"...le canaglie dei centri sociali sono relegate nell'inferno da cui
provengono....se vogliono la guerra gliela daremo...." così, con
estrema chiarezza, si è espresso l'assessore regionale
Piergianni Prosperini, dopo la carica poliziesca avvenuta sabato 6
settembre a Milano, a sostegno della provocazione di un leghista in
camicia nera e fazzoletto verde contro il presidio indetto per
protestare nei confronti della riapertura di 'Cuore nero', il circolo
di matrice nazista andato in fiamme un anno fa.
Circolo che è situato a poca distanza dalla Cascina Torchiera
senza acqua, un vecchio cascinale in disuso in quella che era campagna,
ed ora è squallida periferia milanese, occupato da decenni e
centro di molteplici attività a carattere sociale, teatrale e
musicale, riferimento per tanti giovani (e non) artisti alla ricerca di
spazi di espressione contro la mercificazione della cultura e
l'omologazione dell'espressione e che si trova attualmente sotto le
pesanti minacce di sgombero profferite a piena voce dal vicesindaco De
Corato di AN/PdL, soprattutto dopo che è diventato un centro
cittadino di riferimento e mobilitazione antifascista.
Le parole dell'assessore del PdL fotografano molto bene quello che
è l'atteggiamento e la volontà di chi sta attualmente al
governo nei confronti degli spazi autogestiti, così come di ogni
atteggiamento di reale contestazione alle politiche del potere: siamo
tutte canaglie, da annichilire e disperdere!
Ma se Prosperini rappresenta la punta di lancia di un'offensiva
reazionaria non possiamo certo dimenticare che è l'intero
schieramento istituzionale a muoversi contro ogni centro sociale
occupato e autogestito, contro ogni spazio temporaneamente autonomo,
ricorrendo magari a forme di espressione più 'civili', ma
altrettanto 'muscolari' nel conseguire il risultato: la vicenda di
Libera a Modena, ridotta a macerie da una giunta di colore opposto a
quella milanese, è la conferma di quanto stiamo scrivendo.
Ma innumerevoli sono gli esempi che si potrebbero fare, perché
non vi è città, grande o piccola, che sia immune da
questa violenta campagna d'ordine, da questa forsennata liquidazione di
ogni espressione autonoma. Il motivo è evidente e risiede nel
tentativo di ridisegnare in tempi brevi la geografia politica di questo
paese.
Se nel recente passato gli spazi autogestiti sono stati un importante
momento di socializzazione e di ricomposizione dal basso di tanti
segmenti sociali privi di riferimenti politici e sindacali, motore di
molteplici forme di iniziativa libertaria o comunque autonoma, oggi per
loro non deve esserci futuro perché non deve essere consentita
la possibilità che ci si organizzi territorialmente e
settorialmente fuori dalle caserme istituzionali atte allo scopo (siano
essi partiti statalisti o sindacati di regime).
Il feticcio della legalità sbandierato a più non posso, a
destra e a manca, dimostra in pieno la sua valenza e funzione: quelle
di arma contro l'iniziativa autogestita, sia sotto forma sindacale (per
depotenziare le lotte e ostacolare l'agibilità sui posti di
lavoro) sia territoriale, vietando l'uso del patrimonio immobiliare,
inutilizzato e mandato in rovina, a fini sociali (per impedire
l'aggregazione non omologata). Chi ha voglia di far qualcosa si rivolga
all'associazionismo registrato ed incanalato, chi cerca di esprimersi
entri nei centri sociali di quartiere (o negli oratori) e nelle loro
inoffensive iniziative ricreative, chi vuol bersi una birra o farsi un
panino vada a farsi spennare nei locali: questo è il loro
desiderio che si sposa benissimo con un'immagine di società da
'mulino bianco', dove ognuno sta al posto affidatogli dalla gerarchia,
senza fiatare.
Un immaginario che non si concretizzerà mai, tante sono le
contraddizioni che questo modello di società continua a
generare, talmente palesi da dover richiedere continue misure
repressive e autoritarie per poter reggere, sostenute da una campagna
mediatica imponente tesa a provocare paura, quella paura che è
sempre stata generatrice di isolamento e subordinazione.
Ma l'umanità non può vivere a lungo nella paura: se non
ha funzionato la minaccia dell'inferno cristiano a farci piegare la
testa, non sarà di certo un Prosperini di turno a toglierci il
gusto dell'autogestione, di una vita degna di essere vissuta libera
dallo Stato e dal capitale.
Le macerie di Libera e dei tanti spazi autogestiti distrutti non ci fanno paura: li ricostruiremo meglio di prima.
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