Torino: contestati gli alpini
5 settembre. Mercato di Porta Palazzo. Gli alpini pattugliano la piazza
assieme alla polizia. Inaspettati si prensentano alcuni antirazzisti
dell'Assemblea Antirazzista e parte la caccia ai militari. Gli
antirazzisti sono armati di trombette, megafono e cartelli della mostra
"sicuri da morire". Attraversano il mercato mostrando le immagini di
prigionieri torturati dagli italiani durante le missioni di pace
all'estero e facendo comizi volanti. Una decina di digos segue i
contestatori per l'intera mattinata. Gli alpini si tengono alla larga
cercando di sfuggire agli antirazzisti, per due volte finiscono con
l'abbandonare la piazza. La gente intorno ascolta, guarda, spesso
approva.
Un modo semplice per mostrare a tutti il vero volto della "sicurezza",
ricordando le nobili imprese dei "nostri ragazzi", oggi chiamati a
pattugliare le città.
6 settembre. Mercato di Porta Palazzo. Gli alpini vengono pescati al
bar da un gruppo di antirazzisti armati dei soliti cartelli, trombette
e megafono. I militari resistono nel fortino assediato per oltre venti
minuti, mentre fuori gli antirazzisti parlano ai passanti. Un immigrato
africano li prende in giro. Alla fine i nostri eroi abbandonano il bar
e riprendono a pattugliare le bancarelle del mercato più grande
di Torino, uno di quei posti dove il razzismo ha il volto delle decine
e decine di immigrati che lavorano in nero a montare e smontare i
banchi, a scaricare le cassette, a servire i clienti. Qualcuno dei
proprietari è tra i più forti supporter degli uomini con
la piuma sul cappello.
Gli alpini pattugliano per un'ora tallonati dagli antirazzisti, finché non si rifugiano in caserma per il rancio.
Mort.
Vicenza: guerra della disinformazione
"Illustre Presidente/Carissimo George...": così iniziava il
messaggio inviato da Prodi, allora presidente del consiglio, a Bush nel
maggio 2007.
E continuava, con largo uso di maiuscole: "...desidero confermarTi la
decisione del mio Governo di dare il proprio assenso all'allargamento
della base USA di Vicenza, attraverso l'utilizzazione dell'aeroporto
Dal Molin della stessa città. Ti informo che provvederò a
nominare l'Onorevole Paolo Costa come mio rappresentante per facilitare
la realizzazione dell'ampliamento e coordinare i rapporti tra le
Amministrazioni Centrali e gli Enti coinvolti nella realizzazione del
progetto. In questo contesto, il Ministro della Difesa – attraverso lo
Stato Maggiore della Difesa – coopererà per quanto di competenza
della parte italiana all'esecuzione del progetto nel quadro di quanto
previsto dall'Accordo Bilaterale sulle infrastrutture del 1954".
Pochi mesi prima, nel gennaio 2007, era stato Berlusconi a rivendicare
"le decisioni sull'ampliamento della base di Vicenza assunte nella
scorsa legislatura dal governo da noi guidato".
Una sorta di gara all'asservimento coloniale.
È bene ricordare, anche a futura memoria, queste trasversali
responsabilità politiche nell'imporre la Ederle-2, anche a costo
dell'utilizzo della violenza in uniforme contro i cittadini contrari
all'ulteriore militarizzazione della città.
Una violenza ormai annunciata e due volte già sperimentata in
queste settimane: manganellate prima davanti alla stazione di Vicenza a
fine luglio e poi davanti all'aeroporto Dal Molin lo scorso 5
settembre, con decine di manifestanti feriti, fermati e denunciati.
D'altra parte, appare quasi normale che una base per l'esportazione
della guerra si preannunci con una guerra contro la popolazione civile
del territorio in cui viene insediata: è la riprova che la
logica di ogni esercito è sempre quella dell'occupazione
militare.
E se il dissenso popolare non rappresenta un problema per le strategie
belliche statunitensi, meno ancora lo sono gli ostacoli tecnici
rappresentati dalle leggi vigenti. Lo si è visto con i vincoli
urbanistici regionali che impediscono nel comune di Quinto Vicentino
l'edificazione di 215 villette per il personale militare della nuova
base: sarà trovata una diversa dislocazione, frammentata sul
territorio, sul modello delle piccole "housing" che ospitano i militari
della base Usa di Aviano.
Un problema quindi marginale, dato che le aree più importanti -
quella logistica e quella tattica - della base non sono in discussione;
tanto che a Vicenza sono già presenti alcuni tecnici delle
cooperative "rosse" incaricate dei lavori. Alcuni giornali nel riferire
la notizia, peraltro datata, hanno parlato, senza motivo, di una
ritirata americana che avrebbe disinnescato le proteste: evidentemente,
è iniziata anche la guerra della disinformazione.
KAS