Umanità Nova, n.30 del 28 settembre 2008, anno 88

per un comitato antirazzista in ogni città


Il punto di vista di Antonio D'Errico, compagno del comitato antirazzista milanese, Antonio è anche membro della FAI e fa parte della Commissione Antirazzista della Federazione Anarchica Italiana.
L'intervista è stata realizzata da Riccardo Bonelli.

 1. quali sono le finalità del comitato antirazzista di Milano?
 Il comitato ha avuto varie fasi prima di prendere le forme attuali. Nasce intorno alla fine del 2007, ma solo nel maggio di quest'anno, in occasione dell'annuncio del pacchetto sicurezza fatto dal governo Berlusconi, alcuni compagni fanno girare un appello pubblico al movimento per adeguare le forme di lotta e organizzare la resistenza a questa deriva autoritaria. La risposta è stata positiva: nasce così il comitato antirazzista attuale, composto da decine di compagni/compagne che fanno parte di quasi tutto lo schieramento politico antagonista .
L'adesione al comitato è assolutamente individuale per cui all'interno i compagni/le compagne non riportano la linea dell'organizzazione di cui fanno parte; il comitato non è la somma di vari gruppi politici,  ma di individualità che si sforzano di ragionare ed agire secondo dei chiari e precisi principi organizzativi: organizzazione orizzontale, niente delega, disconoscimento di qualsiasi forma di leaderismo.
L'attività del Comitato si svolge soprattutto nei luoghi di lavoro e nei quartieri.
Un punto caldo è la lotta contro la militarizzazione della vita sociale, che il padronato sta usando per sottomettere i proletari e costringerli ad accettare lo sfruttamento più selvaggio.
I punti di lavoro si muovono su 4 direttrici
a) Centri di identificazione e espulsione C.I.E. (ex cpt)
b) Campi rom
c) Pacchetto sicurezza e tutto ciò che ne deriva, intervento politico nei quartieri proletari
e) Intervento militante all'interno delle zone produttive del mondo del lavoro, picchetti a sostegno dell'autorganizzazione e per allargare la base di lotta. 

 2. la politica razzista del governo Berlusconi che conseguenze sta avendo tra le classi lavoratrici italiane?
 In realtà la politica razzista in Italia non parte adesso dal governo Berlusconi, ma ha radici più lontane. Era già iniziata da vari anni, portata avanti sia dai governi di centro destra, sia da quelli di centro-sinistra senza differenza. L'attuale legge sull'immigrazione (chiamata Bossi - Fini, dal nome di chi l'ha redatta) è stata varata dalla destra, ma ricalca la precedente fatta dal governo di sinistra ( la Turco - Napolitano. Oggi Napolitano è il presidente della Repubblica).
La crisi economica ha fatto il resto. Il governo attuale ha vinto le elezioni basandosi su una forte campagna mediatica sulla sicurezza. Ha dato sfogo a sentimenti razzisti : la crisi economica derivata dalle scelte del capitalismo è stata nascosta e il "nemico" cui imputare le precarie condizioni di vita è diventato l'immigrato (Rom, Rumeni, arabi.)
Questo governo, chiaramente di destra con forti componenti razziste e post fasciste, evidenzia l'elemento populista e retorico, ma le politiche di base sono le stesse dei precedenti governi di centro-sinistra.
I lavoratori nel loro complesso oggi sono "alla finestra", cioè aspettano. In una situazione di crisi è difficile riconoscere nel migrante una persona sfruttata come se stessi. E' più facile percorrere politiche rivendicazioniste di parte.

 3. come stanno reagendo gli immigrati a questo clima di intimidazione e repressione?
Non c'è oggi una sola risposta da parte degli immigrati, organizzata in modo coerente,  ma ci sono molti segnali di ribellione. Vedere gli immigrati come un blocco unico non è corretto anche perché, come tutti gli esseri umani, subiscono gli umori della vita, i ricatti che riguardano il lavoro, la famiglia, la casa e chi più ne metta.
Però dove c'è un lavoro politico avviato le cose sono diverse. Un esempio: a giugno di quest'anno, in un paese della cintura industriale di Milano, un ragazzo egiziano viene ucciso dal padrone della sua ditta perché era andato a reclamare lo stipendio del lavoro svolto.
I compagni di un sindacato di base, il comitato antirazzista e altri organizzano una manifestazione di solidarietà nel paese. Alla manifestazione hanno partecipato in modo inatteso e spontaneo, ma attivo centinaia di persone egiziane e "straniere" che hanno preso la testa del corteo, dando vita ad una manifestazione che nessuno si aspettava. Questa manifestazione ha dato il via ad un movimento antirazzista fatto di lavoratori stranieri e italiani che si sta radicalizzando sempre più. Gli egiziani hanno poi organizzato insieme alle forze politiche che avevano dato origine alla prima manifestazione, un altro appuntamento che ha richiamato migliaia di persone. Il tutto in modo assolutamente spontaneo.

