Umanità Nova, n.30 del 28 settembre 2008, anno 88

la saga Alitalia


La saga Alitalia, piccola storia ignobile che racchiude in sé tutto il peggio prodotto dalla peculiarità del capitalismo italiano e tutto il peggio del futuro che ci si prospetta, volge al termine.
Dopo una rottura molto sceneggiata Cgil-Cisl-Uil e Ugl (sindacato importante in quella che fu terreno di caccia privilegiato del vecchio Msi) stanno di fatto accettando tutte le condizioni riguardanti i lavoratori di terra dell'ex compagnia di bandiera; manutentori, impiegati e carrellisti hanno davanti a sé un futuro incerto fatto di riduzioni salariali che arriveranno fino al 30% dello stipendio (su stipendi che non superano le 1000-1500 euro), cassa integrazione e mobilità per alcune migliaia, e un seguito che li vedrà probabilmente nuovamente sul bilico del licenziamento.
 Air France, infatti, uscita dalla porta a causa della campagna elettorale italiana, è rientrata dalla finestra con un 25% di azioni della nuova società (quella in attivo, la Cai) e ha già preannunciato che presto si comprerà il resto e procederà a nuovi licenziamenti.
D'altra parte tutto si può imputare ai francesi tranne di non parlare chiaro; gli esuberi per Spinetta erano 7000 a Febbraio e 7000 rimangono. La futura Air France-Klm-Cai sa che politiche ha intenzione di fare e non si fermerà certo davanti alle necessità di propaganda della politica italiana.
L'incredibile vicenda è riassunta in questo ridicolo valzer dove Air France è diventata prima la salvatrice della patria, poi l'arpia straniera e, per chiudere la compratrice occulta della compagnia aerea italiana. Il livello di buffonaggine dei governanti italiani è evidente di fronte a vicende come queste.
Il precedente ministero Prodi cercò di disfarsi della patata bollente Alitalia prima del fallimento scaricandola sull'interessato acquirente francese; il ministero Berlusconi fa sostanzialmente la stessa cosa ingrassando nel frattempo con un'accorta partita di giro le principali famiglie del capitalismo italiano: Colannino, Benetton, Ligresti, Caltagirone, Romiti.
A costoro il governo ha promesso, in cambio di un modesto investimento, la possibilità di rivendere in blocco ad Air France guadagnandoci e al contempo ha dato il via libera ai super investimenti che sconvolgeranno Milano nei prossimi anni.
Come da tradizione, il pubblico serve ad ingrassare il privato e il capitalismo italiano si conferma composto in modo quasi esclusivo da puri parassiti abituati ad evitare ogni investimento industriale e a saccheggiare le casse pubbliche.
Il vecchio parastato non era certo migliore, composto com'era da terminali delle classi dominanti politiche e costruito sulla logica dello scambio tra posti di lavoro, sostegno economico e possibilità di carriera al di fuori delle compatibilità economiche del sistema paese, e mantenimento del consenso necessario alla riproduzione di tali classi unitamente alla costruzione di un clima di pace sociale.
Le cosiddette privatizzazioni che avrebbero dovuto interrompere un tale circolo vizioso, però, hanno prodotto un sostanziale peggioramento delle condizioni sociali in Italia, piegando totalmente lo strumento politico della fiscalità generale al sostegno alla Grande Finanza e all'industria decotta proveniente dal passato ciclo di industrializzazione e completamente incapace di muoversi nel mare della Terza Rivoluzione Industriale. In altre parole i soldi delle tasse della working class e del ceto medio italiano servono a sostenere le fortune di una classe di capitalisti che hanno ripiegato sulle avventure finanziarie essendo incapaci di muoversi su terreni industriali innovativi. Il crollo evidente dell'Italia industriale è figlio di questa composizione della nostra class dominante, classe che grava come un macigno sulle spalle della working class e del ceto medio.
L'unico ostacolo serio a questa nauseante soluzione è, fino a questo momento la resistenza opposta dai piloti e dalle hostess al piano Fantozzi che prevede che anche le loro retribuzioni vengano falcidiate del 30%.
Al di la delle facili ironie su stipendi tutt'altro che bassi, è evidente che la tattica di governo e Cai è quella di isolare l'aristocrazia del lavoro Alitalia e giocarvi contro i lavoratori di terra che sarebbero i più colpiti da un eventuale fallimento della compagnia.
La tattica da sempre adottata dalla maggior parte dei sindacati di questo settore dei lavoratori del volo facilita l'operazione governativa , dal momento che questi hanno sempre cercato di sganciarsi da impiegati e manutentori per rivendicare contratti separati e trattamenti decisamente più favorevoli.
In altre parole in queste situazioni viene fuori il limite di tutte le politiche sindacali centrate sulla difesa di un singolo settore di lavoratori privilegiati rispetto alla massa dei loro colleghi che svolgono mansioni inferiori.
Nonostante questa situazione, è possibile che i piloti spuntino un trattamento migliore di quello che la Cai ha proposto loro inizialmente; è evidente infatti che nessuna compagnia aerea può pretendere di funzionare senza l'accordo, per lo meno parziale, di chi deve condurre gli aerei.
Quindi, a onta delle dichiarazioni di Fantozzi, è probabile che la trattativa si trascini ancora per qualche giorno sino a giungere a un accordo un po' meno penalizzante per "l'aristocrazia dell'aria".
L'ultima annotazione riguarda la compagnia che dovrà assorbire tutti i debiti e i passivi di Alitalia, permettendo così ai "furbetti dell'aria" e in seconda battuta ad Air France di acquisire una compagnia in attivo: è evidente che le casse della fiscalità generale dovranno ripagare quei debiti e rassicurare i fornitori non quietanzati.
E' altrettanto evidente che i primi a pagare per questa operazione, passato il clamore mediatico, saranno i lavoratori posti a carico di questa compagnia il cui fallimento è già stato pianificato.
 Vogliamo scommettere che nessuno si interesserà di loro quando verranno buttati per strada?

Giacomo Catrame



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