Umanità Nova, n.27 del 7 settembre 2008, anno 88

Vicenza. Sull'orlo della base


Lo scorso 29 luglio, la Sezione Quarta del Consiglio di Stato ha accolto, con scontato zelo governativo, il ricorso della presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero della Difesa contro l'ordinanza del TAR del Veneto, che aveva sospeso l'avvio del progetto Dal Molin dopo un'istanza promossa dal Codacons, dall'Ecoistituto del Veneto e da una dozzina di cittadini, come riferito su queste pagine all'inizio dell'estate.
Secondo infatti la prevedibile e prevista sentenza, "l'atto di assenso del Governo italiano alla richiesta del Governo statunitense costituisce espressione di potere politico, insindacabile a livello giurisdizionale".
Inoltre il Consiglio di Stato, richiamando le clausole segrete dell'Accordo bilaterale Italia-Stati Uniti del 20 ottobre 1954, ha ribadito che il via libera all'ampliamento della base di Vicenza non può dipendere dall'esito della consultazione della popolazione interessata e poi perché "non appaiono comprovate ragioni di danno ambientale capaci di costituire ostacolo alla realizzazione delle opere in questione".
All'indomani, il governatore del Veneto, Galan, inneggia al Consiglio di Stato con sprezzo del ridicolo.
Il 31 luglio la polizia, per la prima volta dall'inizio della lotta contro la Ederle-2, ricorre ai manganelli contro le migliaia di manifestanti che vogliono occupare la stazione ferroviaria per protestare contro la decisione. Circa 3/400 dimostranti riescono comunque a bloccare alcuni binari per qualche decina di minuti, quindi desistono di fronte alla pressione delle forze dell'ordine: è evidente che il tempo della compiacenza e del dialogo è terminato. Nello scorso dicembre il precedente questore era stato sostituito da Giovanni Sarlo, più incline alle maniere forti che alle mediazioni.
Il 6 agosto il comando Setaf (South European Task Force) decreta l'inizio dei lavori, comunicando di aver consegnato l'area del Dal Molin al consorzio formato dalle cooperative "rosse" Cmc di Ravenna e Ccc di Bologna affinché aprano i cantieri dei lavori (conclusione prevista nel 2012) per la costruzione della Ederle 2. Nel comunicato ufficiale viene confermato che "Il Comando della caserma Ederle continuerà a lavorare con il commissario del governo Paolo Costa, e con tutte le competenti autorità italiane, a livello nazionale, regionale e locale, durante l'intera fase esecutiva del progetto".
Dal 20 agosto in poi, ogni giorno è buono per l'apertura del cantiere. Dal 25 è previsto il completamento dei lavori di bonifica della pista, fermati a giugno dal verdetto del TAR, per eliminare la presenza di residuati bellici; ma sino al 30 settembre, salvo cambiamenti, la pista civile continuerà ad essere utilizzata per i voli dell'Aeroclub e per le pur ridotte attività dello scalo civile gestiti dalla Aeroporti Vicentini SpA ormai prossima alla chiusura: così almeno secondo gli accordi presi, firmati e controfirmati dallo stesso commissario per il governo (anche se del Pd) Paolo Costa.
Il progetto, che vale appalti per 245 milioni di euro, dovrebbe vedere il mantenimento e l'utilizzo delle pre-esistenti strutture militari italiane (alcune risalenti all'epoca fascista); così come verrà mantenuta la cappella dove continueranno a svolgersi le funzioni religiose, ma sotto la bandiera a stelle e strisce. Dopo che le mobilitazioni, gli ostacoli burocratici e i ricorsi legali hanno causato un ritardo di oltre un anno sulla tabella di marcia statunitense, adesso la fine dei lavori è prevista per il 2012.
Ad ogni buon conto, nell'eventualità di un pronunciamento avverso del Consiglio di Stato, il comando Setaf aveva individuato una soluzione alternativa presso due basi dismesse a Zelo, in provincia di Rovigo. Interessante sottolineare che tale possibilità era stata subito ben accolta dal consigliere cittadino del Pd, Giovanni Papuzzi, che vale la pena citare testualmente: "La proposta per queste zone potrebbe essere un toccasana. Portare qui una popolazione diversa, più giovane, con la possibilità di investire, potrebbe rivitalizzare tutta l'area".
Per fortuna, il Polesine non dovrà subire anche questa sventura: forse una megacentrale Enel e un rigassificatore possono bastare.
Appare infatti evidente che Vicenza resta la sede prescelta e che per il Dal Molin siamo all'epilogo; mentre permane la già insostenibile militarizzazione del territorio berico, con la caserma Ederle sempre più punto cruciale delle operazioni di guerra Usa; come testimoniano i 43 soldati statunitensi già di stanza a Vicenza morti in Iraq e Afganistan, ma anche la presenza in Georgia di circa 150 parà nell'ambito dell'esercitazione "Immediate Response 2008" presso l'ex base aerea russa di Vaziani proprio alla vigilia della crisi.
Prevedibilmente i lavori potrebbero partire, assieme all'intervento poliziesco, in queste settimane di fine estate, dato che in ottobre sono attesi altri pronunciamenti del TAR su ulteriori ricorsi avversi al progetto e per il 5 ottobre è fissata la consultazione dei cittadini promessa e promossa dalla giunta comunale di centrosinistra, consultazione che - secondo vari sondaggi - vedrebbe una elevata partecipazione della cittadinanza e un marcato orientamento contrario alla nuova base.
Secondo un recente sondaggio, infatti, a Vicenza otto cittadini su dieci sono pronti a partecipare alla consultazione e il 56% si dichiara contrario alla base Usa al Dal Molin; anche se il sindaco del Pd, Variati, continua ad esibire sul bavero della giacca una rassicurante spilletta con una doppia bandiera, quella Usa e quella tricolore.
Tale responso, seppure ininfluente, comunque delegittimerebbe politicamente l'azione del governo e quindi sarebbe un problema in più nel giustificare la repressione antipopolare.
Margini per mediazioni e compromessi non se ne intravedono, così come non è più tempo di manifestazioni spettacolari. L'unica variabile sta nella quantità e nelle modalità del ricorso alla forza da parte del governo; conseguentemente, l'impiego della violenza in uniforme antisommossa potrebbe determinare nuove possibilità per lo sviluppo dell'opposizione collettiva e plurale che per due anni, a Vicenza e nell'altra Italia, ha messo in discussione questo progetto.
Adesso, per tutti, è giunto il momento di concretizzare la volontà di fermarlo e renderlo impossibile.

UN report


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