Umanità Nova, n.26 del 27 luglio 2008, anno 88

L'incidente alla centrale nucleare di Tricastin in Francia. Menzogne criminali


Il sito nucleare di Tricastin, inaugurato nel 1970, è il più importante sito industriale nucleare francese dopo quello di La Hague. Situato a circa 65 km da Avignone, si estende su circa 600 ettari di terreno con più di 5mila occupati. Il centro di Tricastin è composto da quattro reattori nucleari da 915 MW di potenza ciascuno, dal Centro di ricerca nucleare militare della CEA (Commissione per l'energia atomica), dall'impianto Comurhex e da quello Eurodif (arricchimento di uranio poi utilizzato come combustibile dalle centrali per la produzione di energia), dove è avvenuto l'incidente che ha scatenato una delle più grosse crisi fra quelle che hanno coinvolto la filiera nucleare francese.

L'incidente. Questa la ricostruzione pubblicata da "Le Monde" del 17/7/2008: nel pomeriggio del 7 luglio due addetti all'impianto Eurodif, di proprietà della SOCATRI società del gruppo nucleare francese Areva, intervengono su una valvola bloccata da cristalli di uranio che sta provocando una fuga di materiale radioattivo. Alle ore 19, il sistema di allarme segnala una fuga radioattiva ma lo sversamento non viene localizzato. Nella notte, ore 23, lo sversamento di materiale radioattivo diviene imponente. Alle ore 6,15 dell'8 di luglio la direzione di SOCATRI attiva il piano di emergenza interno. Alle ore 7,30 la direzione dell'impianto informa l'ASN (Autorità per la sicurezza nucleare) e la prefettura della Drome. Alle ore 13,30 ASN e Prefettura comunicano l'allarme ai sindaci dei comuni limitrofi all'impianto che emettono un decreto in cui si vieta di attingere l'acqua dai pozzi e quindi di utilizzarla per gli usi domestici e l'irrigazione dei campi, e si vieta anche la balneazione e la pesca lungo i fiumi La Gaffiere e l'Auzon. La popolazione viene a conoscenza del decreto dai telegiornali serali.

Menzogne. Questa ricostruzione però è ben diversa dalla versione ufficiale fatta dalla SOCATRI al momento di fornire le prime informazioni sull'incidente. Le agenzie di stampa dell'8 luglio parlano di un incidente avvenuto alle ore 6 dell'8 luglio "nel corso di alcune azioni di pulitura". SOCATRI aveva cercato di far passare la notizia che l'incidente era avvenuto alle 6 di mattina e non alle 23 di notte, tacendo quindi sui ritardi nel dare l'allarme, e cercando di far passare la notizia che l'incidente fosse avvenuto durante una normale operazione tecnica e non a causa di un guasto già da tempo individuato. In un primo momento l'ASN e la Prefettura avevano dato credito a questa notizia salvo poi essere smentiti da un comunicato dell'IRSN (Istituto di radioprotezione e sicurezza nazionale) che parlava invece  di uno sversamento avvenuto alle 23 del 7 luglio. Sempre l'8 luglio le agenzie di stampa riportano la dichiarazione del responsabile della sicurezza dell'impianto: "L'incidente è stato dichiarato di livello 1 in una scala di gravità che va da zero a sette", dimenticando però di dire che la valutazione della gravità dell'incidente era stata fatta dalla stessa SOCATRI!

Contaminazione. Nel suo documento del 9 luglio il CRIIRAD (Commission de Recherche e d'Information Independantes sur la Radioactivitè) denunciava che sulla base delle notizie fornite da Areva la fuga di 75 KG di uranio avvenuta nella notte fra il 7 e l'8 luglio superava di 27 volte il limite annuale consentito e di ben 160 volte quello mensile. Il CRIIRAD accusava anche Areva, ASN, IRSN e Prefettura di non aver dato la minima informazione sulla composizione dell'uranio finito nei fiumi e sottoterra, informazioni necessarie alla valutazione dei rischi per le popolazioni ma anche per comprendere quali siano state le infrazioni commesse da SOCATRI. L'organismo indipendente ricordava come il sito di Tricastin non fosse nuovo alle fughe radioattive, già avvenute in aprile, agosto, ottobre e novembre 2007. L'11 di luglio il CRIIRAD tornava sull'argomento con un dettagliato rapporto in cui si denunciavano tutte le omissioni commesse da Areva e dalle istituzioni incaricate dei controlli. "Secondo le ultime cifre pubblicate dalla SOCATRI e accettate dallo Stato, 224 Kg di uranio sarebbero stati rigettati nell'ambiente: 1/3, cioè circa 74 Kg si sarebbero sversati nel fiume La Graffiere (e da qui nel lago Trop Long e nel fiume Lauzon) e 2/3 si sono espansi nel suolo. La SOCATRI sostiene che la contaminazione non ha raggiunto le falde acquifere… ma senza pubblicare alcuna analisi che permetta di confermarlo." Il documento dimostrava anche altre incongruenze della versione della SOCATRI accettate dagli organismi che dovrebbero controllarla. Da parte sua la rete "Sortir du nucleare" accusava senza mezzi termini Areva di aver cercato di tenere nascosto l'incidente e così facendo di aver messo in pericolo volontariamente la popolazione: "Solo nel pomeriggio la popolazione è stata informata. È verosimile che numerose persone siano state contaminate per aver bevuto acqua potabile o aver fatto il bagno nel fiume".

