Umanità Nova, n.29 del 21 settembre 2008, anno 88

disobbedienti, leghisti di sinistra o marxisti non di sinistra?


Pochi in Italia conoscono il poeta e romanziere tedesco Georg Weerth, in amicizia con Engels, Marx e Lassalle. Dalla sua penna nacque il Signor Preiss, protagonista degli Schizzi umoristici dalla vita dei commercianti: un personaggio senza scrupoli pronto ad adeguarsi a ogni circostanza pur di fare affari.
Oggi, sono molti i Signor Preiss che s'incontrano al mercato della politica; compresi quelli che si accreditano come oppositori del potere dominante e da questo sono riconosciuti come tali.
Il caso più clamoroso, anche se certo non l'unico, è rappresentato dall'area politica degli ex-disobbedienti, i cui più recenti contorsionismi sono già stati considerati in un articolo su Umanità Nova dello scorso 27 aprile, in cui veniva criticamente commentata un'intervista al loro eterno portavoce Luca Casarini che, con la benedizione dello sindaco-filosofo Cacciari, auspicava la nascita di "una Lega di sinistra" come alternativa allo sfacelo elettorale "della sinistra ideologica alla Bertinotti" (si veda «Il Gazzettino» del 17.04.08 ).
Auspicare l'invenzione di una "cosa di destra" orientata a sinistra sarebbe già di per se un controsenso; ma, evidentemente, per Casarini & c. nel leghismo padano o venetista c'è, aldilà delle ricorrenti accuse di razzismo, comunque qualcosa da recuperare ed imitare. Della serie: rifiuti riciclabili.
Chiunque conosce un po' le origini e la matrice culturale della Lega Nord avrebbe a riguardo molto da obiettare; ma comunque nel discorso di Casarini rimaneva implicito il suo schieramento, seppur impietoso, a fianco della sinistra parlamentare.
Cosa peraltro confermata dal fatto che, appena due anni prima, i disobbedienti (allora Senza Volto), per partecipare alle primarie del centrosinistra, avevano sottoscritto il programma dell'Unione fatto proprio dal governo Prodi.
Dal lancio dell'idea della "Lega di sinistra" sono trascorsi appena tre mesi e già scopriamo che i disobbedienti hanno di nuovo cambiato abito, con rapidità scenica petroliniana.
Su «Il Manifesto» del 10 agosto, in un articolo della fidata Orsola Casagrande, scopriamo che adesso i "centri sociali del Nordest" (definizione ripescata per non riesumare quelle ormai demodé di disobbedienti o quella sepolta di tute bianche) si dichiarano per bocca di Casarini "marxisti non di sinistra".
Chi conserva un po' di memoria ricorda che solo pochi anni fa, gli stessi soggetti entrando organicamente nel partito dei Verdi, rifiutavano con una certa supponenza di avere a che fare qualcosa non solo con il comunismo e l'anarchismo, ma neanche con l'operaismo cresciuto proprio tra Mestre e Padova, tra l'assemblea autonoma di Marghera e Radio Sherwood.
Ora, passata la moda neozapatista, recuperano la definizione di marxisti, ma rigettando il loro essere "di sinistra"; pur se non ci dicono se d'ora in poi dobbiamo collocarli a destra o al centro, forse nel tentativo di cavalcare l'antipolitica amplificata da Grillo.
Riteniamo che Marx, se fosse possibile interpellarlo in merito, ribadirebbe ancor più convintamente "Io non sono marxista"; basti dire che, dal medesimo articolo, apprendiamo che, proprio come qualsiasi altro padroncino o azienda commerciale del Nordest, pure i gli ex-disobbedienti rivendicano di aver "sempre fatto battaglia per non pagare le tasse che lo Stato impone a chiunque apra un'attività, strozzandolo".
Praticamente, un elogio della libera impresa e dell'evasione fiscale del tutto analogo a quelli che caratterizzano proprio i discorsi leghisti e liberisti; d'altra parte Spa è anche l'acronimo di Spazi Pubblici Autogestiti.
Ma quello che appare davvero inquietante è lo spettacolo offerto da tale trasformismo, davanti alla perdita di identità e prospettive di quanti si sono riconosciuti nella sinistra antagonista.
Non solo perché la guerriglia semantica diventa maschera dell'opportunismo; ma anche perché questa logica conduce ad ulteriori quanto imponderabili cortocircuiti.
Ne è riprova il fatto che di recente sul centro sociale Rivolta di Marghera si sono viste sventolare le bandiere col Leone di S.Marco, già simbolo della Serenissima Repubblica di Venezia. Gli ex-disobbedienti hanno provocatoriamente usato i vessilli rossodorati contro l'infame campagna leghista nei confronti dei "campi nomadi" e poi ci si sono affezionati. Peccato che proprio la Serenissima Repubblica di Venezia, nel 1558, emise un famigerato bando contro i Gitani che autorizzava chiunque ad ammazzarli e prometteva dieci ducati a chi ne avrebbe consegnato uno vivo alle autorità.
Ogni tanto la storia si vendica di chi se ne prende gioco.

K.A.S.

- Piccolo glossario con alcune delle definizioni utilizzate nell'ultimo decennio dalla post-autonomia veneta: Melting dei centri sociali del nordest, Autonomi padani, Indiani padani, Tribù ribelli del nordest, Tute bianche in movimento, Disobbedienti, New global, Invisibili, Senza volto, Resistenti, Pirati di global beach…




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