A voler essere precisi, più che uno scherzo "la nostra era
una provocazione". Tale fu, lo scorso 11 agosto, la spiegazione che il
sito PeaceReporter" (www.peacereporter.net) forniva ai lettori dopo
che, quello stesso giorno, le agenzie di stampa e i media avevano dato
notizia di un'intervista, rilasciata a La Sicilia, in cui il ministro
La Russa aveva annunciato l'intenzione di "irrobustire il controllo sui
cantieri da parte dei carabinieri, con ispezioni a tappeto ma anche a
campione" ma, soprattutto, ipotizzava anche l'impiego di soldati nella
lotta contro il sempreverde fenomeno delle morti bianche. La
spiegazione di PeaceReporter si rendeva necessaria perché con
l'"ipotesi soldati" il ministro aderiva idealmente all'appello
"Militari per la sicurezza. Sul lavoro" lanciato da PeaceReporter il 5
agosto, sottoscrivibile online inviando una mail con oggetto "militari
nei cantieri".
Dalla data di pubblicazione, per un po' di tempo, l'appello era rimasto
molto visibile nella pagina principale del sito, sopra allo spazio
dedicato alle notizie frequentemente aggiornate. Poi, è stato
spostato nella parte inferiore della pagina. Le adesioni risultano
essere più di 1.400.
Comunque sia, come si diceva, dopo l'"adesione" di La Russa,
PeaceReporter ha strappato il velo di Maya che criptava la
verità pacifista dell'appello: "Noi abbiamo lanciato una
provocazione, consapevoli della sua pesantezza. Ma era appunto una
provocazione. Non vorremmo proprio che il nostro Paese si
militarizzasse. E che la linea verde che ci unisce alla Colombia, oggi
sottile, diventasse un robusto fascio". Partenza sulla difensiva,
chiusura in attacco, con intermezzo perplimente – il Paese
militarizzato c'è già, non da oggi né da ieri.
Facciamo un passo indietro. L'appello d'inizio agosto si chiudeva
così: "Noi, cittadini italiani stufi di questa "strage bianca",
chiediamo a Lei, ministro della Difesa, di spostare le risorse umane ed
economiche impiegate per pattugliare le città perché
vigilino sui cantieri e sui luoghi di lavoro [in origine, come si vede,
non solo di cantieri si parlava]. I numeri degli incidenti sul lavoro,
signor Ministro, sono quelli di una guerra. Mandi, per favore, i nostri
militari in una vera missione di pace". C'è da chiedersi, in
ogni caso, quante delle persone firmatarie non avessero compreso la
vera natura provocatoria dell'iniziativa, rimanendo incollate al velo
di Maya della soluzione militare come il buon vecchio Linus rimane
incollato alla sua coperta ("la coperta di Linus") che, se non erro,
Linus stesso definisce "coperta di sicurezza".
Questa geniale provocazione pacifista arrivava nel cuore dell'estate un
mese dopo un'altra iniziativa provocatoria, promossa dall'ARCI a Roma,
che PeaceReporter aveva pubblicizzato e alla quale aveva aderito
entusiasticamente. Si trattava della contestazione alla schedatura dei
Rom, a cui i partecipanti si opponevano dietro allo slogan "Schedateci
tutti", raccogliendo autonomamente le proprie impronte per consegnarle
alle istituzioni. Queste ultime, da parte loro hanno risposto "Ok",
votando a metà luglio un emendamento che prevede la presenza
delle impronte digitali nelle carte d'identità a partire da
gennaio 2010. Il provvedimento accoglie una direttiva europea in
materia e non è, naturalmente, una risposta diretta
all'iniziativa dell'ARCI.
Alla luce di iniziative così sottili da parte della sinistra
della società civile, lanciatasi in un'opposizione dai risvolti
collaborazionisti che, tramite una ponderata "strategia della
provocazione", aiuta lo sdoganamento di pratiche di controllo
poliziesco diffuso, si può trarre conferma del fatto che certa
sinistra possiede bussole politiche i cui aghi non sono certo
impazziti, ma oscillano tristemente, soffermandosi qua e là,
puntando verso ambigui poli magnetici.
Tornando alla questione dei soldati da cui si era partiti – rilevando
che se i provocatori dicono "Noi si scherzava", i provocati tendono a
rispondere "Noi un po' meno" – La Russa, da parte sua, secondo quanto
riportato da RaiNews24 ancora l'11 agosto, affermava: "Siamo studiando
il meccanismo, debbo ancora parlare con il Ministro dell'Interno. Penso
a Nucleo di Carabinieri, ma anche ai soldati al loro fianco finalizzato
a controlli a sorpresa. Ci vuole una presenza forte per invertire
questa tendenza, chiamiamola culturale o di abitudine. Per me questo
è un problema tanto importante quanto la criminalità".
Avendo chiarito al popolo che, nei cantieri, gli operai hanno la brutta
"abitudine" di morire – decisamente un vizio, per "tendenza culturale"
proprio (un vizio che fa trendy) o, possiamo osare con Freud, vittime
di un maligno istinto di morte – il giorno successivo (notizia ASCA),
riguardo alla questione soldati, precisava: "Al momento non è
una proposta concreta, ma se fosse utile, e se non ci fossero
polemiche, allora potremmo chiamare, per esempio, gli ufficiali del
genio militare [...] ne parlerò con Napolitano e con il ministro
del Welfare e naturalmente con Berlusconi. Per ora non è una
proposta concreta".
Attendiamo dunque con ansia ciò che ci porterà il futuro,
tenendo presente che, sempre l'11 agosto, una nota dell'ASCA si
chiudeva come segue: "Ed i soldati potrebbero essere impiegati anche
nel controllo del 'cantiere dei cantieri', quello del Ponte sullo
Stretto. 'Una zona calda - ad avviso del ministro - dove i militari
potrebbero essere utili'". Nulla di sorprendente, i militari che
presidiano cantieri di "grandi opere strategiche" non sono un prodotto
che possa godere del marchio di qualità made in Italy, ma
solitamente le loro missioni in siti sensibili, di interesse nazionale
come quello appena citato, non hanno la funzione di disabituare gli
operai a morire.
Insomma, chi ha orecchie per intendere... intende.
S.L.