Umanità Nova, n.28 del 14 settembre 2008, anno 88

Aerei italiani su Barcellona (1936-1939). Quando piovevano bombe


Negli ultimi tempi lo scenario politico italiano, dopo la virata elettorale, promette di mettere mano alla storia per renderla sempre più una legittimazione del potere. Un sintomo eloquente è dato da un personaggio ineffabile come Marcello Dell'Utri che si permette di invocare la riscrittura dei libri scolastici per epurarli delle valutazioni positive sulla Resistenza. In realtà sarebbe ancora da fare l'operazione contraria - quella della "verità" - sui libri di testo, ammesso e non concesso che essi (e non i media faciloni e nazionalisti) siano il fondamento della cultura storica di massa in Italia. Mancano infatti nei suddetti volumi di larga diffusione i riferimenti alla storia delle "vergogne nazionali", cioè dei crimini di guerra compiuti da italiani prima e durante la Seconda guerra mondiale. La falsa immagine prevalente è ancora quella dell'"italiano brava gente". Non vi è uno spazio adeguato all'uso dei gas in Etiopia nel 1935-36 per seminare il terrore tra la popolazione locale e neppure per le violenze del 1941- 43 contro le popolazioni civili "alloglotte", cioè quelle che si permettevano di parlare la loro lingua slava in territori annessi allo Stato italiano. Per non parlare poi delle repressioni in Albania, Grecia e Unione Sovietica, tutti paesi aggrediti e invasi dall'esercito fascista.
Ancora meno si conoscono, nelle scuole e nella società, le responsabilità del Corpo Truppe Volontarie spedito da Mussolini in Spagna in aiuto dei generali golpisti e in particolare di Francisco Franco. Gli 80.000 uomini, le migliaia di pezzi di artiglieria, carri armati, mezzi di trasporto e soprattutto le varie centinaia di aerei giocarono un ruolo determinante nella vittoria di Franco e nell'imposizione della lunga dittatura nazionalcattolica. C'è chi (Angelo Emiliani) valuta in quasi un migliaio gli apparecchi della cosiddetta Aviazione Legionaria che ebbero un peso risolutivo in scontri campali dal Fronte Nord nell'estate del 1937 alla battaglia dell'Ebro dall'estate all'inverno del 1938.
Già nel respingere lo sbarco dei miliziani sull'isola di Maiorca, nell'agosto del 1936, i primi aerei fascisti furono cruciali. Essi permisero di mantenere sotto il controllo dei generali ribelli alla Repubblica - o meglio di un avventuriero sanguinario già capo degli squadristi bolognesi, tale Arconovaldo Bonaccorsi -, una preziosa base naturale per i sommergibili, le navi e gli stessi bombardieri che si scateneranno contro la Catalogna e specialmente contro Barcellona.
È sulla "Mecca dell'anarchismo" che si concentra il progetto di Mussolini di sperimentare, per la prima volta in Europa, gli effetti dei bombardamenti a tappeto contro la popolazione civile. Di fatto il "duce" dispone di bombardieri molto moderni ed efficienti, più veloci dei caccia repubblicani e quindi operanti in assoluta sicurezza e supremazia. Vengono compiute circa 200 missioni contro la città e si scaricano sui quartieri popolari e sul porto circa 1.000 tonnellate di bombe. In totale qui ci saranno circa 3.000 morti sul complesso di poco più di 10.000 decessi tra i civili repubblicani in seguito agli attacchi aerei. Il laboratorio barcellonese darà risultati ottimi per l'Aviazione Legionaria in quanto a efficacia distruttiva con perdite assai ridotte, ma indicherà anche che la società colpita non si piega tanto facilmente. Infatti già nei primi mesi del 1937, dopo il primo vero attacco del febbraio, sorgono quasi per incanto centinaia di rifugi improvvisati. Alla fine saranno circa 1.300, diffusi in ogni rione. La spontaneità popolare, in sintonia con la grande spinta autogestionaria delle fabbriche e delle aziende, si manifesta nell'invenzione e nella creazione di rifugi ovunque: si scavano fosse, si rafforzano cantine, si adattano le stazioni della metropolitana. Tutto ciò si basa sulla partecipazione di anziani ed esperti operai edili, di donne e di ragazzi poiché buona parte degli uomini in età lavorativa sono stati richiamati al fronte.
Altro discorso importante sarebbe quello della memoria ufficiale italiana dei bombardamenti. Tuttora le alte sfere dell'Aviazione li celebrano, insieme a tutta l'esperienza spagnola, come prova di efficienza e dedizione. Scrive il gen. Paolo Moci nei primi anni Novanta: "Eravamo orgogliosi dei nostri reparti che si contendevano con quelli della Legione Condor le missioni più impegnative" e ribadisce che gli aviatori italiani "sanno di aver compiuto sempre onestamente il loro dovere" (in F. Pedriali, Guerra di Spagna e aviazione italiana, Roma, Ufficio Storico dell'AMI, 1992, p. 6). D'altra parte lo stesso Moci aveva partecipato all'attacco su Guernica, esempio di… sana competizione con gli assi della Condor. Al valoroso aviatore, nel 2000, fu concessa la Medaglia d'oro alla carriera militare dal Presidente della Repubblica. Giusto per non lasciar dubbi sulla continuità dello Stato dal fascismo al post (e presto neo?) fascismo.
D'altra parte l'obiettivo mussoliniano di trasformare gli italiani in un popolo guerriero attrae tuttora non pochi esponenti politici e militari. Il dittatore esplicitò la sua finalità subito dopo le proteste internazionali per gli attacchi concentrati del 16-18 marzo 1938 su Barcellona che procurarono circa 700 morti. Secondo il diario di Galeazzo Ciano, egli era "lieto del fatto che gli italiani riescano a destare orrore per la loro aggressività anziché compiacimento come mandolinisti".
La novità positiva è che finalmente si inizia a parlare di questa pagina censurata della storia italiana, delle sue "missioni all'estero" di ieri. Da qualche mese è in viaggio la mostra "Quando piovevano bombe" preparata dal Museu d'Història de Catalunya. Essa ha già toccato Novi Ligure, Bologna, Venezia e Trieste e sta per aprirsi a Como. Poi sarà la volta di Massa, Genova, Arezzo. (Per contatti sulla mostra: laura.zenobi@gmail.com)

Claudio Venza



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