne ha rivelato recentemente il nome in codice: Stone Axe (Ascia di Pietra). Le bombe atomiche in Italia sono di tre modelli: B 61-3, B 61-4 e B61-10. Il primo ha una potenza massima di 107 kiloton, dieci volte superiore all'atomica di Hiroshima; il secondo modello ha una potenza massima di 45 kiloton e il terzo di 80 kiloton".
Analogamente non trapela quasi nulla attorno ai 12 porti italiani nei quali possono transitare e sostare unità militari a propulsione nucleare statunitensi, britanniche e francesi: Trieste, Venezia, La Spezia, Ancona, Brindisi, Taranto, Augusta, Gaeta, Castellamare di Stabia, Napoli, Cagliari, La Maddalena.
Anche il numero appare approssimato dato che, ad esempio, a Livorno si ricorda la presenza in rada di portaerei statunitensi in tempi non lontani.
Per tutti i porti nucleari dovrebbero essere predisposti dei piani di emergenza esterna che obbligatoriamente devono essere resi noti alla popolazione. Al momento però in Italia i cittadini sono tenuti all'oscuro (in violazione dell'art. 129 del D.lgs 230) dei piani di emergenza delle aree portuali interessate dal transito di unità a propulsione nucleare che nella maggior parte dei casi vengono classificati come "segreti".
L'unica eccezione è Trieste, ma con disposizioni ritenute del tutto risibili.
In conseguenza di questi comportamenti a danno della collettività e in aperta violazione della legislazione comunitaria, l'Italia è stata infatti deferita nel giugno del 2006 alla Corte di giustizia europea. Le violazioni riguardano le direttive 96/29 e 89/618/Euratom. Nelle motivazioni del deferimento è scritto: "La Commissione europea ha deciso di adire la Corte di giustizia a causa della non conformità della legislazione italiana con le norme Euratom riguardanti la predisposizione dei piani di emergenza e l'informazione preliminare da fornire obbligatoriamente alla popolazione in caso di emergenza radiologica. L'esistenza di una normativa nazionale completa e trasparente è un presupposto essenziale se si vuole garantire un livello elevato di protezione della popolazione dagli effetti delle radiazioni ionizzanti. Specie per quanto riguarda la preparazione alle emergenze radioattive, l'informazione preliminare dei cittadini è di capitale importanza per ridurre al minimo le conseguenze sanitarie in caso d'incidente radiologico."
A quando delle sanzioni internazionali contro questo stato canaglia?

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