Umanità Nova, n.28 del 14 settembre 2008, anno 88

Inform@zione


Torino: contestati gli alpini
5 settembre. Mercato di Porta Palazzo. Gli alpini pattugliano la piazza assieme alla polizia. Inaspettati si prensentano alcuni antirazzisti dell'Assemblea Antirazzista e parte la caccia ai militari. Gli antirazzisti sono armati di trombette, megafono e cartelli della mostra "sicuri da morire". Attraversano il mercato mostrando le immagini di prigionieri torturati dagli italiani durante le missioni di pace all'estero e facendo comizi volanti. Una decina di digos segue i contestatori per l'intera mattinata. Gli alpini si tengono alla larga cercando di sfuggire agli antirazzisti, per due volte finiscono con l'abbandonare la piazza. La gente intorno ascolta, guarda, spesso approva.
Un modo semplice per mostrare a tutti il vero volto della "sicurezza", ricordando le nobili imprese dei "nostri ragazzi", oggi chiamati a pattugliare le città.

6 settembre. Mercato di Porta Palazzo. Gli alpini vengono pescati al bar da un gruppo di antirazzisti armati dei soliti cartelli, trombette e megafono. I militari resistono nel fortino assediato per oltre venti minuti, mentre fuori gli antirazzisti parlano ai passanti. Un immigrato africano li prende in giro. Alla fine i nostri eroi abbandonano il bar e riprendono a pattugliare le bancarelle del mercato più grande di Torino, uno di quei posti dove il razzismo ha il volto delle decine e decine di immigrati che lavorano in nero a montare e smontare i banchi, a scaricare le cassette, a servire i clienti. Qualcuno dei proprietari è tra i più forti supporter degli uomini con la piuma sul cappello.
Gli alpini pattugliano per un'ora tallonati dagli antirazzisti, finché non si rifugiano in caserma per il rancio.
Mort.

Vicenza: guerra della disinformazione
"Illustre Presidente/Carissimo George...": così iniziava il messaggio inviato da Prodi, allora presidente del consiglio, a Bush nel maggio 2007.
E continuava, con largo uso di maiuscole: "...desidero confermarTi la decisione del mio Governo di dare il proprio assenso all'allargamento della base USA di Vicenza, attraverso l'utilizzazione dell'aeroporto Dal Molin della stessa città. Ti informo che provvederò a nominare l'Onorevole Paolo Costa come mio rappresentante per facilitare la realizzazione dell'ampliamento e coordinare i rapporti tra le Amministrazioni Centrali e gli Enti coinvolti nella realizzazione del progetto. In questo contesto, il Ministro della Difesa – attraverso lo Stato Maggiore della Difesa – coopererà per quanto di competenza della parte italiana all'esecuzione del progetto nel quadro di quanto previsto dall'Accordo Bilaterale sulle infrastrutture del 1954".
Pochi mesi prima, nel gennaio 2007, era stato Berlusconi a rivendicare "le decisioni sull'ampliamento della base di Vicenza assunte nella scorsa legislatura dal governo da noi guidato".
Una sorta di gara all'asservimento coloniale.
È bene ricordare, anche a futura memoria, queste trasversali responsabilità politiche nell'imporre la Ederle-2, anche a costo dell'utilizzo della violenza in uniforme contro i cittadini contrari all'ulteriore militarizzazione della città.
Una violenza ormai annunciata e due volte già sperimentata in queste settimane: manganellate prima davanti alla stazione di Vicenza a fine luglio e poi davanti all'aeroporto Dal Molin lo scorso 5 settembre, con decine di manifestanti feriti, fermati e denunciati.
D'altra parte, appare quasi normale che una base per l'esportazione della guerra si preannunci con una guerra contro la popolazione civile del territorio in cui viene insediata: è la riprova che la logica di ogni esercito è sempre quella dell'occupazione militare.
E se il dissenso popolare non rappresenta un problema per le strategie belliche statunitensi, meno ancora lo sono gli ostacoli tecnici rappresentati dalle leggi vigenti. Lo si è visto con i vincoli urbanistici regionali che impediscono nel comune di Quinto Vicentino l'edificazione di 215 villette per il personale militare della nuova base: sarà trovata una diversa dislocazione, frammentata sul territorio, sul modello delle piccole "housing" che ospitano i militari della base Usa di Aviano.
Un problema quindi marginale, dato che le aree più importanti - quella logistica e quella tattica - della base non sono in discussione; tanto che a Vicenza sono già presenti alcuni tecnici delle cooperative "rosse" incaricate dei lavori. Alcuni giornali nel riferire la notizia, peraltro datata, hanno parlato, senza motivo, di una ritirata americana che avrebbe disinnescato le proteste: evidentemente, è iniziata anche la guerra della disinformazione.
KAS




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