Misteri. Come spesso accade in queste situazioni, nei giorni successivi all'incidente la pressione dell'opinione pubblica ha permesso di scoprire molti altri particolari che Areva aveva cercato di tenere nascosti. Innanzitutto che il 2 luglio si era verificato un incidente alle tubazioni dell'impianto SOCATRI che le aveva gravemente danneggiate e che avrebbe dovuto costringere i responsabili a sospendere le lavorazioni. Di fronte a queste rivelazioni l'ASN, un organo accusato di subalternità agli interessi dell'industria nucleare, si vede costretto il 10 luglio a chiedere la chiusura temporanea dell'impianto Eurodif. È la prima volta che l'ASN prende una decisione così drastica che incrina l'immagine tanto coltivata dal governo francese di una tecnologia francese "sicura". Di fronte allo scandalo, il 17 luglio Areva è costretta a licenziare il direttore di SOCATRI. Ma soprattutto il 16 luglio si viene a sapere che a 2 km di distanza dal sito nucleare sono stati rilevati falde freatiche e pozzi privati con un tasso di presenza di uranio che arriva a 64 microgrammi per litro, ben superiori ai 15 ammessi dall'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) per dichiarare potabile l'acqua. L'ipotesi è che tali contaminazioni siano frutto di altri incidenti, tenuti nascosti dai responsabili del sito. A questo proposito il CRIIRAD ricorda che il 4 luglio aveva emesso un comunicato in cui denunciava, sulla base di documentazioni pubbliche e di informazioni anonime, che nel terreno di Tricastin sono state interrate circa 760 tonnellate di scorie radioattive di origine militare sottoposte all'erosione e a rischio di inquinamento per la falda freatica situata nei dintorni del sito. Il CRIIRAD denunciava anche le pessime condizioni di lavoro a cui sono costretti i dipendenti delle ditte di sub appalto.

Faccia tosta. Il 18 luglio, il numero uno di Areva, la potente signora Anne Lauvergeon, si reca in visita al sito di Tricastin, accolta da un presidio di militanti antinucleari, per dichiarare che "l'incidente è chiuso". In quello che è accaduto a Tricastin la manager vede "la prova di un'industria trasparente, capace di dire tutto e subito, quale che siano le conseguenze". L'arroganza del potere non ha limiti!

Rischio di lungo periodo. Mentre scriviamo queste note (lunedì 21 luglio) sono ancora validi i divieti emessi l'8 luglio, segno della gravità di quanto avvento e segno che il panico sviluppatosi fra la popolazione è tutt'altro che ingiustificato. Per incidenti come quello di Tricastin non si può parlare di un pericolo immediato ma di un rischio di lungo periodo. "La popolazione corre un rischio bevendo acqua contenente uranio o facendo il bagno – ha dichiarato Stephane Lhomme, portavoce di "Sortir du nucleaire"– In questi due casi, le particelle si fissano nell'organismo. Questa contaminazione è anche più pericolosa dell'irradiazione, perché le particelle raggiungono direttamente le cellule, anche se sono poco radioattive. Si rischia un cancro quasi a colpo sicuro, anche se 10, 15 o 20 anni più tardi".

Un caso esemplare. Nella sua drammaticità quello che è accaduto a Tricastin sintetizza gran parte dei problemi sollevati dalla scelta nucleare:
- La militarizzazione di questa tecnologia, particolarmente acuita in Francia dove il nucleare civile è figlio diretto della "force de frappe" voluta dallo Stato francese negli anni '60 del secolo scorso. Tutto è coperto dal segreto militare in Francia ma anche in Italia visto che con diversi provvedimenti sia il governo Prodi che quello Berlusconi hanno posto gli impianti nucleari fra quelli di interesse strategico nazionale, quindi sotto rigido controllo militare;
- L'inaffidabilità di questa tecnologia. Poiché quella nucleare è tutt'altro che una energia "sicura" e poiché le conseguenze degli incidenti agli impianti atomici sono sempre gravi, il settore industriale nucleare cerca innanzitutto di negare gli incidenti e, se proprio non si riesce a tenerli segreti, a minimizzarne gli effetti. In questo l'industria nucleare gode della complicità degli organi statali che dovrebbero controllarla. La cultura nucleare è una cultura del silenzio e della menzogna.
- La mancata soluzione della questione delle scorie radioattive, anche a bassa radioattività come quelle nascoste e abbandonate nel perimetro del sito.
- L'inquinamento quotidiano provocato dagli impianti nucleari. "La polluzione nucleare è insita all'industria nucleare – scrive Yannick Rousselet di Greenpeace France – Centrali, fabbriche di ritrattamento o centri di stoccaggio: tutti questi siti emettono quotidianamente della radioattività nell'ambiente".
Non solo la tecnologia nucleare è sicuramente pericolosa ma è anche sicuramente inquinante!

Antonio Ruberti

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