Umanità Nova, n.29 del 21 settembre 2008, anno 88

la cultura tagliata


Come ogni ministro della più o meno pubblica istruzione che si rispetti, anche la Gelmini si propone di passare alla storia per avere partorito una riforma. Tale è infatti  il pretenzioso  nome che consuetamente viene dato alle politiche di taglio di spesa  che nel settore scuola  sono praticate costantemente, anno dopo anno, governo dopo governo.
Ed è così anche per la questione del ritorno al maestro unico nelle elementari, con l'eliminazione dell'attuale gruppo docente di ogni classe. In questa fase sulla scuola si sta abbattendo una scure micidiale, ma l'unica questione che è salita veramente agli onori della cronaca, l'unica  sulla quale i media si intrattengono con insistenza, lanciano sondaggi, interpellano politici e opinionisti è quella della reintroduzione del maestro unico. Un'iniziativa inserita in una manovra economica, finalizzata a produrre risparmio, ideata su suggerimento di Tremonti, diventa così la cifra della neoministra,viene elevata di rango, da misura economica quale è diventa "la riforma Gelmini";  e allora, tanto vale costruire attorno a questa misura un sistema di valori. Ecco dunque la ministra affermare il modello pedagogico dell'autorità, la necessità della figura unica di riferimento, la valorizzazione del voto di condotta, la reintroduzione dei voti anche nella primaria, in omaggio ad un  ritorno all'antico che "tira" sempre.  Ed ecco, sulla sponda opposta, chi si presta al gioco, discettando di pedagogia, preferendo il modello dell'autorevolezza a quello dell'autorità, obiettando che la buona condotta si induce propinando educazione alla legalità,condivisione di patti formativi e lavaggi del cervello vari, rigettando la scuola antica per una scuola più dinamica, magari modellata sull'azienda. Una polemica di facciata, così come di facciata è la disperazione circa le sorti di una scuola pubblica che è già stata ampiamente svenduta e svilita con l'introduzione – otto anni fa - della parità ed i finanziamenti  alle scuole private fortemente sostenuti dall'allora schieramento ulivista.
E' invece un dato di fatto che la reintroduzione del maestro unico comporterà il dimezzamento dei docenti nella scuola elementare 
La "riforma Gelmini"infatti è contenuta negli art.15 e 64, relativi alla scuola, del Decreto legislativo 112 dello scorso giugno (quello dove ci sono anche le famigerate disposizioni di Brunetta), approvato dalla Camera all'inizio di agosto e convertito nella legge 133, che contiene la manovra economica triennale varata dal governo: 30 miliardi di tagli alla spesa pubblica,  8 miliardi  dei quali, ben il 27% dell'intera manovra, saranno sottratti alla scuola.
I tagli dovranno essere realizzati mediante l'abbattimento del 17% degli organici, il che significa 148.000 posti di lavoro in meno:101.000 docenti e 47.000 tra il personale amministrativo,tecnico ed ausiliario. La reintroduzione del maestro unico sarà solo una delle misure da adottare entro la prossima primavera, per il raggiungimento di questo obiettivo.
Saranno rivisti ad esempio i curricoli, per ridurre a 24 ore settimanali l'orario di lezione nelle elementari e a 27 quello degli altri ordini di scuola, per il superiore, l'abbattimento orario andrà a colpire soprattutto istituti tecnici e professionali, riducendo le ore di laboratorio e di pratica professionale. Nella scuola elementare e media, la riduzione oraria significherà azzeramento del tempo pieno, portando a compimento definitivo quanto la Moratti aveva disposto e Prodi aveva mantenuto in piedi.
Ovviamente, quanto viene sottratto alla scuola pubblica sarà compensato dalle private, le quali, oltre a beneficiare dei finanziamenti recentemente incrementati dall'ex ministro  Fioroni, vedranno estendersi ulteriormente il loro mercato.
Inoltre, sempre per ridurre la spesa tramite il taglio dei posti di lavoro, il decreto prevede di innalzare ulteriormente il numero degli alunni per classe, già aumentato negli ultimi quindici anni di circa  l'8,5%.
Dunque, benché i vari ministri  da anni facciano  proclami contro l'abbandono scolastico,  il disagio giovanile e le crescenti difficoltà di apprendimento, benché  sprechino parole in favore dell'integrazione dei disabili e degli alunni stranieri, nella sostanza gli interventi di politica scolastica sono diretti da tutt'altra parte: classi sempre più numerose, in cui le difficoltà individuali, la marginalizzazione, la discriminazione  vengono moltiplicate; tanto poi, giusto per dissipare risorse, come ha fatto recentemente Fioroni, si possono  attivare corsi di recupero.
Proseguendo, tra i provvedimenti finalizzati al taglio di spesa c'è anche la progressiva scomparsa dei corsi serali, per i quali si prefigura una trasformazione in corsi di formazione gestiti dagli enti locali in base alle esigenze del mercato del lavoro e secondo la modalità dell'addestramento finalizzato.    
Sarà anche elevato da 500 a 600 il numero minimo di iscrizioni che ogni scuola deve avere per conservare l'autonomia organizzativa ed il relativo personale amministrativo; diversamente ci saranno soppressioni o accorpamenti .
Nel più classico dei modi, inoltre, il risparmio sarà realizzato anche tramite il blocco del turn over e quindi delle assunzioni nei prossimi cinque anni, in barba a tutte le promesse di stabilizzazione fatte ai precari, che rappresentano quasi il30% del personale della scuola. A questo scopo, negli ultimi due mesi è stata bloccata  una quota di assunzioni a tempo indeterminato già decise e sono stati sospesi i corsi di formazione per insegnanti.
E tra gli obiettivi da realizzare, infatti questo governo, come il precedente,  prevede di arrivare all'abbandono delle graduatorie, procedendo alle assunzioni tramite la chiamata diretta del preside.
Da segnalare anche quanto il provvedimento stabilisce circa il reinvestimento dei tagli. Il 30% di quanto verrà risparmiato servirà a valorizzare la professionalità e lo sviluppo di carriera, premiando il merito. Riguardo a questo, è garantito il plauso incondizionato dei sindacati di stato- cgil in primis- che da tempo si danno da fare per eliminare qualsiasi egualitarismo retributivo, entusiasti di una gerarchia salariale che alimenta la clientela sindacale.
E' evidente la massiccia portata della manovra economica generale, in cui anche la scuola è pesantemente coinvolta.
E quanto mai goffo è il tentativo del governo di varare nel periodo estivo quella che a tutti gli effetti è una legge finanziaria, sperando di evitare le proteste dei lavoratori e di depotenziarne le lotte.
Proprio l'inconsistenza dell'opposizione politica istituzionale e l'inefficacia dei sindacati di stato, in linea, nonostante un'alterità di facciata, con molte delle scelte governative, lascia aperta per i lavoratori solo la strada dell'autorganizzazione e della lotta.
Scioperi sono stati proclamati dal sindacalismo di base fin dai primissimi giorni di ottobre; altri ne seguiranno. Ci aspetta un autunno denso di iniziative e di mobilitazioni

Patrizia




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