Come ogni ministro della più o meno pubblica istruzione che
si rispetti, anche la Gelmini si propone di passare alla storia per
avere partorito una riforma. Tale è infatti il
pretenzioso nome che consuetamente viene dato alle politiche di
taglio di spesa che nel settore scuola sono praticate
costantemente, anno dopo anno, governo dopo governo.
Ed è così anche per la questione del ritorno al maestro
unico nelle elementari, con l'eliminazione dell'attuale gruppo docente
di ogni classe. In questa fase sulla scuola si sta abbattendo una scure
micidiale, ma l'unica questione che è salita veramente agli
onori della cronaca, l'unica sulla quale i media si intrattengono
con insistenza, lanciano sondaggi, interpellano politici e opinionisti
è quella della reintroduzione del maestro unico. Un'iniziativa
inserita in una manovra economica, finalizzata a produrre risparmio,
ideata su suggerimento di Tremonti, diventa così la cifra della
neoministra,viene elevata di rango, da misura economica quale è
diventa "la riforma Gelmini"; e allora, tanto vale costruire
attorno a questa misura un sistema di valori. Ecco dunque la ministra
affermare il modello pedagogico dell'autorità, la
necessità della figura unica di riferimento, la valorizzazione
del voto di condotta, la reintroduzione dei voti anche nella primaria,
in omaggio ad un ritorno all'antico che "tira" sempre. Ed
ecco, sulla sponda opposta, chi si presta al gioco, discettando di
pedagogia, preferendo il modello dell'autorevolezza a quello
dell'autorità, obiettando che la buona condotta si induce
propinando educazione alla legalità,condivisione di patti
formativi e lavaggi del cervello vari, rigettando la scuola antica per
una scuola più dinamica, magari modellata sull'azienda. Una
polemica di facciata, così come di facciata è la
disperazione circa le sorti di una scuola pubblica che è
già stata ampiamente svenduta e svilita con l'introduzione –
otto anni fa - della parità ed i finanziamenti alle scuole
private fortemente sostenuti dall'allora schieramento ulivista.
E' invece un dato di fatto che la reintroduzione del maestro unico
comporterà il dimezzamento dei docenti nella scuola
elementare
La "riforma Gelmini"infatti è contenuta negli art.15 e 64,
relativi alla scuola, del Decreto legislativo 112 dello scorso giugno
(quello dove ci sono anche le famigerate disposizioni di Brunetta),
approvato dalla Camera all'inizio di agosto e convertito nella legge
133, che contiene la manovra economica triennale varata dal governo: 30
miliardi di tagli alla spesa pubblica, 8 miliardi dei
quali, ben il 27% dell'intera manovra, saranno sottratti alla scuola.
I tagli dovranno essere realizzati mediante l'abbattimento del 17%
degli organici, il che significa 148.000 posti di lavoro in
meno:101.000 docenti e 47.000 tra il personale amministrativo,tecnico
ed ausiliario. La reintroduzione del maestro unico sarà solo una
delle misure da adottare entro la prossima primavera, per il
raggiungimento di questo obiettivo.
Saranno rivisti ad esempio i curricoli, per ridurre a 24 ore
settimanali l'orario di lezione nelle elementari e a 27 quello degli
altri ordini di scuola, per il superiore, l'abbattimento orario
andrà a colpire soprattutto istituti tecnici e professionali,
riducendo le ore di laboratorio e di pratica professionale. Nella
scuola elementare e media, la riduzione oraria significherà
azzeramento del tempo pieno, portando a compimento definitivo quanto la
Moratti aveva disposto e Prodi aveva mantenuto in piedi.
Ovviamente, quanto viene sottratto alla scuola pubblica sarà
compensato dalle private, le quali, oltre a beneficiare dei
finanziamenti recentemente incrementati dall'ex ministro Fioroni,
vedranno estendersi ulteriormente il loro mercato.
Inoltre, sempre per ridurre la spesa tramite il taglio dei posti di
lavoro, il decreto prevede di innalzare ulteriormente il numero degli
alunni per classe, già aumentato negli ultimi quindici anni di
circa l'8,5%.
Dunque, benché i vari ministri da anni facciano
proclami contro l'abbandono scolastico, il disagio giovanile e le
crescenti difficoltà di apprendimento, benché
sprechino parole in favore dell'integrazione dei disabili e degli
alunni stranieri, nella sostanza gli interventi di politica scolastica
sono diretti da tutt'altra parte: classi sempre più numerose, in
cui le difficoltà individuali, la marginalizzazione, la
discriminazione vengono moltiplicate; tanto poi, giusto per
dissipare risorse, come ha fatto recentemente Fioroni, si possono
attivare corsi di recupero.
Proseguendo, tra i provvedimenti finalizzati al taglio di spesa
c'è anche la progressiva scomparsa dei corsi serali, per i quali
si prefigura una trasformazione in corsi di formazione gestiti dagli
enti locali in base alle esigenze del mercato del lavoro e secondo la
modalità dell'addestramento finalizzato.
Sarà anche elevato da 500 a 600 il numero minimo di iscrizioni
che ogni scuola deve avere per conservare l'autonomia organizzativa ed
il relativo personale amministrativo; diversamente ci saranno
soppressioni o accorpamenti .
Nel più classico dei modi, inoltre, il risparmio sarà
realizzato anche tramite il blocco del turn over e quindi delle
assunzioni nei prossimi cinque anni, in barba a tutte le promesse di
stabilizzazione fatte ai precari, che rappresentano quasi il30% del
personale della scuola. A questo scopo, negli ultimi due mesi è
stata bloccata una quota di assunzioni a tempo indeterminato
già decise e sono stati sospesi i corsi di formazione per
insegnanti.
E tra gli obiettivi da realizzare, infatti questo governo, come il
precedente, prevede di arrivare all'abbandono delle graduatorie,
procedendo alle assunzioni tramite la chiamata diretta del preside.
Da segnalare anche quanto il provvedimento stabilisce circa il
reinvestimento dei tagli. Il 30% di quanto verrà risparmiato
servirà a valorizzare la professionalità e lo sviluppo di
carriera, premiando il merito. Riguardo a questo, è garantito il
plauso incondizionato dei sindacati di stato- cgil in primis- che da
tempo si danno da fare per eliminare qualsiasi egualitarismo
retributivo, entusiasti di una gerarchia salariale che alimenta la
clientela sindacale.
E' evidente la massiccia portata della manovra economica generale, in cui anche la scuola è pesantemente coinvolta.
E quanto mai goffo è il tentativo del governo di varare nel
periodo estivo quella che a tutti gli effetti è una legge
finanziaria, sperando di evitare le proteste dei lavoratori e di
depotenziarne le lotte.
Proprio l'inconsistenza dell'opposizione politica istituzionale e
l'inefficacia dei sindacati di stato, in linea, nonostante
un'alterità di facciata, con molte delle scelte governative,
lascia aperta per i lavoratori solo la strada dell'autorganizzazione e
della lotta.
Scioperi sono stati proclamati dal sindacalismo di base fin dai
primissimi giorni di ottobre; altri ne seguiranno. Ci aspetta un
autunno denso di iniziative e di mobilitazioni
Patrizia