Umanità Nova, n.26 del 27 luglio 2008, anno 88

Impronte: un'intera società sotto controllo. Siamo tutti sospetti


 un esito paradossale, ma che in realtà è la riprova del disegno che era ed è sotteso alla criminalizzazione di rom e sinti. Questi ultimi sono stati usati come esempio in quanto "naturalmente" delinquenti e quindi da colpire ed indicare al "popolo" come responsabili di tutti i mali, veri capri espiatori di una società impoverita, grigia, incarognita. La previsione normativa che ha scatenato polemiche in patria e all'estero era contenuta in tre ordinanze del presidente del consiglio dei ministri del 30 maggio contenenti "Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio" di Campania, Milano e Roma: venivano dati poteri straordinari ai prefetti per affrontare questa "emergenza" e dettate linee guida cui attenersi, ivi compresa la "identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti" nei campi nomadi legali e abusivi "attraverso rilievi segnaletici". Già la tecnica normativa e l'uso di certi termini colpiva. Un'ordinanza del presidente del consiglio è un mero atto amministrativo; venivano conferiti poteri straordinari ai "prefetti", cioè ai terminali locali del governo e nelle ordinanze in questione si parlava di "protezione civile" e di "emergenza" in relazione ad un numero indeterminato di persone individuate solo su base etnica o razziale; i "rilievi segnaletici" sono quelli (foto, impronte, ecc.) previsti dalle leggi di pubblica sicurezza per le "persone pericolose o sospette" (regio decreto 18.6.1931 n. 773 e regio decreto 6.5.1940 n. 635). La misura era un evidente test sulla "resistenza" a certi provvedimenti e alla criminalizzazione di una parte della società; una misura del genere, con così forte incidenza sulla libertà delle persone, anziché essere approvata nel circuito parlamentare, veniva introdotta in un "semplice" atto amministrativo; la sua attuazione restava tutta nel circuito del governo che l'aveva approvata e l'avrebbe fatta applicare. Con ogni evidenza, ce ne era abbastanza per capire che la partita di una nuova stretta della società del controllo era iniziata.
Con una rapidità che forse ha stupito gli stessi promotori del censimento razzista di rom e sinti, è stato raggiunto l'obiettivo di un maggior controllo dell'intera società, con l'approvazione di una "piccola" norma che coinvolge la totalità degli italiani, cioè la necessità di inserire nelle carte di identità "cartacee" che saranno rinnovate dal 2010 le impronte digitali (per le carte di identità "elettroniche" la cosa è già prevista). Dicevamo "piccola" norma perché la disposizione è stata inserita in sede di conversione del decreto legge n.112/08 in materia di "semplificazione" nell'art. 31 il quale prevede che la carta di identità abbia validità decennale, anziché quinquennale. Il ritocco è bipartisan, come si suole dire, e la cosa non stupisce, dato che maggioranza e opposizione condividono la stessa ansia securitaria non da oggi. Il risultato è una schedatura di massa dell'intera popolazione, diventata in blocco "pericolosa o sospetta". Lo stato stringe le maglie del controllo sociale, simbolico e materiale, in modo quasi impercettibile, mistificando la realtà di una stretta repressiva con un surplus di democrazia e uguaglianza. "Più impronte per tutti" significa meno libertà per tutti, è il riconoscimento del fatto che la società è per lo stato qualcosa da controllare e reprimere in blocco. Per gli anarchici è storia vecchia e quotidiana e ci sarebbe da riflettere su questo scivolamento di piani per cui oggi, per chi è al potere, è l'insieme della società ad essere "pericoloso&sospetto".

W.B.

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