La vicenda Alitalia permette di analizzare lo stato dei rapporti
sindacali, politici, economici e giuridici in questo paese. Come
è noto, la compagnia aerea "di bandiera" versa da anni in grave
crisi, un po' vacca da mungere, un po' parastato, un po' bacino di
voti, un po' vittima, come altre compagnie aeree, sopratutto nazionali
(la belga Sabena, la svizzera Swissair), della guerra delle
liberalizzazioni dei prezzi, coniugata ad una dimensione medio-piccola
che non aiuta certo i risparmi. Di Alitalia si potrebbe dire che si
sapeva benissimo dove sarebbe andata a finire, ma che fino a che
l'orchestra suona, non si smette di ballare sul ponte del Titanic. Ma
andiamo con ordine.
Ormai tutti sanno che con un decreto legge, cioè un atto del
governo da convertire in legge entro 60 giorni dalla sua emanazione,
sono state modificate alcune norme della "legge Marzano", la normativa
che regola il destino delle "grandi imprese in crisi"; sono state
sospese le norme antitrust che anche il nostro paese si era dato; sono
state previste deroghe alla normativa sulla cessione di azienda e di
ramo d'azienda; è stato previsto un regime straordinario per la
cassa integrazione e la mobilità cui sono destinati i dipendenti
Alitalia in numero, certo di molte migliaia, ancora non noto e comunque
da definirsi; è stata prevista, in pratica, l'immunità
per chi ha gestito Alitalia nell'ultimo anno. Lo scopo di tutta questa
normazione eccezionale e d'emergenza è dividere un'Alitalia
"buona", acquistata da una cordata di padroni italiani capeggiata da
Colaninno senior, da un'Alitalia "cattiva", carica dei debiti e del
personale, da liquidare e smaltire. L'Alitalia "buona" ha già
Air France come socio al 25%, cioè come socio di maggioranza di
fatto, pronto ad acquistare il resto delle azioni dai padroni italiani
della cordata Colaninno, che hanno, certo, singolarmente, il divieto di
vendere le loro azioni per cinque anni, ma che ben possono vendere in
blocco di fronte ad un'offerta di Air France rivolta contemporaneamente
a tutti...
Siamo in presenza della più classica delle privatizzazioni dei
profitti e socializzazioni delle perdite. Ma vi è di più.
Nell'attuale regime normativo dell'Unione Europea e nazionale, per
raggiungere i propri scopi, il governo ha dovuto compiere
stravolgimenti normativi, sospensioni di norme, riscrittura di altre,
conferendo a se stesso poteri praticamente illimitati in campo
economico e giuridico. L'operazione Alitalia segna un ulteriore
passaggio della strategia berlusconiana, fino ad ora incontrastata, di
asservimento dell'intero sistema giuridico-economico alla legge
dell'eccezionalità gestita dall'esecutivo.
A reggere la coda del capo, un personaggio come Colaninno senior, padre
del parlamentare del PD già presidente del giovani industriali.
Molti si sono chiesti "perchè Colaninno"; molti si son ricordati
della sua scalata a Telecom nel 1999 dopo il "salvataggio" della
Olivetti. Meno si son ricordati del fatto che Colaninno fu messo al suo
posto da De Benedetti nel settembre 1996 quando lo stesso De Benedetti
aveva portato la società di Ivrea sull'orlo del fallimento:
l'Olivetti controllava a quell'epoca sia la telefonia di Omnitel ed
Infostrada, che le "vecchie" attività informatiche (Olivetti
Personal Computers) e le macchine per ufficio di Lexikon. Colaninno
doveva vendere i pc che gli procuravano troppe perdite e che non voleva
ristrutturare e trovò per strada un avvocato americano, tale
Gottesman ("uomo di dio"...) cui vendette la baracca con un'operazione
che separava i crediti buoni dalle attività in Italia in perdita
(Op Computers) e che falliranno in silenzio proprio nel maggio del 1999
mentre avveniva la famosa scalata a Telecom. Società comprata a
credito e rivenduta a Tronchetti due anni dopo con enormi profitti.
Voleva poi comprarsi la Fiat quando era con l'acqua alla gola, ma alla
fine si è accontentato della Piaggio. Non c'è che dire,
Roberto Colaninno è una garanzia per i lavoratori di Alitalia.
I quali lavoratori si ritrovano con quattro anni di cassa integrazione
straordinaria e tre anni di mobilità "garantiti", per tutti e a
prescindere dall'età. Insomma, anche nella disgrazia, questi
"famigerati" lavoratori Alitalia saranno dei "privilegiati". Se sette
anni di reddito alla soglia di povertà "vi sembran pochi..."
W.B.