Anche in Italia si cominciano a vedere in giro t-shirt con il faccione di Obama for president e la scritta Yes, we can, per di più su sfondo rosso.
Circostanza davvero immotivata, scoprendo che ad esibire tale icona
sono persone e personaggi pubblici che si collocano a sinistra e si
dichiarano pacifisti.
L'equivoco, grazie anche all'immagine che il Partito Democratico
italiano ha veicolato e utilizzato del candidato democratico alla Casa
Bianca, appare come tanti altri basato su una concezione della politica
fondata sul non-sense.
Basta leggere, quanto la stessa stampa statunitense riporta. Sul New
York Times, proprio alla vigilia di un suo tour tra le truppe Usa
all'estero, Obama ha esplicitato la sua politica internazionale: "Via
le truppe americane dall'Iraq entro l'estate del 2010, con 10 mila
militari da dispiegare, appena possibile, in Afganistan, che si sta
confermando il vero fronte della guerra contro il terrore (...) da
Presidente, intendo avviare una nuova strategia, fornendo sin
dall'inizio almeno due brigate da combattimento supplementari per
appoggiare il nostro sforzo in Afganistan (...) abbiamo bisogno di
più truppe, di più elicotteri, di una migliore
intelligence di una maggiore assistenza non militare per compiere la
nostra missione".
Per quanto riguarda l'Iran ha più volte sostenuto che lo
considera un nemico dell'America e che il suo programma nucleare
è "un problema per l'umanità".
Non meno univoche le sue posizioni sul Medio Oriente. Provocando le
immaginabili reazioni palestinesi, in occasione di una conferenza
stampa con il ministro degli Esteri, Tzipi Livni, tenutasi a luglio a
Sderot, nel sud di Israele, ha dichiarato "Continuo a dire che
Gerusalemme sarà la capitale di Israele", nonostante che neanche
un governo appoggi l'annessione sionista di tutta Gerusalemme, nemmeno
quello di Bush allineato, almeno formalmente, alla risoluzione Onu che
definisce Gerusalemme come città internazionale.
Un'altra affermazione, largamente ignorata, è stata fatta da
Obama a Miami lo scorso 23 maggio. Parlando alla comunità
anticomunista degli espatriati cubani, il candidato democratico ha
assicurato che manterrà contro Cuba l'embargo che dura da 47
anni, nonostante sia stato dichiarato illegale dall'Onu.
Obama ha anche sostenuto che gli Stati Uniti hanno "perso l'America
Latina", definendo i governi legittimi di Venezuela, Bolivia e
Nicaragua come dei "vuoti" da riempire, ed ha appoggiato la cosiddetta
"Iniziativa Merida" che Amnesty International e altri hanno condannato
come il tentativo di portare la "soluzione colombiana" in Messico.
Anche sulla pena di morte, osteggiata dai settori liberal statunitensi,
Obama non appare incline ad ulteriori moratorie e, davanti ai microfoni
della Cnn, si è dichiarato favorevole alla condanna capitale nei
confronti di Bin Laden. Ha altresì precisato che "non sono un
tifoso della pena capitale che dovrebbe essere limitata ai crimini
più orrendi", infatti pochi giorni prima Obama aveva criticato
una decisione della Corte Suprema che aveva bocciato la
possibilità di mettere a morte criminali responsabili di gravi
crimini senza omicidio, come lo stupro di bambini.
Molti politici e osservatori continuano ad accettare l'accostamento
propagandistico Obama-Kennedy, ma senza coglierne la vera essenza.
Anche J.F.Kennedy è stato infatti trasformato, immeritatamente,
in un mito progressista; basti pensare che, tra l'altro, durante la sua
presidenza iniziò l'intervento militare Usa in Vietnam, venne
autorizzato lo sbarco degli anticastristi alla Baia dei Porci a Cuba e
la Cia collaborò con la polizia sudafricana nell'arresto di
Nelson Mandela, poi detenuto quasi 28 anni.
Un precedente che dovrebbe far riflettere su come, anche negli Stati
Uniti, non possono esistere poteri buoni e tanto meno governi amici.
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