Il sito nucleare di Tricastin, inaugurato nel 1970, è il
più importante sito industriale nucleare francese dopo quello di
La Hague. Situato a circa 65 km da Avignone, si estende su circa 600
ettari di terreno con più di 5mila occupati. Il centro di
Tricastin è composto da quattro reattori nucleari da 915 MW di
potenza ciascuno, dal Centro di ricerca nucleare militare della CEA
(Commissione per l'energia atomica), dall'impianto Comurhex e da quello
Eurodif (arricchimento di uranio poi utilizzato come combustibile dalle
centrali per la produzione di energia), dove è avvenuto
l'incidente che ha scatenato una delle più grosse crisi fra
quelle che hanno coinvolto la filiera nucleare francese.
L'incidente. Questa la
ricostruzione pubblicata da "Le Monde" del 17/7/2008: nel pomeriggio
del 7 luglio due addetti all'impianto Eurodif, di proprietà
della SOCATRI società del gruppo nucleare francese Areva,
intervengono su una valvola bloccata da cristalli di uranio che sta
provocando una fuga di materiale radioattivo. Alle ore 19, il sistema
di allarme segnala una fuga radioattiva ma lo sversamento non viene
localizzato. Nella notte, ore 23, lo sversamento di materiale
radioattivo diviene imponente. Alle ore 6,15 dell'8 di luglio la
direzione di SOCATRI attiva il piano di emergenza interno. Alle ore
7,30 la direzione dell'impianto informa l'ASN (Autorità per la
sicurezza nucleare) e la prefettura della Drome. Alle ore 13,30 ASN e
Prefettura comunicano l'allarme ai sindaci dei comuni limitrofi
all'impianto che emettono un decreto in cui si vieta di attingere
l'acqua dai pozzi e quindi di utilizzarla per gli usi domestici e
l'irrigazione dei campi, e si vieta anche la balneazione e la pesca
lungo i fiumi La Gaffiere e l'Auzon. La popolazione viene a conoscenza
del decreto dai telegiornali serali.
Menzogne. Questa ricostruzione
però è ben diversa dalla versione ufficiale fatta dalla
SOCATRI al momento di fornire le prime informazioni sull'incidente. Le
agenzie di stampa dell'8 luglio parlano di un incidente avvenuto alle
ore 6 dell'8 luglio "nel corso di alcune azioni di pulitura". SOCATRI
aveva cercato di far passare la notizia che l'incidente era avvenuto
alle 6 di mattina e non alle 23 di notte, tacendo quindi sui ritardi
nel dare l'allarme, e cercando di far passare la notizia che
l'incidente fosse avvenuto durante una normale operazione tecnica e non
a causa di un guasto già da tempo individuato. In un primo
momento l'ASN e la Prefettura avevano dato credito a questa notizia
salvo poi essere smentiti da un comunicato dell'IRSN (Istituto di
radioprotezione e sicurezza nazionale) che parlava invece di uno
sversamento avvenuto alle 23 del 7 luglio. Sempre l'8 luglio le agenzie
di stampa riportano la dichiarazione del responsabile della sicurezza
dell'impianto: "L'incidente è stato dichiarato di livello 1 in
una scala di gravità che va da zero a sette", dimenticando
però di dire che la valutazione della gravità
dell'incidente era stata fatta dalla stessa SOCATRI!
Contaminazione. Nel suo
documento del 9 luglio il CRIIRAD (Commission de Recherche e
d'Information Independantes sur la Radioactivitè) denunciava che
sulla base delle notizie fornite da Areva la fuga di 75 KG di uranio
avvenuta nella notte fra il 7 e l'8 luglio superava di 27 volte il
limite annuale consentito e di ben 160 volte quello mensile. Il CRIIRAD
accusava anche Areva, ASN, IRSN e Prefettura di non aver dato la minima
informazione sulla composizione dell'uranio finito nei fiumi e
sottoterra, informazioni necessarie alla valutazione dei rischi per le
popolazioni ma anche per comprendere quali siano state le infrazioni
commesse da SOCATRI. L'organismo indipendente ricordava come il sito di
Tricastin non fosse nuovo alle fughe radioattive, già avvenute
in aprile, agosto, ottobre e novembre 2007. L'11 di luglio il CRIIRAD
tornava sull'argomento con un dettagliato rapporto in cui si
denunciavano tutte le omissioni commesse da Areva e dalle istituzioni
incaricate dei controlli. "Secondo le ultime cifre pubblicate dalla
SOCATRI e accettate dallo Stato, 224 Kg di uranio sarebbero stati
rigettati nell'ambiente: 1/3, cioè circa 74 Kg si sarebbero
sversati nel fiume La Graffiere (e da qui nel lago Trop Long e nel
fiume Lauzon) e 2/3 si sono espansi nel suolo. La SOCATRI sostiene che
la contaminazione non ha raggiunto le falde acquifere… ma senza
pubblicare alcuna analisi che permetta di confermarlo." Il documento
dimostrava anche altre incongruenze della versione della SOCATRI
accettate dagli organismi che dovrebbero controllarla. Da parte sua la
rete "Sortir du nucleare" accusava senza mezzi termini Areva di aver
cercato di tenere nascosto l'incidente e così facendo di aver
messo in pericolo volontariamente la popolazione: "Solo nel pomeriggio
la popolazione è stata informata. È verosimile che
numerose persone siano state contaminate per aver bevuto acqua potabile
o aver fatto il bagno nel fiume".
