Umanità Nova, n.29 del 21 settembre 2008, anno 88

zone temporaneamente distrutte


"...le canaglie dei centri sociali sono relegate nell'inferno da cui provengono....se vogliono la guerra gliela daremo...." così, con estrema chiarezza, si è espresso l'assessore regionale Piergianni Prosperini, dopo la carica poliziesca avvenuta sabato 6 settembre a Milano, a sostegno della provocazione di un leghista in camicia nera e fazzoletto verde contro il presidio indetto per protestare nei confronti della riapertura di 'Cuore nero', il circolo di matrice nazista andato in fiamme un anno fa.
Circolo che è situato a poca distanza dalla Cascina Torchiera senza acqua, un vecchio cascinale in disuso in quella che era campagna, ed ora è squallida periferia milanese, occupato da decenni e centro di molteplici attività a carattere sociale, teatrale e musicale, riferimento per tanti giovani (e non) artisti alla ricerca di spazi di espressione contro la mercificazione della cultura e l'omologazione dell'espressione e che si trova attualmente sotto le pesanti minacce di sgombero profferite a piena voce dal vicesindaco De Corato di AN/PdL, soprattutto dopo che è diventato un centro cittadino di riferimento e mobilitazione antifascista.
Le parole dell'assessore del PdL fotografano molto bene quello che è l'atteggiamento e la volontà di chi sta attualmente al governo nei confronti degli spazi autogestiti, così come di ogni atteggiamento di reale contestazione alle politiche del potere: siamo tutte canaglie, da annichilire e disperdere!
Ma se Prosperini rappresenta la punta di lancia di un'offensiva reazionaria non possiamo certo dimenticare che è l'intero schieramento istituzionale a muoversi contro ogni centro sociale occupato e autogestito, contro ogni spazio temporaneamente autonomo, ricorrendo magari a forme di espressione più 'civili', ma altrettanto 'muscolari' nel conseguire il risultato: la vicenda di Libera a Modena, ridotta a macerie da una giunta di colore opposto a quella milanese, è la conferma di quanto stiamo scrivendo.
Ma innumerevoli sono gli esempi che si potrebbero fare, perché non vi è città, grande o piccola, che sia immune da questa violenta campagna d'ordine, da questa forsennata liquidazione di ogni espressione autonoma. Il motivo è evidente e risiede nel tentativo di ridisegnare in tempi brevi la geografia politica di questo paese.
Se nel recente passato gli spazi autogestiti sono stati un importante momento di socializzazione e di ricomposizione dal basso di tanti segmenti sociali privi di riferimenti politici e sindacali, motore di molteplici forme di iniziativa libertaria o comunque autonoma, oggi per loro non deve esserci futuro perché non deve essere consentita la possibilità che ci si organizzi territorialmente e settorialmente fuori dalle caserme istituzionali atte allo scopo (siano essi partiti statalisti o sindacati di regime).
Il feticcio della legalità sbandierato a più non posso, a destra e a manca, dimostra in pieno la sua valenza e funzione: quelle di arma contro l'iniziativa autogestita, sia sotto forma sindacale (per depotenziare le lotte e ostacolare l'agibilità sui posti di lavoro) sia territoriale, vietando l'uso del patrimonio immobiliare, inutilizzato e mandato in rovina, a fini sociali (per impedire l'aggregazione non omologata). Chi ha voglia di far qualcosa si rivolga all'associazionismo registrato ed incanalato, chi cerca di esprimersi entri nei centri sociali di quartiere (o negli oratori) e nelle loro inoffensive iniziative ricreative, chi vuol bersi una birra o farsi un panino vada a farsi spennare nei locali: questo è il loro desiderio che si sposa benissimo con un'immagine di società da 'mulino bianco', dove ognuno sta al posto affidatogli dalla gerarchia, senza fiatare.
Un immaginario che non si concretizzerà mai, tante sono le contraddizioni che questo modello di società continua a generare, talmente palesi da dover richiedere continue misure repressive e autoritarie per poter reggere, sostenute da una campagna mediatica imponente tesa a provocare paura, quella paura che è sempre stata generatrice di isolamento e subordinazione.
Ma l'umanità non può vivere a lungo nella paura: se non ha funzionato la minaccia dell'inferno cristiano a farci piegare la testa, non sarà di certo un Prosperini di turno a toglierci il gusto dell'autogestione, di una vita degna di essere vissuta libera dallo Stato e dal capitale.
Le macerie di Libera e dei tanti spazi autogestiti distrutti non ci fanno paura: li ricostruiremo meglio di prima.

ios



home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti