Umanità Nova, n.28 del 14 settembre 2008, anno 88

La scure di Gelmini. Il bambino dimenticato


Nell'articolo della scorsa settimana (a scuola di disciplina) si metteva già chiaramente in luce come il disegno che oggi colpisce la scuola non è altro che un'articolazione di quello più complessivo che vuole militarizzare coscienze e corpi.
Un altro tassello si è aggiunto con il decreto legge 137 firmato dalla ministra Gelmini che abbassa l'orario delle scuole elementari a 24 ore, reintroducendo il maestro unico, figura abolita 40 anni fa. Oggi le classi funzionano con 27 ore di insegnamento per i bambini e 3 insegnanti su 2 classi, quindi con circa 6 ore con una doppia presenza, o a tempo pieno 40 ore con due insegnanti su una classe, e quattro ore di doppia presenza.
Il nuovo decreto significa abolizione delle compresenze, delle esperienze fondate sui laboratori, delle competenze acquisite dalle insegnanti negli anni. Il primo risultato di questa riforma, sbandierata come tutela bimbi, è di diminuire il tempo che i bambini passano a scuola, e di aumentare l'orario di lavoro dell'insegnante, quindi forse più "rigore e disciplina", ma come ai bei tempi della maestra unica, tassi di abbandono scolastico molto più alti di oggi. Riepilogando più quantità e meno qualità: risultato, 87 mila esuberi.
Con questa riforma viene stravolto il modo di insegnare, il ritorno del maestro unico significa semplicemente meno tempo dedicato all'ascolto dei bambini, che non sono gli stessi di 40 anni fa: né loro, né le loro famiglie. Uno svantaggio soprattutto per quelli con delle difficoltà, ma un maggiore disagio per tutti. E in tutto questo gran parlare della scuola elementare sono proprio i bambini i dimenticati: qualcuno ha chiesto loro che cosa ne pensano? Si è interrogato sulla capacità di stabilire dei rapporti affettivi con più persone e sulla difficoltà che a volte incontrano quando non riescono ad essere capiti, ad essere "sognati" dall'insegnante? Perché si cresce solo se, come dice Dolci*, si è sognati.
Un insegnante unico significa dare rilevanza all'insegnamento come trasmissione di nozioni, togliendo tempo alla dimensione di rapporto personale che trasmette valori ed esperienze e che non ha né il tempo né l'energia di essere mantenuta da una sola persona, chiusa nella sua classe.
Quindi sì, ci hanno pensato, ma il risultato è quello che vogliono: l'insegnante unico significa fine del confronto perciò isolamento, del bambino e del maestro, e l'isolamento costruisce persone più fragili ed una sottomissione più facile.
Questa riforma, che riporta la struttura scolastica a ricalcare quella di 40 anni fa, è stata affiancata da una campagna denigratoria su vari fronti: gli statali fannulloni, gli insegnanti impreparati e incapaci di insegnare, i ragazzi senza regole e bulli…
Di fronte a queste falsità non c'è stata quasi reazione.
La scuola ha visto negli ultimi anni profondi tagli, sono state tagliate risorse economiche ed umane, perciò dobbiamo smascherare il tentativo di dipingere la scuola come un luogo inadeguato, per colpa degli insegnanti, mentre la sua crisi arriva dalla mancanza di investimenti.
La scuola elementare italiana è considerata a livello europeo una di quelle che riesce a conseguire risultati di apprendimento migliori, perciò è abbastanza evidente che l'attacco non è alla scuola perché "non insegna", ma perché "insegna" e trasmette in modo diverso da come vorrebbe la classe dirigente. Perché nonostante tutte le difficoltà, la scuola è, per molti insegnanti, una scuola che cerca di stare dalla parte dei bambini, che mette al centro del proprio operare prima le persone e poi i risultati. Probabilmente è proprio a questo pensiero che, molto forte in alcuni periodi, in altri più in sordina, va dato il colpo finale. La restaurazione oggi si gioca partendo dall'educazione dei più piccoli e l'obiettivo è abolire un modello di scuola basato sul bambino e non sulle prestazioni e, fingendo di difendere l'autonomia e la sussidiarietà, eliminare la reale libertà di pensiero e di insegnamento.
Quello che va abolito è il cambiamento portato con il 68, con le lotte degli anni 80 e, da ultimo, con la forte opposizione alla riforma Moratti del 2004: in un periodo di restaurazione si cerca di far diventare le scuole delle caserme, ed occorre partire dal basso. Perciò la scuola "nuova" sarà costruita su questo asservimento. Non a caso la Gelmini propone il reclutamento degli insegnanti attraverso la chiamata nominale su base fiduciaria. In questo modo (maestro unico e reclutamento nominale) si elimina qualsiasi conflitto: tra le insegnanti, tra le insegnanti e i dirigenti, tra le insegnanti e la "società".
Nessuno sentirà la mancanza della scuola pubblica se, dopo averla distrutta, si darà spazio solo a quella privata, sempre più di classe e sempre più selettiva.
Perciò di fronte a questo attacco, che è molto più ampio di quanto voglia sembrare, è necessario che la mobilitazione non sia solo degli insegnanti, ma di tutti coloro che sono dalla parte dei bambini.
Nel 2004 la riforma Moratti non è stata applicata, nel 2008 si può fare altrettanto.

R.P.

Danilo Dolci: intellettuale triestino, nato nel 1924. Agli inizi degli anni 50 si stabilisce in Sicilia, dove svolge una profonda opera educativa e di lotta sociale.



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