Misteri. Come spesso accade in
queste situazioni, nei giorni successivi all'incidente la pressione
dell'opinione pubblica ha permesso di scoprire molti altri particolari
che Areva aveva cercato di tenere nascosti. Innanzitutto che il 2
luglio si era verificato un incidente alle tubazioni dell'impianto
SOCATRI che le aveva gravemente danneggiate e che avrebbe dovuto
costringere i responsabili a sospendere le lavorazioni. Di fronte a
queste rivelazioni l'ASN, un organo accusato di subalternità
agli interessi dell'industria nucleare, si vede costretto il 10 luglio
a chiedere la chiusura temporanea dell'impianto Eurodif. È la
prima volta che l'ASN prende una decisione così drastica che
incrina l'immagine tanto coltivata dal governo francese di una
tecnologia francese "sicura". Di fronte allo scandalo, il 17 luglio
Areva è costretta a licenziare il direttore di SOCATRI. Ma
soprattutto il 16 luglio si viene a sapere che a 2 km di distanza dal
sito nucleare sono stati rilevati falde freatiche e pozzi privati con
un tasso di presenza di uranio che arriva a 64 microgrammi per litro,
ben superiori ai 15 ammessi dall'OMS (Organizzazione mondiale della
sanità) per dichiarare potabile l'acqua. L'ipotesi è che
tali contaminazioni siano frutto di altri incidenti, tenuti nascosti
dai responsabili del sito. A questo proposito il CRIIRAD ricorda che il
4 luglio aveva emesso un comunicato in cui denunciava, sulla base di
documentazioni pubbliche e di informazioni anonime, che nel terreno di
Tricastin sono state interrate circa 760 tonnellate di scorie
radioattive di origine militare sottoposte all'erosione e a rischio di
inquinamento per la falda freatica situata nei dintorni del sito. Il
CRIIRAD denunciava anche le pessime condizioni di lavoro a cui sono
costretti i dipendenti delle ditte di sub appalto.
Faccia tosta. Il 18 luglio, il
numero uno di Areva, la potente signora Anne Lauvergeon, si reca in
visita al sito di Tricastin, accolta da un presidio di militanti
antinucleari, per dichiarare che "l'incidente è chiuso". In
quello che è accaduto a Tricastin la manager vede "la prova di
un'industria trasparente, capace di dire tutto e subito, quale che
siano le conseguenze". L'arroganza del potere non ha limiti!
Rischio di lungo periodo.
Mentre scriviamo queste note (lunedì 21 luglio) sono ancora
validi i divieti emessi l'8 luglio, segno della gravità di
quanto avvento e segno che il panico sviluppatosi fra la popolazione
è tutt'altro che ingiustificato. Per incidenti come quello di
Tricastin non si può parlare di un pericolo immediato ma di un
rischio di lungo periodo. "La popolazione corre un rischio bevendo
acqua contenente uranio o facendo il bagno – ha dichiarato
Stephane Lhomme, portavoce di "Sortir du nucleaire"– In questi
due casi, le particelle si fissano nell'organismo. Questa
contaminazione è anche più pericolosa dell'irradiazione,
perché le particelle raggiungono direttamente le cellule, anche
se sono poco radioattive. Si rischia un cancro quasi a colpo sicuro,
anche se 10, 15 o 20 anni più tardi".
Un caso esemplare. Nella sua
drammaticità quello che è accaduto a Tricastin sintetizza
gran parte dei problemi sollevati dalla scelta nucleare:
- La militarizzazione di questa tecnologia, particolarmente acuita in
Francia dove il nucleare civile è figlio diretto della "force de
frappe" voluta dallo Stato francese negli anni '60 del secolo scorso.
Tutto è coperto dal segreto militare in Francia ma anche in
Italia visto che con diversi provvedimenti sia il governo Prodi che
quello Berlusconi hanno posto gli impianti nucleari fra quelli di
interesse strategico nazionale, quindi sotto rigido controllo militare;
- L'inaffidabilità di questa tecnologia. Poiché quella
nucleare è tutt'altro che una energia "sicura" e poiché
le conseguenze degli incidenti agli impianti atomici sono sempre gravi,
il settore industriale nucleare cerca innanzitutto di negare gli
incidenti e, se proprio non si riesce a tenerli segreti, a minimizzarne
gli effetti. In questo l'industria nucleare gode della
complicità degli organi statali che dovrebbero controllarla. La
cultura nucleare è una cultura del silenzio e della menzogna.
- La mancata soluzione della questione delle scorie radioattive, anche
a bassa radioattività come quelle nascoste e abbandonate nel
perimetro del sito.
- L'inquinamento quotidiano provocato dagli impianti nucleari. "La
polluzione nucleare è insita all'industria nucleare –
scrive Yannick Rousselet di Greenpeace France – Centrali,
fabbriche di ritrattamento o centri di stoccaggio: tutti questi siti
emettono quotidianamente della radioattività nell'ambiente".
Non solo la tecnologia nucleare è sicuramente pericolosa ma è anche sicuramente inquinante!
Antonio Ruberti