un esito paradossale, ma che in realtà è la
riprova del disegno che era ed è sotteso alla criminalizzazione
di rom e sinti. Questi ultimi sono stati usati come esempio in quanto
"naturalmente" delinquenti e quindi da colpire ed indicare al "popolo"
come responsabili di tutti i mali, veri capri espiatori di una
società impoverita, grigia, incarognita. La previsione normativa
che ha scatenato polemiche in patria e all'estero era contenuta in tre
ordinanze del presidente del consiglio dei ministri del 30 maggio
contenenti "Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare
lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità
nomadi nel territorio" di Campania, Milano e Roma: venivano dati poteri
straordinari ai prefetti per affrontare questa "emergenza" e dettate
linee guida cui attenersi, ivi compresa la "identificazione e
censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei
familiari presenti" nei campi nomadi legali e abusivi "attraverso
rilievi segnaletici". Già la tecnica normativa e l'uso di certi
termini colpiva. Un'ordinanza del presidente del consiglio è un
mero atto amministrativo; venivano conferiti poteri straordinari ai
"prefetti", cioè ai terminali locali del governo e nelle
ordinanze in questione si parlava di "protezione civile" e di
"emergenza" in relazione ad un numero indeterminato di persone
individuate solo su base etnica o razziale; i "rilievi segnaletici"
sono quelli (foto, impronte, ecc.) previsti dalle leggi di pubblica
sicurezza per le "persone pericolose o sospette" (regio decreto
18.6.1931 n. 773 e regio decreto 6.5.1940 n. 635). La misura era un
evidente test sulla "resistenza" a certi provvedimenti e alla
criminalizzazione di una parte della società; una misura del
genere, con così forte incidenza sulla libertà delle
persone, anziché essere approvata nel circuito parlamentare,
veniva introdotta in un "semplice" atto amministrativo; la sua
attuazione restava tutta nel circuito del governo che l'aveva approvata
e l'avrebbe fatta applicare. Con ogni evidenza, ce ne era abbastanza
per capire che la partita di una nuova stretta della società del
controllo era iniziata.
Con una rapidità che forse ha stupito gli stessi promotori del
censimento razzista di rom e sinti, è stato raggiunto
l'obiettivo di un maggior controllo dell'intera società, con
l'approvazione di una "piccola" norma che coinvolge la totalità
degli italiani, cioè la necessità di inserire nelle carte
di identità "cartacee" che saranno rinnovate dal 2010 le
impronte digitali (per le carte di identità "elettroniche" la
cosa è già prevista). Dicevamo "piccola" norma
perché la disposizione è stata inserita in sede di
conversione del decreto legge n.112/08 in materia di "semplificazione"
nell'art. 31 il quale prevede che la carta di identità abbia
validità decennale, anziché quinquennale. Il ritocco
è bipartisan, come si suole dire, e la cosa non stupisce, dato
che maggioranza e opposizione condividono la stessa ansia securitaria
non da oggi. Il risultato è una schedatura di massa dell'intera
popolazione, diventata in blocco "pericolosa o sospetta". Lo stato
stringe le maglie del controllo sociale, simbolico e materiale, in modo
quasi impercettibile, mistificando la realtà di una stretta
repressiva con un surplus di democrazia e uguaglianza. "Più
impronte per tutti" significa meno libertà per tutti, è
il riconoscimento del fatto che la società è per lo stato
qualcosa da controllare e reprimere in blocco. Per gli anarchici
è storia vecchia e quotidiana e ci sarebbe da riflettere su
questo scivolamento di piani per cui oggi, per chi è al potere,
è l'insieme della società ad essere
"pericoloso&sospetto".
W.B.