Nell'articolo della scorsa settimana (a scuola di disciplina) si
metteva già chiaramente in luce come il disegno che oggi
colpisce la scuola non è altro che un'articolazione di quello
più complessivo che vuole militarizzare coscienze e corpi.
Un altro tassello si è aggiunto con il decreto legge 137 firmato
dalla ministra Gelmini che abbassa l'orario delle scuole elementari a
24 ore, reintroducendo il maestro unico, figura abolita 40 anni fa.
Oggi le classi funzionano con 27 ore di insegnamento per i bambini e 3
insegnanti su 2 classi, quindi con circa 6 ore con una doppia presenza,
o a tempo pieno 40 ore con due insegnanti su una classe, e quattro ore
di doppia presenza.
Il nuovo decreto significa abolizione delle compresenze, delle
esperienze fondate sui laboratori, delle competenze acquisite dalle
insegnanti negli anni. Il primo risultato di questa riforma,
sbandierata come tutela bimbi, è di diminuire il tempo che i
bambini passano a scuola, e di aumentare l'orario di lavoro
dell'insegnante, quindi forse più "rigore e disciplina", ma come
ai bei tempi della maestra unica, tassi di abbandono scolastico molto
più alti di oggi. Riepilogando più quantità e meno
qualità: risultato, 87 mila esuberi.
Con questa riforma viene stravolto il modo di insegnare, il ritorno del
maestro unico significa semplicemente meno tempo dedicato all'ascolto
dei bambini, che non sono gli stessi di 40 anni fa: né loro,
né le loro famiglie. Uno svantaggio soprattutto per quelli con
delle difficoltà, ma un maggiore disagio per tutti. E in tutto
questo gran parlare della scuola elementare sono proprio i bambini i
dimenticati: qualcuno ha chiesto loro che cosa ne pensano? Si è
interrogato sulla capacità di stabilire dei rapporti affettivi
con più persone e sulla difficoltà che a volte incontrano
quando non riescono ad essere capiti, ad essere "sognati"
dall'insegnante? Perché si cresce solo se, come dice Dolci*, si
è sognati.
Un insegnante unico significa dare rilevanza all'insegnamento come
trasmissione di nozioni, togliendo tempo alla dimensione di rapporto
personale che trasmette valori ed esperienze e che non ha né il
tempo né l'energia di essere mantenuta da una sola persona,
chiusa nella sua classe.
Quindi sì, ci hanno pensato, ma il risultato è quello che
vogliono: l'insegnante unico significa fine del confronto perciò
isolamento, del bambino e del maestro, e l'isolamento costruisce
persone più fragili ed una sottomissione più facile.
Questa riforma, che riporta la struttura scolastica a ricalcare quella
di 40 anni fa, è stata affiancata da una campagna denigratoria
su vari fronti: gli statali fannulloni, gli insegnanti impreparati e
incapaci di insegnare, i ragazzi senza regole e bulli…
Di fronte a queste falsità non c'è stata quasi reazione.
La scuola ha visto negli ultimi anni profondi tagli, sono state
tagliate risorse economiche ed umane, perciò dobbiamo
smascherare il tentativo di dipingere la scuola come un luogo
inadeguato, per colpa degli insegnanti, mentre la sua crisi arriva
dalla mancanza di investimenti.
La scuola elementare italiana è considerata a livello europeo
una di quelle che riesce a conseguire risultati di apprendimento
migliori, perciò è abbastanza evidente che l'attacco non
è alla scuola perché "non insegna", ma perché
"insegna" e trasmette in modo diverso da come vorrebbe la classe
dirigente. Perché nonostante tutte le difficoltà, la
scuola è, per molti insegnanti, una scuola che cerca di stare
dalla parte dei bambini, che mette al centro del proprio operare prima
le persone e poi i risultati. Probabilmente è proprio a questo
pensiero che, molto forte in alcuni periodi, in altri più in
sordina, va dato il colpo finale. La restaurazione oggi si gioca
partendo dall'educazione dei più piccoli e l'obiettivo è
abolire un modello di scuola basato sul bambino e non sulle prestazioni
e, fingendo di difendere l'autonomia e la sussidiarietà,
eliminare la reale libertà di pensiero e di insegnamento.
Quello che va abolito è il cambiamento portato con il 68, con le
lotte degli anni 80 e, da ultimo, con la forte opposizione alla riforma
Moratti del 2004: in un periodo di restaurazione si cerca di far
diventare le scuole delle caserme, ed occorre partire dal basso.
Perciò la scuola "nuova" sarà costruita su questo
asservimento. Non a caso la Gelmini propone il reclutamento degli
insegnanti attraverso la chiamata nominale su base fiduciaria. In
questo modo (maestro unico e reclutamento nominale) si elimina
qualsiasi conflitto: tra le insegnanti, tra le insegnanti e i
dirigenti, tra le insegnanti e la "società".
Nessuno sentirà la mancanza della scuola pubblica se, dopo
averla distrutta, si darà spazio solo a quella privata, sempre
più di classe e sempre più selettiva.
Perciò di fronte a questo attacco, che è molto più
ampio di quanto voglia sembrare, è necessario che la
mobilitazione non sia solo degli insegnanti, ma di tutti coloro che
sono dalla parte dei bambini.
Nel 2004 la riforma Moratti non è stata applicata, nel 2008 si può fare altrettanto.
R.P.
Danilo Dolci: intellettuale triestino, nato nel 1924. Agli inizi degli
anni 50 si stabilisce in Sicilia, dove svolge una profonda opera
educativa e di lotta sociale.