Negli ultimi tempi lo scenario politico italiano, dopo la virata
elettorale, promette di mettere mano alla storia per renderla sempre
più una legittimazione del potere. Un sintomo eloquente è
dato da un personaggio ineffabile come Marcello Dell'Utri che si
permette di invocare la riscrittura dei libri scolastici per epurarli
delle valutazioni positive sulla Resistenza. In realtà sarebbe
ancora da fare l'operazione contraria - quella della "verità" -
sui libri di testo, ammesso e non concesso che essi (e non i media
faciloni e nazionalisti) siano il fondamento della cultura storica di
massa in Italia. Mancano infatti nei suddetti volumi di larga
diffusione i riferimenti alla storia delle "vergogne nazionali",
cioè dei crimini di guerra compiuti da italiani prima e durante
la Seconda guerra mondiale. La falsa immagine prevalente è
ancora quella dell'"italiano brava gente". Non vi è uno spazio
adeguato all'uso dei gas in Etiopia nel 1935-36 per seminare il terrore
tra la popolazione locale e neppure per le violenze del 1941- 43 contro
le popolazioni civili "alloglotte", cioè quelle che si
permettevano di parlare la loro lingua slava in territori annessi allo
Stato italiano. Per non parlare poi delle repressioni in Albania,
Grecia e Unione Sovietica, tutti paesi aggrediti e invasi dall'esercito
fascista.
Ancora meno si conoscono, nelle scuole e nella società, le
responsabilità del Corpo Truppe Volontarie spedito da Mussolini
in Spagna in aiuto dei generali golpisti e in particolare di Francisco
Franco. Gli 80.000 uomini, le migliaia di pezzi di artiglieria, carri
armati, mezzi di trasporto e soprattutto le varie centinaia di aerei
giocarono un ruolo determinante nella vittoria di Franco e
nell'imposizione della lunga dittatura nazionalcattolica. C'è
chi (Angelo Emiliani) valuta in quasi un migliaio gli apparecchi della
cosiddetta Aviazione Legionaria che ebbero un peso risolutivo in
scontri campali dal Fronte Nord nell'estate del 1937 alla battaglia
dell'Ebro dall'estate all'inverno del 1938.
Già nel respingere lo sbarco dei miliziani sull'isola di
Maiorca, nell'agosto del 1936, i primi aerei fascisti furono cruciali.
Essi permisero di mantenere sotto il controllo dei generali ribelli
alla Repubblica - o meglio di un avventuriero sanguinario già
capo degli squadristi bolognesi, tale Arconovaldo Bonaccorsi -, una
preziosa base naturale per i sommergibili, le navi e gli stessi
bombardieri che si scateneranno contro la Catalogna e specialmente
contro Barcellona.
È sulla "Mecca dell'anarchismo" che si concentra il progetto di
Mussolini di sperimentare, per la prima volta in Europa, gli effetti
dei bombardamenti a tappeto contro la popolazione civile. Di fatto il
"duce" dispone di bombardieri molto moderni ed efficienti, più
veloci dei caccia repubblicani e quindi operanti in assoluta sicurezza
e supremazia. Vengono compiute circa 200 missioni contro la
città e si scaricano sui quartieri popolari e sul porto circa
1.000 tonnellate di bombe. In totale qui ci saranno circa 3.000 morti
sul complesso di poco più di 10.000 decessi tra i civili
repubblicani in seguito agli attacchi aerei. Il laboratorio
barcellonese darà risultati ottimi per l'Aviazione Legionaria in
quanto a efficacia distruttiva con perdite assai ridotte, ma
indicherà anche che la società colpita non si piega tanto
facilmente. Infatti già nei primi mesi del 1937, dopo il primo
vero attacco del febbraio, sorgono quasi per incanto centinaia di
rifugi improvvisati. Alla fine saranno circa 1.300, diffusi in ogni
rione. La spontaneità popolare, in sintonia con la grande spinta
autogestionaria delle fabbriche e delle aziende, si manifesta
nell'invenzione e nella creazione di rifugi ovunque: si scavano fosse,
si rafforzano cantine, si adattano le stazioni della metropolitana.
Tutto ciò si basa sulla partecipazione di anziani ed esperti
operai edili, di donne e di ragazzi poiché buona parte degli
uomini in età lavorativa sono stati richiamati al fronte.
Altro discorso importante sarebbe quello della memoria ufficiale
italiana dei bombardamenti. Tuttora le alte sfere dell'Aviazione li
celebrano, insieme a tutta l'esperienza spagnola, come prova di
efficienza e dedizione. Scrive il gen. Paolo Moci nei primi anni
Novanta: "Eravamo orgogliosi dei nostri reparti che si contendevano con
quelli della Legione Condor le missioni più impegnative" e
ribadisce che gli aviatori italiani "sanno di aver compiuto sempre
onestamente il loro dovere" (in F. Pedriali, Guerra di Spagna e
aviazione italiana, Roma, Ufficio Storico dell'AMI, 1992, p. 6).
D'altra parte lo stesso Moci aveva partecipato all'attacco su Guernica,
esempio di… sana competizione con gli assi della Condor. Al valoroso
aviatore, nel 2000, fu concessa la Medaglia d'oro alla carriera
militare dal Presidente della Repubblica. Giusto per non lasciar dubbi
sulla continuità dello Stato dal fascismo al post (e presto
neo?) fascismo.
D'altra parte l'obiettivo mussoliniano di trasformare gli italiani in
un popolo guerriero attrae tuttora non pochi esponenti politici e
militari. Il dittatore esplicitò la sua finalità subito
dopo le proteste internazionali per gli attacchi concentrati del 16-18
marzo 1938 su Barcellona che procurarono circa 700 morti. Secondo il
diario di Galeazzo Ciano, egli era "lieto del fatto che gli italiani
riescano a destare orrore per la loro aggressività
anziché compiacimento come mandolinisti".
La novità positiva è che finalmente si inizia a parlare
di questa pagina censurata della storia italiana, delle sue "missioni
all'estero" di ieri. Da qualche mese è in viaggio la mostra
"Quando piovevano bombe" preparata dal Museu d'Història de
Catalunya. Essa ha già toccato Novi Ligure, Bologna, Venezia e
Trieste e sta per aprirsi a Como. Poi sarà la volta di Massa,
Genova, Arezzo. (Per contatti sulla mostra: laura.zenobi@gmail.com)
Claudio Venza