La saga Alitalia, piccola storia ignobile che racchiude in sé
tutto il peggio prodotto dalla peculiarità del capitalismo
italiano e tutto il peggio del futuro che ci si prospetta, volge al
termine.
Dopo una rottura molto sceneggiata Cgil-Cisl-Uil e Ugl (sindacato
importante in quella che fu terreno di caccia privilegiato del vecchio
Msi) stanno di fatto accettando tutte le condizioni riguardanti i
lavoratori di terra dell'ex compagnia di bandiera; manutentori,
impiegati e carrellisti hanno davanti a sé un futuro incerto
fatto di riduzioni salariali che arriveranno fino al 30% dello
stipendio (su stipendi che non superano le 1000-1500 euro), cassa
integrazione e mobilità per alcune migliaia, e un seguito che li
vedrà probabilmente nuovamente sul bilico del licenziamento.
Air France, infatti, uscita dalla porta a causa della campagna
elettorale italiana, è rientrata dalla finestra con un 25% di
azioni della nuova società (quella in attivo, la Cai) e ha
già preannunciato che presto si comprerà il resto e
procederà a nuovi licenziamenti.
D'altra parte tutto si può imputare ai francesi tranne di non
parlare chiaro; gli esuberi per Spinetta erano 7000 a Febbraio e 7000
rimangono. La futura Air France-Klm-Cai sa che politiche ha intenzione
di fare e non si fermerà certo davanti alle necessità di
propaganda della politica italiana.
L'incredibile vicenda è riassunta in questo ridicolo valzer dove
Air France è diventata prima la salvatrice della patria, poi
l'arpia straniera e, per chiudere la compratrice occulta della
compagnia aerea italiana. Il livello di buffonaggine dei governanti
italiani è evidente di fronte a vicende come queste.
Il precedente ministero Prodi cercò di disfarsi della patata
bollente Alitalia prima del fallimento scaricandola sull'interessato
acquirente francese; il ministero Berlusconi fa sostanzialmente la
stessa cosa ingrassando nel frattempo con un'accorta partita di giro le
principali famiglie del capitalismo italiano: Colannino, Benetton,
Ligresti, Caltagirone, Romiti.
A costoro il governo ha promesso, in cambio di un modesto investimento,
la possibilità di rivendere in blocco ad Air France
guadagnandoci e al contempo ha dato il via libera ai super investimenti
che sconvolgeranno Milano nei prossimi anni.
Come da tradizione, il pubblico serve ad ingrassare il privato e il
capitalismo italiano si conferma composto in modo quasi esclusivo da
puri parassiti abituati ad evitare ogni investimento industriale e a
saccheggiare le casse pubbliche.
Il vecchio parastato non era certo migliore, composto com'era da
terminali delle classi dominanti politiche e costruito sulla logica
dello scambio tra posti di lavoro, sostegno economico e
possibilità di carriera al di fuori delle compatibilità
economiche del sistema paese, e mantenimento del consenso necessario
alla riproduzione di tali classi unitamente alla costruzione di un
clima di pace sociale.
Le cosiddette privatizzazioni che avrebbero dovuto interrompere un tale
circolo vizioso, però, hanno prodotto un sostanziale
peggioramento delle condizioni sociali in Italia, piegando totalmente
lo strumento politico della fiscalità generale al sostegno alla
Grande Finanza e all'industria decotta proveniente dal passato ciclo di
industrializzazione e completamente incapace di muoversi nel mare della
Terza Rivoluzione Industriale. In altre parole i soldi delle tasse
della working class e del ceto medio italiano servono a sostenere le
fortune di una classe di capitalisti che hanno ripiegato sulle
avventure finanziarie essendo incapaci di muoversi su terreni
industriali innovativi. Il crollo evidente dell'Italia industriale
è figlio di questa composizione della nostra class dominante,
classe che grava come un macigno sulle spalle della working class e del
ceto medio.
L'unico ostacolo serio a questa nauseante soluzione è, fino a
questo momento la resistenza opposta dai piloti e dalle hostess al
piano Fantozzi che prevede che anche le loro retribuzioni vengano
falcidiate del 30%.
Al di la delle facili ironie su stipendi tutt'altro che bassi, è
evidente che la tattica di governo e Cai è quella di isolare
l'aristocrazia del lavoro Alitalia e giocarvi contro i lavoratori di
terra che sarebbero i più colpiti da un eventuale fallimento
della compagnia.
La tattica da sempre adottata dalla maggior parte dei sindacati di
questo settore dei lavoratori del volo facilita l'operazione
governativa , dal momento che questi hanno sempre cercato di sganciarsi
da impiegati e manutentori per rivendicare contratti separati e
trattamenti decisamente più favorevoli.
In altre parole in queste situazioni viene fuori il limite di tutte le
politiche sindacali centrate sulla difesa di un singolo settore di
lavoratori privilegiati rispetto alla massa dei loro colleghi che
svolgono mansioni inferiori.
Nonostante questa situazione, è possibile che i piloti spuntino
un trattamento migliore di quello che la Cai ha proposto loro
inizialmente; è evidente infatti che nessuna compagnia aerea
può pretendere di funzionare senza l'accordo, per lo meno
parziale, di chi deve condurre gli aerei.
Quindi, a onta delle dichiarazioni di Fantozzi, è probabile che
la trattativa si trascini ancora per qualche giorno sino a giungere a
un accordo un po' meno penalizzante per "l'aristocrazia dell'aria".
L'ultima annotazione riguarda la compagnia che dovrà assorbire
tutti i debiti e i passivi di Alitalia, permettendo così ai
"furbetti dell'aria" e in seconda battuta ad Air France di acquisire
una compagnia in attivo: è evidente che le casse della
fiscalità generale dovranno ripagare quei debiti e rassicurare i
fornitori non quietanzati.
E' altrettanto evidente che i primi a pagare per questa operazione,
passato il clamore mediatico, saranno i lavoratori posti a carico di
questa compagnia il cui fallimento è già stato
pianificato.
Vogliamo scommettere che nessuno si interesserà di loro quando verranno buttati per strada?
Giacomo Catrame