Umanità Nova, n.26 del 27 luglio 2008, anno 88

Eluana Englaro e i curati in doppiopetto. Nati per soffrire


Di oscenità, lo sappiamo, si nutrono i media. E quindi di oscenità dobbiamo subirne ogni giorno. C'è poco da fare!
Giuliano Ferrara e Gianni Alemanno, insieme ad altri, depositano, fra gli applausi di una piccola folla di eccitati bigotti, la loro bottiglietta d'acqua, metafora del buio e della violenza morale che accompagna, inevitabilmente, il gratuito e crudele proposito di condizionare la sofferenza di una disgraziata famiglia: gli applausi, perché se non fosse spettacolo, non avrebbe senso spendere tante energie; il culto dell'immagine, la bottiglia d'acqua, inutile a portare sollievo ma buona per riempire di contenuti "altri" una storia che dei suoi contenuti dovrebbe vergognarsi; le foto sui giornali, perché se non ci fosse ritorno mediatico… ma chissenefregherebbe di Eluana e del suo dramma!
È sconcertante osservare come la canea dei sedicenti "difensori della vita" abbia prontamente, e fin troppo prevedibilmente, aggredito la drammatica vicenda di Eluana Englaro e della sua famiglia, quasi fosse un nuovo osso da addentare e spolpare in allegria. Sconcertante, certo, ma altrettanto prevedibile, perché ormai siamo abituati, e tale abitudine è destinata a confermarsi sempre di più, a vedere come venga ad esprimersi un ipocrita e distorto afflato moralistico – moralistico e non etico, vorrei sottolineare – ogni volta che una questione di coscienza individuale, tanto più se affiancata da forti valori etici, si affaccia alla ribalta della cronaca.
Eccola dunque, questa accozzaglia di gerarchi ecclesiastici mistici e filosofi, di esagitati ciellini in consiglio di guerra permanente, di pluridivorziati antidivorzisti, di procacciatori di aborti fieramente antiabortisti, di guerrafondai, sì, ma "contro" la pena di morte, di rozzi razzisti "amanti" dell'umanità, eccola blaterare di sacralità della vita, eccola dettare le buone norme compassionevoli, eccola pontificare con invidiabile sicurezza su come devono comportarsi …gli altri.
Sensibilissimi alla sofferenza dell'umanità, ma freddi rispetto alla sofferenza di chi vive il proprio dramma quotidianamente, non si limitano ad affermare i loro principi, il che sarebbe legittimo e doveroso, ma pretendono, in nome della diretta consonanza con lo spirito divino e se occorre con la violenza della legge del più forte, di imporre le loro decisioni. Come è scritto in una bella e solidale lettera apparsa sulla «Stampa» mandata da una donna che vive una situazione simile a quella di Eluana, "chi l'ha conosciuta e amata non può dunque decidere per lei, mentre possono farlo persone che, fino a ieri, non sapevano neppure che esistesse". E, aggiungiamo, noi, che non appena sarà finito il solito tourbillon delle apparenze, si scorderanno presto anche di quel nome e di quella storia.
Ma del resto è una vocazione secolare, ancestrale, inestirpabile come una seconda pelle, questa del prete, tanto del prete in tonaca quanto del prete in doppiopetto: esigere, se ne ha la forza, o pretendere, se non può fare diversamente, che le regole sociali e le norme comportamentali di tutti ubbidiscano, senza il minimo discernimento ma con la massima ottusità, alla pretesa morale di qualcuno. Ecco quindi che ciò che sarebbe altrimenti inconcepibile, tanto sarebbe elementare comprenderne l'assurdità, diventare la prassi quotidiana, ed ecco, quindi, esibirsi in modo così melodrammatico, la stupida e feroce violenza di chi chiede a gran voce che la sofferenza di Eluana, e della sua famiglia non debba aver fine. Del resto siamo nati per soffrire, come vuole la loro idea di Dio misericordioso!

MoM

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