 4. dopo la campagna razzista anti-rom portata avanti dal governo, a Milano c'è stata una delle poche risposte di lotta da parte dei Rom. vuoi raccontare questa esperienza?
Bisogna partire da qualche anno indietro per capire perché a Milano c'è stata la risposta del popolo Rom in modo organizzato. Alcuni anni fa moltissime famiglie Rom avevano occupato un intero caseggiato in centro di Milano, Via Adda. L'occupazione è durata qualche anno e con i compagni che hanno fatto parte di questa lotta si è sedimentato un rapporto duraturo.
Molte di quelle famiglie sono oggi in vari campi di Milano e subiscono soprusi di ogni  genere, sia dallo stato italiano con le sue polizie, le prigioni, sia dalla chiesa cattolica la quale gestisce in modo poliziesco il campo Rom più grande di Italia, il campo di Via Barzaghi.
La chiesa, tramite la Casa della Carità gestita da un prete che passa per un illuminato, applica all'interno del campo un patto chiamato Patto di legalità. La responsabilità delle azioni diventa collettiva: così se un individuo fa qualcosa contraria al patto, tutta la famiglia ne paga le conseguenze. Il campo, inoltre,  sembra un lager: container, baracche e roulotte dietro un enorme cimitero,  in mezzo al nulla.
La comunità Rom in questi anni ha continuato a organizzarsi, a partecipare anche ai vari scioperi operai. Così,  quando si è parlato di pacchetto sicurezza e di prendere le impronte ai bambini,  quando la situazione è diventata pesantissima a causa dei continui attacchi in tutta Italia ai campi Rom che venivano bruciati e distrutti,  il comitato antirazzista, insieme ai Rom del campo di via Barzaghi e insieme a tutte le forze politiche che hanno aderito, ha fatto una campagna di mobilitazione di 2 giorni che si è conclusa con una manifestazione con circa un migliaio tra italiani e "zingari" donne, bambini, uomini.
È stata un'esperienza eccitante anche perché, nonostante parte del comitato fosse composto anche da rom, non era scontato che l'iniziativa riuscisse. Alla vigilia della due giorni di manifestazioni molti hanno subito ricatti, ci sono state intimidazioni e rastrellamenti notturni dentro al campo. 

5. anche nel CPT di Milano ci sono stati segnali di rivolta. Che caratteristiche ha assunto?
 Anche qui il comitato ha avuto un compito strategico per rompere il muro del silenzio, che circonda i CPT. A fine giugno, inizio luglio ci sono state delle rivolte: nella sezione dei Trans la repressione della polizia è stata la più feroce. Si è venuti a conoscenza di quanto stava succedendo e si è riusciti, tramite alcuni contatti telefonici, a fare da cassa di risonanza a ciò che succedeva all'interno del CPT. Tramite trasmissioni radio, picchetti davanti al CPT di Via Corelli al costo di denunce, forti manifestazioni di solidarietà si è riuscito a diminuire le provocazioni poliziesche, le botte, la repressione contro le persone che sono trattenute. Anche qui, come nei campi Rom, la chiesa con la Croce Rossa ha avuto il suo ruolo fortemente repressivo, la gestione del Centro di Detenzione, infatti,  è affidato alla Croce Rossa. La pressione esterna ha fatto sì che liberasse chi aveva avuto a che fare con le proteste e aveva subìto in modo violento la repressione con percosse e insulti. Per tutto il periodo estivo c'è stato un susseguirsi di rivolte dovute alle condizioni ignobili degli "ospiti" (così vengono chiamati i reclusi).
Il comitato oltre ad attivarsi in appoggio alle lotte ha cercato anche di dare una mano mettendo a disposizione strutture legali e di solidarietà immediata.
 
Un comitato antirazzista in ogni città



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